"Ho detto sì alle richieste dei miei figli per una settimana ed ecco cosa è successo"
A volte non si ha misura. Ci si sbilancia sui sì o sui no. Ma i bambini hanno bisogno di un certo equilibrio sulle concessioni.
A volte non si ha misura. Ci si sbilancia sui sì o sui no. Ma i bambini hanno bisogno di un certo equilibrio sulle concessioni.
Sì o no? Quante volte propendiamo per una di queste sillabe o l’altra? Nel 2008 uscì un film con Jim Carrey che si intitolava “Yes Man”. Il protagonista frequentava un corso in cui gli insegnavano che, per essere felice avrebbe dovuto dire sempre sì. Quando si hanno figli le cose cambiano non poco. I nostri sì diventano più spesso no. Non lo facciamo con cattiveria, li chiamiamo i «no che aiutano a crescere». Però si arriva a un punto che i figli credono di ricevere solo un rifiuto, e allora come si fa? È partita da questo presupposto Kate Spencer, che ha deciso di lanciarsi in un’esperimento peculiare: dire per una settimana sempre sì ai propri figli e scriverne i risultati in un articolo per Cosmopolitan.
Naturalmente ha dovuto fissare delle regole, come qualche no per richieste reiterate che possano evitare di uscire ogni sera a cena o lasciar guardare la tv per otto ore al giorno. Naturalmente anche i viaggi a Disneyland e simili sono esclusi, come le richieste di denaro oltre i 20 dollari una tantum e oltre i 50 complessivi per tutta la settimana. Ovviamente, durante l’esperimento nessuno avrebbe fatto del male a se stesso o ad altre persone.
Vi vogliamo raccontare come è andata la settimana di Kate senza no.
All’inizio Kate si è stupita di fronte alla sua difficoltà a dire di sì e anzi dire di no automaticamente a delle richieste semplici dei suoi bimbi, come prendere il gelato con gli amichetti oppure dare dell’acqua a un cagnolino in difficoltà o ancora mangiare una caramella. Ha dovuto sforzarsi in principio per uscire da certi automatismi, rimanendo soddisfatta per come le giornate tendevano ad evolversi. Kate si è un po’ stupita di come i suoi figli non pretendessero chissà che. Si è un po’ infastidita alla richiesta di andare in spiaggia, perché era un pieno ciclo mestruale, ma alla fine, come da accordi, li ha pienamente accontentati. Per i no automatici, poi tramutatisi in sì, Kate si è sentita una persona orribile. Anche perché ha capito cosa vogliono i suoi bambini: attenzioni, coccole, giochi e un po’ di televisione. Forse non tutti i bimbi avrebbero reagito a modo come i figli dell’articolista, però l’esperimento è andato a buon fine.
Ecco cos’ha imparato Kate in base al suo esperimento:
Mi sono preoccupata – ha scritto Kate – che alla fine dell’esperimento avrei confuso i miei figli tornando a dire loro solo di no. […] Sono tornata alla quotidianità dicendo di sì più volte. Nei giorni che sono seguiti alla fine del mio esperimento, ho notato che dicevo di sì a molte più cose. […] Mai, durante la settimana del sì, i miei ragazzi mi hanno chiesto cose stravaganti o assurde. […] Dire di sì li autorizza a crescere da soli, mi aiuta a riposarmi e rilassarmi dalle cose da mamma e offre nuove possibilità per relazionarsi, giocare e legarsi alle persone. Certo è il nostro lavoro di genitori definire dei confini, dire no e fare il poliziotto cattivo. Ma dire di sì ai miei ragazzi e sperimentare la loro esuberanza che ne scaturiva mi ha fatto sentire davvero bene.
Perché è così che funziona. L’ideale è trovare il giusto equilibrio. Non ci vogliono troppi no, né troppi sì. Permettere tutto significa viziare i bimbi, impedirgli di sviluppare il senso del limite. Non permettere nulla impedisce ai figli di comprendere che le piccole gioie della vita sono qualcosa che ognuno di noi dovrebbe concedersi quotidianamente. Il mestiere di genitori non è mai facile. Come ha fatto Kate, bisogna provare, sperimentare. In un’espressione: mettersi in discussione di tanto in tanto. I bimbi non arrivano con il libretto d’istruzione, sta a noi gettare le basi per farli diventare ottimi adulti domani.
Vorrei vivere in un incubo di David Lynch. #betweentwoworlds
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