Kasia Smutniak: "Ho imparato a stare sola. Non vedo l'ora di diventare vecchia"
Kasia Smutniak si racconta, tra il piacere della solitudine e la curiosità per quello che la aspetterà quando diventerà una "vecchietta con lo zaino".
Kasia Smutniak si racconta, tra il piacere della solitudine e la curiosità per quello che la aspetterà quando diventerà una "vecchietta con lo zaino".
Bellissima, dotata di una naturale eleganza e di un sorriso dolce che la rendono amata, indistintamente, da uomini e donne, Kasia Smutniak è un’attrice che, pur se dotata di virtù estetiche indiscutibili, è riuscita ad affermarsi nel mondo del cinema italiano (ma non solo) soprattutto grazie a un talento cristallino, alla capacità di immedesimarsi in tanti ruoli e vite diverse, e a una passione davvero smisurata per il suo lavoro, dovuta a una curiosità verso il mondo che le appartiene sin dall’infanzia.
E dire che, con questa modella polacca partita appena adolescente dal suo paese per tentare la fortuna in giro per il mondo, la vita non è stata affatto tenera, strappandole in maniera tragica l’amore della sua vita, Pietro Taricone, conosciuto sul set di Radio West nel 2003 e padre della sua primogenita, Sophie, morto, come tutte ricorderete, in un incidente con il paracadute, attività che la coppia condivideva, nel giugno del 2010.
C’è un nuovo compagno, adesso, al fianco di Kasia, il produttore cinematografico Domenico Procacci, conosciuto nell’estate del 2011, c’è un altro figlio, Leone, nato nel 2014, ma, probabilmente, sotto tanti aspetti, c’è anche una nuova Kasia, che si unisce e si mescola irrimediabilmente a quella “vecchia”, quella che, bambina – lei dice – non voleva mai andare a dormire perché non voleva perdersi nulla di quanto le accadeva attorno. E la nuova Kasia ha una nuova consapevolezza di sé e dell’importanza che nella sua vita abbia il poter restare sola con se stessa, ogni tanto. Senza sensi di colpa, senza pensare di fare torto a qualcuno, solo per recuperare la propria dimensione, il proprio essere.
Kasia racconta in un’intervista al Corriere della Sera di essere stata una bambina irrequieta, curiosa.
Volevo fare tante cose, una vita piena di avventura. Vengo da una famiglia militare [il padre era un generale dell’aeronautica militare polacca, ndr], sono cresciuta con un senso di disciplina, di responsabilità… Non è stato semplicissimo dire ai miei genitori polacchi: vado a fare l’attrice in Italia. Fin da piccola non volevo dormire: lo trovavo tempo perso. In questo momento, pensavo quando ero a letto, sta succedendo qualcosa di cui vorrei fare parte. Questa sensazione mi perseguita ancora.
E proprio questa stessa curiosità verso il mondo, e il desiderio bruciante di imparare ogni singolo punto di vista per avere prospettive diverse su tutto, Kasia li ha riversati anche nel proprio mestiere. Abbandonata la carriera di modella che l’ha portata appena adolescente in giro per il mondo, ma che è stata solo il trampolino di lancio per farla arrivare alla sua vera passione, la recitazione, Kasia dal 1998 vive stabilmente in Italia, e nel 2000 ha esordito in Al momento giusto, di Giorgio Panariello. Tra le sue ultime fatiche lavorative, invece, il ruolo di una scafista nel corto Moby Dick, che ha vinto agli ultimi Nastri d’Argento. Un ruolo non facile, per un tema mai banale né scontato.
Era importante raccontare questa storia. Ho recitato con migranti arrivati in Italia da poco: ragazzi con storie diverse, che dovrebbero avere le stesse possibilità degli altri. Invece la fortuna di nascere da una parte del mondo piuttosto che un’altra determina tutto». Provare a raccontarlo significa toccare dei momenti di verità. Sono quelli per cui lavoro. Faccio questo mestiere perché voglio regalarmi più vite possibili: ogni film è una in più. Tutto il resto mi stanca. Spesso sul set non vedo l’ora di tornare a casa.
Già perché Kasia non ama la mondanità e non ama circondarsi di molte persone, anzi lei stessa, probabilmente esagerando, si definisce “sociopatica”.
Quando ho partorito la prima figlia e me l’hanno portata in braccio ho avuto una sensazione fortissima: ho iniziato a pensare che da quel momento la mia storia sarebbe stata in funzione della sua, era una cosa nuova per me. L’idea del “per sempre” mi spaventa, invece lì non ne scappi.
Dieci anni più tardi rispetto a Sophie, nel 2014, è nato Leone, ma nel frattempo Kasia è cambiata, e ha acquisito nuove consapevolezze, compreso il piacere della solitudine.
Ho tanti amici ma sono una sociopatica, sempre di più. Ho trovato il piacere di stare bene con me stessa, ho imparato a viaggiare da sola, a vivere delle esperienze da sola, anche da madre. Credo sia importante. Per esempio, viaggiando sola ho imparato tanto su me stessa. Se lo fai con qualcuno c’è sempre la sua opinione su quello che vivi e quindi quanto rimane davvero della tua alla fine? Ho dovuto capire come non avere sul groppone la mia vita ma farmela piacere. Ho iniziato a lavorare a 15 anni e sono andata via da casa a 18: lì ho dovuto imparare.
Nessun senso di colpa, però, neppure verso i suoi bambini.
I miei figli sono tranquilli perché per loro è sempre stato così… siamo tutti un po’ zingari, poco attaccati alle cose, ai doveri. Ogni tanto, staccarmi da tutti mi piace.
Nonostante oggi Kasia abbia ritrovato la serenità accanto a Domenico Procacci, nei suoi pensieri il compagno Pietro Taricone, cui è stata legata dal 2003 al 2010, anno della sua morte, occupa sempre un posto importantissimo nella sua mente e nel suo cuore; tanto che una delle mete preferite per i suoi viaggi solitari è il Nepal, dove, con la Pietro Taricone Onlus da lei fondata, sta pensando di ampliare la scuola già costruita, nonostante la zona sia una delle più impervie da raggiungere: ben 5 giorni di viaggio tra aerei, auto e un ultimo tratto a piedi.
Quello era un posto dove abbiamo fatto un viaggio importante, con Pietro. Eravamo rimasti per un bel po’, conosciuto persone con cui siamo rimasti in contatto. Io credo nelle cose che accadono perché devono accadere ed è successo. Sono partita con questo progetto perché avevo la grande necessità di fare qualcosa, di dare un senso… oggi non è più così e mi rendo conto di quanto fosse sbagliato, perché non basta partire con il cuore aperto e voler fare qualcosa, non basta minimamente… Però ho avuto la fortuna di ridare qualcosa di tutto quello che ho ricevuto da questo posto, un posto che può sembrare molto lontano ma che per me non lo è.
No, Kasia, non crede affatto alle coincidenze, né che la propria vita vada secondo un copione già scritto in base a ciò che gli altri si aspettano da noi.
Non credo nelle coincidenze: le cose capitano per qualche motivo. Mi sono chiesta tante volte, quando stavo là al freddo, da sola: cosa cavolo sto facendo. Ma alla fine le risposte arrivavano sempre. Cerchiamo di correggere i nostri figli spesso creando dei limiti: per me educare è far vedere loro il ventaglio di possibilità che hanno. E manca la parte spirituale, che non c’entra con la religione per me. Intendo, ad esempio, il tempo che passi con le persone, che gli dedichi davvero.
A differenza di molte sue colleghe terrorizzate all’idea del tempo che passa, Kasia non solo non ne è minimamente preoccupata, anzi non vede l’ora di diventare vecchia. Senza mai perdere la curiosità, ovviamente.
Chissà quante cose posso imparare, quante esperienze: tutto si riempirà della libertà di poterle vivere. A 20 anni devi impegnarti per il tuo futuro, a 30 arrivano le responsabilità, i figli, i mutui, ma sei ancora un bambino. Io voglio essere lontana da questo, voglio diventare una vecchietta in forma, una vecchietta con lo zaino… ne ho incontrati tanti: hanno fatto tutto e quindi possono prendersi del tempo per loro. Curiosi, coraggiosi e finalmente liberi. Ecco, voglio essere così.
Giornalista, rockettara, animalista, book addicted, vivo il "qui e ora" come il Wing Chun mi insegna, scrivo da quando ho memoria, amo Barcellona e la Union Jack.
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