Quel "signora, ha goduto?" quando 5 uomini stuprarono Franca Rame
Rapita, torturata e stuprata: colpita, nel suo essere donna, per punire la sua fede politica.
Rapita, torturata e stuprata: colpita, nel suo essere donna, per punire la sua fede politica.
Per una donna vittima di violenza sessuale raccontare la propria esperienza non è facile; troppi sentimenti, emozioni contrastanti, si agitano in lei, dalla vergogna di ciò che ha subito all’angoscia lacerante di rivivere, attraverso le parole e il racconto, quegli attimi terribili.
Eppure, Franca Rame ha trovato, dentro di sé e grazie al compagno di una vita, Dario Fo, la forza e il coraggio non solo per denunciare e parlare dell’orribile stupro di gruppo subito, ma persino per costruirci sopra un monologo teatrale, che ancora oggi fa venire la pelle d’oca. Forse perché, lontana nel tempo di 49 anni, la vicenda di Franca Rame somiglia in tutto e per tutto alle vicende di tante, troppe donne di oggi, perché le brutalità descritte, le sensazioni provate dalla vittima sono le stesse, identiche, ancora adesso.
Oppure perché, pur essendo passato quasi mezzo secolo di storia, di progressi e di cambiamenti socio-culturali, poco o niente è cambiato nella mentalità di quelli – che certo non possono definirsi uomini – che usano le donne per affermare una presunta superiorità sessuale, e la forza bruta per sottometterle. O che le usano, quando sono compagne di altri, come “mezzo” per colpire il “nemico”, per umiliarlo, per fargli capire che si sono permessi di toccare “qualcosa” di loro, nel pieno rispetto della più becera e odiosa concezione machista e sessista.
Ed è proprio questo che accadde a Franca Rame.
Era la sera del 9 marzo 1973 e Franca Rame, a Milano, fu rapita, caricata su un furgone, seviziata e infine stuprata da cinque uomini. Fu un vero e proprio stupro punitivo, compiuto da un gruppetto di militanti neofascisti perché era la compagna di Dario Fo, un “rosso” per eccellenza, e perché lei stessa collaborava con Soccorso Rosso nelle carceri e si era esposta in prima persona sul caso dell’anarchico Giuseppe Pinelli, morto in circostanze misteriose nel 1969. Davvero troppo da sopportare, devono aver pensato negli ambienti di estrema destra, e allora quale modo migliore per “fargliela pagare” se non trascinarla a bordo di quel furgone e violentarla a turno, dopo averle spento addosso mozziconi di sigaretta, tagliato la faccia e il corpo con le lamette, prima di lasciarla di nuovo per strada, come un cane abbandonato, semi nuda e in preda al panico e al dolore?
Incredibilmente, a quell’orrore analizzato così lucidamente due anni più tardi nel monologo Lo stupro, se ne aggiunse un altro, con la connivenza, nemmeno troppo mascherata, addirittura delle forze dell’ordine.
Per lo stupro di gruppo nei confronti di Franca Rame nessuno ricevette una condanna da parte del giudice istruttore Guido Salvini, anche se, a distanza di anni, un pentito fece i loro nomi. Evidentemente troppo tardi, dato che il reato era caduto, dopo 25 anni, ormai in prescrizione.
Ma c’è di più: nella presentazione del suo monologo Lo stupro, Franca Rame riportò alcuni estratti di un interrogatorio, nel corso di un processo per stupro. Non si sa se quanto raccontato accadde a lei in prima persona o se fosse riuscita a recuperare la testimonianza di un’altra vittima di violenza, ma quel breve estratto contiene domande, da parte dei poliziotti, del magistrato, degli avvocati, a dir poco scioccanti.
MEDICO Dica, signorina, o signora, durante l’aggressione lei ha provato solo disgusto o anche un certo piacere una inconscia soddisfazione?
POLIZIOTTO Non s’è sentita lusingata che tanti uomini, quattro mi pare, tutti insieme, la desiderassero tanto, con così dura passione?
GIUDICE È rimasta sempre passiva o ad un certo punto ha partecipato?
MEDICO Si è sentita eccitata? Coinvolta?
AVVOCATO DIFENSORE DEGLI STUPRATORI Si è sentita umida?
GIUDICE Non ha pensato che i suoi gemiti, dovuti certo alla sofferenza, potessero essere fraintesi come espressioni di godimento?
POLIZIOTTO Lei ha goduto?
MEDICO Ha raggiunto l’orgasmo?
AVVOCATO Se sì, quante volte?
(tratto da un’intervista di Oggi a Franca Rame)
Domande, allusioni, che tendono sempre a sottintendere una certa accettazione da parte della donna, una consensualità di fondo che diventa, rasentando l’assurdo, nel tono dei quesiti posti, persino partecipazione, o piacere nell’atto. Ed è aberrante.
Franca Rame portò Lo stupro a teatro nel 1975, raccontando di essersi ispirata, per il monologo, a una testimonianza letta su Quotidiano Donna, ma è impossibile non riconoscere, nel racconto lucidamente crudo e spietatamente veritiero di quei momenti terribili, l’esperienza drammatica da lei vissuta due anni prima. La cronaca degli avvenimenti, delle sensazioni provate, delle emozioni negative fu talmente forte e reale che in sala, durante il monologo, molte ragazze svennero. E, leggendone alcuni passi, non è difficile capire perché.
Sta per succedere qualche cosa, lo sento… Respiro a fondo… due, tre volte. Non, non mi snebbio… Ho solo paura…
Ora uno mi si avvicina, un altro si accuccia alla mia destra, l’altro a sinistra. Vedo il rosso delle sigarette. Stanno aspirando profondamente.
Sono vicinissimi.
Sì, sta per succedere qualche cosa… Lo sento.
Quello che mi tiene da dietro, tende tutti i muscoli… Li sento intorno al mio corpo. Non ha aumentato la stretta, ha solo teso i muscoli, come ad essere pronto a tenermi più ferma. Il primo che si era mosso, mi si mette tra le gambe… In ginocchio… Divaricandomele. È un movimento preciso, che pare concordato con quello che mi tiene da dietro, perché subito i suoi piedi si mettono sopra ai miei a bloccarmi.
Io ho su i pantaloni. Perché mi aprono le gambe con su i pantaloni? Mi sento peggio che se fossi nuda!
Da questa sensazione mi distrae un qualche cosa che subito non individuo… Un calore, prima tenue e poi più forte, fino a diventare insopportabile, sul seno sinistro.
Una punta di bruciore. Le sigarette… Sopra al golf fino ad arrivare alla pelle.
Mi scopro a pensare cosa dovrebbe fare una persona in queste condizioni. Io non riesco a fare niente, né a parlare né a piangere… Mi sento come proiettata fuori, affacciata a una finestra, costretta a guardare qualche cosa di orribile.
Con una lametta mi tagliano il golf, davanti, per il lungo… Mi tagliano anche il reggiseno… Mi tagliano anche la pelle in superficie. Nella perizia medica misureranno ventun centimetri. Quello che mi sta tra le gambe, in ginocchio, mi prende i seni a piene mani, le sento gelide sopra le bruciature…
Ora… Mi aprono la cerniera dei pantaloni e tutti si danno da fare per spogliarmi: una scarpa sola, una gamba sola.
Quello che mi tiene da dietro si sta eccitando, sento che si struscia contro la mia schiena.
Ora quello che mi sta tra le gambe mi entra dentro. Mi viene da vomitare.
Devo stare calma, calma.
‘Muoviti, puttana. Fammi godere’. Io mi concentro sulle parole delle canzoni; il cuore mi si sta spaccando, non voglio uscire dalla confusione che ho. Non voglio capire. Non capisco nessuna parola… Non conosco nessuna lingua. Altra sigaretta.
‘Muoviti puttana fammi godere’.
Sono di pietra.
E poi la parte finale, che racconta l’umiliazione delle donne che si sentono “sbagliate”, che danno agli altri il diritto di giudicarle, di farle sentire “sporche” e piene di vergogna. Tanto da spingerle a far finta di nulla, a tornare a casa fingendo che niente sia successo, per il terrore di sentirsi additate, di sentire su di sé l’imbarazzo. Come se la colpa fosse loro.
Tengo con la mano destra la giacca chiusa sui seni scoperti. È quasi scuro. Dove sono? Al parco. […] Cammino… Cammino non so per quanto tempo. Senza accorgermi, mi trovo davanti alla Questura.
Appoggiata al muro del palazzo di fronte, la sto a guardare per un bel pezzo. Penso a quello che dovrei affrontare se entrassi ora… Sento le loro domande. Vedo le loro facce… I loro mezzi sorrisi… Penso e ci ripenso… Poi mi decido…
Torno a casa…Torno a casa… Li denuncerò domani.
Fu uno stupro punitivo, lo abbiamo detto. Franca Rame venne stuprata per il suo impegno sociale e civile, in un contesto storico, come quello degli Anni di Piombo in Italia, in cui il terrorismo di estrema destra ed estrema sinistra dilagavano pericolosamente, e il suo stupro fu anche una sorta di “vendetta” dei neofascisti nei confronti di Dario Fo, suo compagno di una vita.
Sposati dal 1954, i due grandi attori rimasero insieme fino alla morte di Franca Rame, avvenuta il 31 maggio 2013, giorno in cui Dario Fo, premio Nobel per la letteratura nel 1997, la salutò con un semplice “Ciao”, confessando:
L’autrice unica è Franca e io l’ho sempre tenuto nascosto, per gelosia! Pochi lo sanno ma la gran parte degli spettacoli che trattavano di questioni prettamente femminili è stata Franca ad averli scritti, elaborati e poi li ha recitati al completo spesso anche da sola.
Proprio come quel monologo, Lo stupro, con cui Franca Rame, dimostrando molto più coraggio e determinazione di tanti “uomini”, scelse di mettersi, ancora una volta, in prima linea al fianco delle oppresse, delle donne vittime di violenza, private della propria dignità e violate nel profondo. Senza vergogna, senza nessun imbarazzo, pronta a raccontare il dolore comune di tante donne, compresa se stessa.
Giornalista, rockettara, animalista, book addicted, vivo il "qui e ora" come il Wing Chun mi insegna, scrivo da quando ho memoria, amo Barcellona e la Union Jack.
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