È una storia che affascina e ha dell’incredibile quella dell’incontro fra Rosina Spinosa, anziana donna abruzzese, e Len Harley, ex soldato inglese nel lontano 1943. Una vicenda toccante e a tratti malinconica che trova le sue radici in un mondo devastato dalla guerra e dalla crudeltà umana, più precisamente nella Seconda Guerra Mondiale. È  successo a Sulmona, una cittadina in provincia dell’Aquila (in Abruzzo), famosa per aver combattuto attivamente per la liberazione dell’Italia dalle truppe naziste capitanate da Adolf Hitler. Una città simbolo di libertà e della Resistenza Italiana, che ha lottato fianco a fianco, senza timore, alla guerriglia partigiana, guadagnando nel 13 febbraio 1990 la Medaglia d’Argento al Valor Militare per i dolorosi sacrifici della sua popolazione. Un titolo ingente che riporta a galla le tristi storie correlate a una cittadina dilaniata dalla guerra durante il 1943, ma pronta a ribellarsi: secondo le dichiarazioni del Ministero della Difesa, sono stati migliaia i prigionieri tratti in salvo dalla dominazione nazista. Ed è proprio uno di questi prigionieri il protagonista della storia raccontata dal Times di Londra e dalla Repubblica.

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Lui, Len Harley (residente a Billericay, nell’Essex), aveva incontrato Rosina Spinosa proprio a Sulmona, nel settembre del 1943, e nel 2017, 74 anni più tardi, sono finalmente riusciti a ricongiungersi attraverso Skype. Rosina Spinosa, ora quasi 95enne, al tempo della Seconda Guerra Mondiale aveva solo 21 anni, due figli piccoli sulle spalle e un marito lontano da casa per colpa della guerra.

Non l’abbiamo fatto soltanto noi, tanta gente del paese ha aiutato quei poveretti. C’era appena stato l’armistizio e dal campo erano scappati in molti verso le montagne.

Ha raccontato Rosina Spinosa, facendosi aiutare dalla figlia Vanda, alla Repubblicariportando alla mente quei ricordi passati mai dimenticati. La donna, insieme alla famiglia, aveva infatti aiutato Len Harley, all’epoca soldato in guerra, a rifugiarsi dai nazisti insieme a oltre sei militari.

Mio padre e mio zio ne accolsero almeno sette. Purtroppo i tedeschi arrivarono alla casa sul monte dove li tenevamo nascosti, quattro cercarono di scappare e li presero subito. Len e un altro, invece, riuscimmo a farli salire in soffitta e poi spostammo un armadio davanti alla porta perché non si vedesse il nascondiglio. Quando i tedeschi arrivarono nella camera mi trovarono a letto con i bambini. Ci scaraventarono per terra, tremavo come una foglia, ma non li trovarono.

Ha continuato la donna, parlando di quel salvataggio estremo. C’era paura, terrore di essere scoperti e giustiziati ma mai voglia di abbandonare quei soldati a loro stessi.

Abbiamo continuato a nasconderli, ma non nella casa in cui vivevamo, era vicino a dove tenevamo le bestie. Però era pericoloso lo stesso portargli da mangiare, facevamo a turno, ma mi ero accorta che Len era più contento quando ci andavo io. Ci sorridevamo soltanto, ero bella, proprio come adesso. Solo che lui pensava fossi molto più grande, che avessi 30 anni. Anche per questo adesso aveva quasi perso la speranza di trovarmi.

Un dolce ricordo che riporta alla mente le memorie legate a quei primi incontri e al modo in cui i due cercavano di comunicare. Dopo la guerra, però, ogni contatto si è perso: Rosina nel 1959 si trasferì in Pennsylvania con la famiglia e lì, parlò sempre alle figlie di quel dolce soldato inglese tratto in salvo dalla crudeltà dei nazisti.

La guerra è brutta, abbiamo sofferto tanto, ci avevano bombardato la casa, non bisogna dimenticarsi quel che è successo.

Ha spiegato a La Repubblica. E Len Harley, dal suo canto, non ha mai smesso di cercare la sua salvatrice.

Nel 2009 è venuto qui a Sulmona, ma mi ha cercata sulla montagna, dove li nascondevamo. Eravamo tornati dagli Stati Uniti nel ’95, la gente si era dimenticata di noi e non gli sapeva dare indicazioni. Aveva quasi perso le speranze, poi una tv inglese lo ha contattato per raccontare le storie dei soldati inglesi scappati dall’Italia e lui ha subito detto di me. Le responsabili del programma sono venute qui e sono state fortunate, perché hanno incontrato per caso un mio nipote che fa la guardia forestale.

Ed è così che si sono messi finalmente in contatto, dopo più di 70 anni, grazie a Skype. Un software di messaggistica istantanea utile e che Rosina, ha ammesso al giornale, è solita usare per mettersi in contatto anche con le nipoti in America. Dopo tutti questi anni, la voglia di Len e Rosina di rincontrarsi anche dal vivo non è mai passata:

Ho pensato che vorrei vederlo di persona. Len ha continuato a ringraziarmi anche adesso, a ripetere che avevo rischiato la vita per lui. Ci siamo dati appuntamento per i prossimi giorni, questa volta ci chiameremo con Facetime, in attesa di vederci di persona.

Un incontro che, siamo sicure, sarà nuovamente unico e che riporterà a galla numerosi altri ricordi. Perché, come detto da Rosina Spinosa, la guerra è dolorosa, dilania e uccide vite senza alcuna pietà, ma non bisogna mai dimenticarla.

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