Da quando hanno fondato la Bill & Melinda Gates Foundation, nel 2000, il boss di Micosoft e la moglie, ex sviluppatore di software per l’azienda e oggi, fra le altre cose, membro del consiglio d’amministrazione della Duke University e co-presidente della commissione governativa dello stato di Washington sull’educazione infantile, hanno davvero preso a cuore alcuni tra i temi sociali più importanti a livello globale: la fondazione, infatti,  con un patrimonio stimato in 45 miliardi di dollari, è molto attiva nella ricerca medica, nella lotta all’AIDS e alla malaria, nel miglioramento delle condizioni di vita nel terzo mondo e nell’educazione.

I coniugi Gates, nel corso degli anni, sono andati in giro per il mondo cercando di diffondere i loro messaggi filantropici, tanto che Bill, nel 2008,  ha lasciato le azioni di Microsoft alla moglie (eccetto i diritti principali dell’azienda che rimarranno suoi), proprio per dedicarsi a tempo pieno a questa attività.

Ma anche Melinda ha dimostrato di essere, più di una volta, una donna estremamente attenta alle problematiche dei cosiddetti paesi del Terzo Mondo, puntando l’attenzione soprattutto su un tema che le sta particolarmente a cuore: il controllo delle nascite, una questione che i grandi del mondo, dice, dovrebbero necessariamente reinserire nell’agenda globale poiché di importanza fondamentale per ristabilire un equilibrio e l’accesso ad alcuni diritti indispensabili anche alle popolazioni dei paesi che faticano di più nello sviluppo economico.

Lo ha sostenuto anche nel corso di un Ted Talks, la serie di conferenze itineranti che si svolge in giro per il mondo, avvenuta a Berlino, nel 2012.

L’assunto fondamentale da cui la signora Gates parte è uno, elementare ma estremamente importante: tutte le persone devono essere libere di decidere se vogliono avere bambini, ma soprattutto quando.

Devono poterlo decidere in Europa, come in America, così come in Africa e in alcune regioni dell’Asia, dove invece una pianificazione di questo tipo è impensabile, a causa dello scarsissimo accesso ai metodi contraccettivi.

Eppure, sostiene Melinda, la possibilità di pianificare con chiarezza la propria vita, potendo scegliere autonomamente anche quando concepire un figlio, è il primo passo per poter garantire alla propria famiglia maggiore educazione e prosperità.

Non si tratta di parlare di aborto – ha specificato Melinda nel corso della conferenza – ma solo di poter garantire a tutte le donne del mondo l’accesso ai metodi di contraccezione, numerosi, di cui disponiamo noi.

La manager snocciola alcune cifre che danno l’idea della grandissima tragedia con cui molte donne si trovano a combattere quotidianamente, una tragedia silenziosa ma dalle conseguenze spesso devastanti. Perché l’impossibilità di poter scegliere quando e se restare incinta è un grave attentato ai diritti fondamentali della persona, senza considerare, naturalmente, le implicazioni, gravissime, che l’inaccessibilità ai metodi contraccettivi potrebbero avere sullo stato di salute della popolazione, con malattie veneree e infezioni che potrebbero propagarsi velocemente (come in effetti purtroppo avviene) proprio a causa dei rapporti non protetti.

Nel mondo, dice la Gates nel discorso, circa un miliardo di persone usa dei contraccettivi, di qualunque tipo, dal preservativo alla spirale, passando per la pillola: in Germania circa il 66% della popolazione ricorre alla contraccezione, in Thailandia il 64%.

Ma prendiamo l’Uttar Pradesh, ad esempio – prosegue Melinda – uno degli stati indiani più grandi che, se fosse autonomo, sarebbe il quinto stato più grande del mondo. Lì solo il 29% della popolazione usa dei metodi contraccettivi.

Per non parlare dell’Africa, soprattutto della zona subsahariana che, insieme all’Asia meridionale, è l’area mondiale più colpita dalla carenza di contraccettivi. I dati riportati da Melinda parlano del 10% di persone che usano contraccezioni varie in Nigeria, appena del 2% del Ciad, e del 12% in Senegal, uno degli stati più grandi.

Lì le ragazze non ricorrono ai metodi contraccettivi ‘tradizionali’ – spiega Melinda – ma a delle iniezioni che ripetono quattro volte l’anno.  Solo che a volte, circa ogni 150 giorni, le scorte di iniezioni finiscono, e magari queste donne percorrono chilometri, lasciando i figli a casa, per non riuscire a trovarle.

In generale, in questi paesi il problema non è solo la scarsa disponibilità di contraccettivi, ma spesso ha natura anche culturale e sociale: le donne, infatti, nascondono ai mariti di fare ricorso alle iniezioni perché questi ultimi vogliono famiglie numerose, con molti bambini.

Il suo discorso è del 2012, ma la situazione non sembra essere cambiata molto, a distanza di sette anni: in Tanzania, ad esempio, in media ogni donna ha più di cinque figli, e la popolazione cresce stabilmente del 3% da decenni; i tanzaniani, circa 60 milioni, sono sei volte più numerosi rispetto al 1961, anno dell’indipendenza.

Allo stesso modo, in Uganda, nel 1962, anno dell’indipendenza, la popolazione era di sette milioni. Oggi sono 43 milioni. La soglia dei cento milioni sarà superata in circa trent’anni senza che nessuno ritenga questo un problema.

È nel Ghana che qualche politica di controllo delle nascite sembra essere stata attuata, con il governo che è riuscito a portare il tasso di fecondità totale a quattro figli per ogni donna. Se questo tasso continuerà a calare, si prevede che per la fine del secolo nel paese saranno “solo” 73 milioni.

22

Melinda parla di 100 mila donne ogni anno che non vorrebbero incorrere in una gravidanza, e muoiono durante il parto, e di 600 mila che, pur non volendo restare incinte, partoriscono ma vedono il proprio bambino morire poco dopo la nascita. Questo perché non viene loro data l’opportunità di poter gestire la propria vita, anche sessuale, liberamente, in parte perché in alcune aree del mondo vige ancora una sorta di visione “restrittiva” del sesso, per cui il rapporto deve essere legato esclusivamente alla riproduzione.

A questo proposito Melinda ricorda l’educazione cattolica ricevuta, afferma di essere tuttora una cattolica praticante, e sottolinea come, alla Scuola delle Orsoline frequentata durante gli anni del liceo, le suore insegnassero alle studentesse anche a porre dei dubbi agli insegnamenti ricevuti.

Io mi chiesi proprio questo – dice Melinda – il controllo delle nascite è così sbagliato? Sorge un problema legato alla morale sessuale: è vero che il rapporto deve essere finalizzato solo alla riproduzione, altrimenti si cade nella promiscuità? Per me non era così, ma io volevo studiare laurearmi… Ricordo che, quando lasciai la casa dei miei genitori, che avevano fatto tanti sacrifici per farmi avere un’istruzione, dopo la laurea, per trasferirmi dall’altra parte del paese per lavorare in Microsoft [dove è stata una delle più giovani donne dirigenti, ndr] loro mi dissero, sui gradini di casa: ‘Melinda, hai studiato tanto e ora cercherai di costruire la tua carriera. Ma se volessi sposarti e avere dei figli subito, a noi andrebbe bene lo stesso’.

Insomma, mi hanno lasciato la libertà di scegliere ciò che più mi rendesse  felice. Io volevo avere dei bambini, ma volevo averli quando fossi stata pronta. E ora, Bill e io ne abbiamo tre. Quando è nata la nostra primogenita, non eravamo certi di essere dei bravi genitori, così abbiamo aspettato prima di fare un altro figlio. Non è un caso che li abbiamo avuti tutti a distanza di tre anni l’uno dall’altro.

Ma questo, dice Melinda,  è un diritto che tutte le donne del mondo dovrebbero avere, e che vorrebbero; per questo l’agenda mondiale dovrebbe reinserire il controllo delle nascite assieme ad altri temi importanti come l’educazione accessibile per tutti, lo sviluppo economico o la debellazione delle malattie gravi. Negli ultimi dieci anni, in cui ha girato il mondo con la Fondazione, Melinda ha avuto modo di appurare che ogni donna vuole le stesse cose, per sé  e per i propri figli.

Fonte:ted.com

Quando sono stata in una baraccopoli di Nairobi, a Korogocho – che letteralmente significa ‘stare spalla a spalla’ – ho parlato con un gruppo di donne, che discutevano liberamente di tutto, di come fossero le loro vite, e anche dei metodi contraccettivi che usavano. Una di loro, Marianne, mi disse ‘Io voglio poter offrire il meglio al mio bambino, prima di averne un altro’. È stato allora che ho pensato ‘Ecco, è universale. Tutte noi vogliamo dare il meglio ai nostri figli’. Quello che non è universale è la nostra capacità di fare in modo che ciò sia possibile, dappertutto.

Non dobbiamo pensare che il desiderio di poter incanalare la propria vita verso i binari che desideriamo, realizzando i nostri progetti nelle tempistiche che vogliamo, sia una prerogativa esclusivamente “occidentale”, europea o americana. Tutte le donne del mondo vogliono avere il diritto di decidere se avere bambini, e quando, per realizzarsi, professionalmente, personalmente, e devono anche avere la possibilità di non avere figli, se  lo desiderano, non dover essere considerate donne solo in quanto “madri” o procreatrici. I desideri e le ambizioni delle donne son gli stessi in ogni parte del pianeta, e persone come Melinda Gates lotteranno affinché si tramutino in realtà, per tutte.

La discussione continua nel gruppo privato!
Seguici anche su Google News!