“Dato che ero una donna, non potevo servire il mio paese da soldato”: così Marthe Cnockaert spiegò la scelta di diventare infermiera e spia durante la Prima Guerra Mondiale. Nella sua autobiografia, intitolata I was a spy, raccontò dei suoi giorni passati in un ospedale militare. Si occupava dei soldati tedeschi feriti, mentre allo stesso tempo agiva segretamente come spia per la Gran Bretagna. Di origine belga, dal 1915 al 1917 sfruttò infatti la sua posizione privilegiata per osservare i soldati imperiali e guadagnarsi la loro fiducia.

Come raccontato dal New York Times, Marthe Mathilde Cnockaert nacque il 28 ottobre 1892 a Westrozebeke, in Belgio, da una coppia di contadini. Dopo l’invasione tedesca del 1914, fu costretta a interrompere gli studi di medicina presso l’università di Ghent e iniziò a lavorare nell’ospedale della sua città, occupandosi dei soldati feriti. All’inizio del 1915, dopo il trasferimento della sua famiglia nelle Fiandre, a Roeselare, venne impiegata come infermiera nell’ospedale militare tedesco. Fu proprio in quel momento che sentì la “chiamata”.

Secondo quanto da lei raccontato nelle sue memorie, a reclutarla fu un’amica di famiglia identificata come Lucelle. In realtà, lo storico locale Gilbert Coghe ha scoperto che si trattava di un nome in codice per la zia, Maria Deroo, che stava già lavorando per l’intelligence britannica. Senza esitazione, Marthe Cnockaert acconsentì a diventare un’informatrice segreta. Desiderava “sconfiggere l’orribile macchina bellica che tentava di schiacciare la nostra amata terra”. Il suo nome in codice? Laura.

Non era felice di essere una spia, anzi, spesso provava orrore per il suo compito. Durante una missione dovette persino fare la svenevole con un funzionario della stazione, pur di riuscire a scoprire quando sarebbero arrivate le munizioni tedesche destinate al fronte. Non appena raggiunto il suo scopo, comunicò le informazioni in suo possesso ai britannici, che fecero subito distruggere la stazione tramite un attacco aereo. Quando seppe di aver messo a rischio la vita del funzionario, Marthe provò un moto di orrore per se stessa, ma ciò non bastò a fermarla.

I tedeschi arrivarono a lei grazie a un orologio da polso con le sue iniziali, dimenticato proprio nel luogo in cui aveva fatto esplodere un deposito di munizioni tedesche. Le tesero una trappola, mettendo un articolo sul giornale per comunicare il ritrovamento dell’oggetto da parte di un privato. Lei ci cascò e venne arrestata con l’accusa di spionaggio. La pena per un simile reato sarebbe dovuta essere l’esecuzione, ma Marthe Cnockaert venne solo imprigionata. A salvarla fu il lavoro svolto come infermiera, che l’aveva portata a ricevere la Croce di Ferro, una decorazione destinata dall’esercito tedesco a chi si fosse distinto in guerra.

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Dopo il conflitto, finalmente libera, sposò l’ufficiale britannico John McKenna e insieme a lui si trasferì in Inghilterra. Gli storici pensano sia stato proprio il marito a scrivere la sua autobiografia, che uscì nel 1932 con una prefazione di Winston Churchill e vendette subito 200.000 copie, ottenendo critiche positive. Qualcuno la paragonò a Giovanna d’Arco, mentre per altri si trattava di un’opera di pura finzione. Lo stesso Churchill, commentò così le vicende narrate nel libro:

Non posso, ovviamente, garantire per l’accuratezza di ogni fatto descritto, ma la descrizione principale della sua vita, degli intrighi e delle sue avventure sono senza ombra di dubbio autentiche.

La verità starebbe nel mezzo, secondo lo storico Gilbert Coghe. Alcuni racconti sarebbero stati effettivamente romanzati e integrati con l’esperienza della zia, la donna che l’aveva convinta a esporsi personalmente per il bene del suo paese. Marthe Cnockaer, diventata ufficialmente Martha McKenna, scrisse poi numerosi altri libri, tutti orientati sullo spionaggio.

Lei e il marito tornarono in Belgio, a Westrozebeke, nel 1947. Quando lui la lasciò per un’altra donna, all’inizio degli Anni Cinquanta, i romanzi smisero di essere pubblicati. Marthe si ritirò a vita privata e solitaria fino alla sua morte, nel 1966. Il Belgio l’ha celebrata solo di recente, nel 2016, in occasione della prima pubblicazione in olandese della sua autobiografia.

 

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