5 cose che non sai, e dovresti sapere, su La Casa di Carta
La Casa di Carta sarà rinnovata per una terza stagione, ma intanto scopriamo la serie a partire dalle sue curiosità.
La Casa di Carta sarà rinnovata per una terza stagione, ma intanto scopriamo la serie a partire dalle sue curiosità.
Ne parlano tutti in questi giorni: La Casa di Carta ha fatto appassionare molti. Parliamo della serie Netflix spagnola, concepita per essere autoconclusiva in due parti, ma che è stata appena rinnovata per una terza stagione, che come conferma Deadline andrà in onda nel 2019. Ovviamente è molto difficile capire o sapere al momento dove andrà a parare la sceneggiatura. Non si conoscono le ragioni di questo successo planetario: la serie è di buona qualità e ben fatta, ma si tratta di una semplice variazione sul tema del money heist, cioè delle opere fictional che raccontano la storia di una rapina. E in effetti La Casa di Carta è abbastanza derivativa, seppur interessante, soprattutto nello sviluppo dei personaggi, nell’iter in cui lo spettatore scopre delle cose di loro.
L’idea alla base della serie è molto semplice: un gruppo di persone organizza una rapina alla Zecca di Stato spagnola. Ma i ladri non vogliono rubare soldi già esistenti, ma produrne e rubarne di nuovi, con numeri che non sono segnati. I prodromi sono comuni, perché nei personaggi tutti, non solo nei rapinatori, ci sono tutte le idiosincrasie quotidiane più comuni come la frustrazione della propria povertà, il rapporto con il sesso e soprattutto la speranza unita alla disperazione. I rapinatori sono guidati da un’etica molto particolare: nessuno, né la polizia né le persone che vengono sequestrate per produrre il denaro da rubare e come salvacondotto, dovranno morire. E soprattutto non stanno derubando davvero nessuno, perché quei soldi non appartengono di fatto ancora a nessuno, neppure allo Stato.
La banda di ladri è composta da un capo, il Professore, la mente (o quasi) dietro al piano. Ha reclutato una serie di criminali comuni, tra cui Silene Oliveira detta Tokyo, poco prima di cadere in un’imboscata della polizia, e voce narrante della serie. Tokyo è narratrice onnisciente, questo significa che racconta la storia già sapendo ciò che lo spettatore non sa e cioè come andrà a finire. I rapinatori hanno tutti degli pseudonimi con nomi di grandi città, perché se uno di loro dovesse essere catturato non riuscirebbe a fare la spia sugli altri neppure volendo e questo li mette al sicuro anche da eventuali infiltrazioni. Naturalmente, nella storia finiscono una serie di dinamiche tra i ladri (tra i quali ci sono anche legami di sangue o amicizie pregresse), ma anche con la polizia e gli ostaggi.
L’ideatore della serie è Alex Pina, mentre nel cast ci sono Úrsula Corberó (Tokyo), Itziar Ituño (la poliziotta Raquel che conduce le indagini), Álvaro Morte (il Professore), Paco Tous (Mosca), Pedro Alonso (Berino), Alba Flores (Nairobi), Miguel Herrán (Rio), Jaime Lorente (Denver), Esther Acebo (Monica, una degli ostaggi), Enrique Arce (Arturo, uno degli ostaggi, il direttore della Zecca), María Pedraza (Alison, una studentessa britannica ostaggio, imparentata con la Regina), Darko Peric (Helsinki), Kiti Mánver (la madre di Raquel). Tra gli attori più noti ci sono Morte, che è stato nel cast de Il Segreto e Mánver che nel capolavoro di Pedro Almodovar Donne sull’orlo di una crisi di nervi è l’avvocata che viene schiaffeggiata in una scena da Carmen Maura.
Il titolo originale è La Casa de Papel. Papel, la carta, si riferisce sia al fatto che la Zecca di Stato sia fisicamente il luogo dove vengono prodotti i soldi – che sono appunto di carta – sia al fatto che i rapinatori, nella prima puntata, scoprono il loro bersaglio. Il Professore scopre infatti un modellino della Zecca in scala e il modellino è fatto proprio di carta.
Il modellino è centrale nella sigla: viene mostrato con un’animazione che ricorda vagamente la costruzione dell’universo fantastico della sigla di Game of Thrones. In alcuni punti scorrono le foto segnaletiche dei rapinatori, cui sono stati censurati parzialmente i volti. La canzone è agrodolce e nostalgica, si tratta di My Life Is Going On di Cecilia Krull, che racconta di una coppia in via di separazione. È lei che dice basta, in favore di una crescita personale.
Quando diciamo che La Casa di Carta è derivativa, è perché in essa si trovano vari echi o citazioni da film più o meno conosciuti. L’ideatore della serie Alex Pina ha affermato in più occasioni che i suoi modelli siano stati Quentin Tarantino e Breaking Bad (anche lì c’era un professore molto, molto particolare). Da Tarantino ha preso l’idea degli pseudonimi che c’è in Le Iene, ma si notano affinità con dettagli e trama da film come Inside Man, I soliti sospetti, Point Break. Le simmetrie e i movimenti di steady cam sono molto classici: evidentemente i registi coinvolti sono degli appassionati del cinema di Stanley Kubrick.
Nella serie c’è pochissima musica. C’è però una canzone che ha a che vedere con la trama, ed è una canzone che noi italiani conosciamo molto bene. Si tratta di Bella Ciao, canzone simbolo della Resistenza e della lotta al nazifascismo. Questo perché tutta la vita del Professore si basa su una sola grande idea: la resistenza appunto. È quella cui dovranno fare appello i rapinatori – per produrre denaro ci vuole tempo e dovranno anche affrontare dei contrattempi – ma in un certo senso anche il pubblico, che dovrà guardare puntata dopo puntata le vicissitudini di questi antieroi dei quali si è perdutamente innamorato.
Come accade per qualunque fenomeno pop, i costumi della serie diventano dei must in particolari occasioni. E infatti le maschere di Salvador Dalì usate dai rapinatori sono state tra le novità dell’ultimo Halloween. Per chi guarda la serie sono un simbolo molto potente, ma per tutti gli altri possono risultare davvero inquietanti.
Vorrei vivere in un incubo di David Lynch. #betweentwoworlds
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