Sheryl WuDunn: la metà del cielo e la più grande ingiustizia del nostro secolo
Nel mondo, le donne contano poco. Ma ogni società si può salvare se investe nella loro istruzione, parola di Sheryl WuDunn.
Nel mondo, le donne contano poco. Ma ogni società si può salvare se investe nella loro istruzione, parola di Sheryl WuDunn.
Investire sulle donne? Non si può fare, si deve fare. È il succo di quello che racconta Sheryl WuDunn nel suo libro La metà del cielo e la più grande ingiustizia del nostro secolo e in un interessantissimo intervento al Ted. Interessantissimo perché ci riporta delle storie di alcune donne che ci potrebbero apparire straordinarie, ma che invece hanno semplicemente avuto una possibilità, che noi, al posto loro, nelle nostre nazioni ricche e floride, potremmo dare per scontata.
La sfida morale centrale di questo secolo – dice Sheryl WuDunn – è l’uguaglianza di genere. Nel XIX secolo è stata la schiavitù, nel XX secolo è stato il totalitarismo. La causa dei nostri tempi è la brutalità che così tante persone affrontano in tutto il mondo a causa del loro genere.
L’autrice del volume stima che gli uomini siano la maggioranza sul pianeta e che manchino tra i 60 a i 100 milioni di donne. Una parte di esse sono discriminate a morte – scompaiono più donne per questo di quanti uomini siano morti nei campi di battaglia – per non parlare delle bambine che vengono abortite prima ancora di nascere. Tra le priorità della lotta c’è quella al traffico sessuale – tenendo conto che all’apice del traffico di schiavi nel 1780, una persona valeva 40mila dollari (espresso nella valuta corrente) contro le poche centinaia di oggi – ma anche quella alla mortalità materna – le statistiche parlano di 1 donna su 7 che in Niger muore di parto, mentre nel mondo ogni minuto e mezzo una donna perisce per questa ragione.
Uno dei modi migliori per combattere la povertà e il terrorismo – continua Sheryl WuDunn – è istruire le ragazze e incorporarle nella forza lavoro formale. […] le donne sono parte della soluzione, non del problema.
I gap ci sono e sono evidenti. L’autrice ha mostrato lo scatto di una ragazza con visibili problemi di nutrizione in un centro specializzato in Etiopia: lei sta male, mentre i suoi fratelli maschi stanno benissimo. Per capire lo scarto, in India, nel primo anno di vita maschi e femmine sopravvivono allo stesso modo perché si nutrono al seno, mentre tra 1 e 5 anni le bimbe muoiono con un tasso di mortalità più alto del 50%. Quelle che seguono sono invece le storie di resistenza femminile che l’autrice ha narrato al Ted.
Dai Manju viveva sulle montagne di Dabian, nella provincia di Hubei, nella Cina centrale, in una capanna senza elettricità, senza acqua corrente, senza orologi, senza una bicicletta e con un enorme maiale. Con lei i genitori, i due fratelli e la prozia. Benché fosse la prima della classe, fu ritirata da scuola alle elementari perché i genitori non avevano i soldi per la retta, che ammontava a 13 dollari. Quando la ragazza ebbe 12 anni, ne parlò in un articolo il New York Times e iniziarono ad arrivare delle donazioni, tra cui un bonifico di 10mila dollari. Con essi, il preside della scuola fece studiare non solo Dai Manju, ma anche tutti gli altri studenti. La ragazza divenne una donna, finendo le scuole elementari, le medie, il liceo e poi una scuola di specializzazione in ragioneria. Trovò lavoro nella provincia di Guangdong, per sé e per i suoi amici. Mandò dei soldi a casa.
È raro ricevere un investimento esogeno nell’istruzione femminile – chiosa ancora Sheryl WuDunn – […] Dai Manju è riuscita a uscire da un circolo vizioso per entrare in un circolo virtuoso. Non ha cambiato solo la sua dinamica, ha cambiato la sua casa, la sua famiglia, il suo villaggio.
Mahabuba vive in Etiopia. Quando aveva 13 anni, i genitori le combinarono un matrimonio e lei rimase subito incinta. Corse nella foresta per partorire, ma ci furono delle complicazioni e il neonato morì, mentre lei fu costretta a vivere con una fistola che le causa incontinenza. Per questa ragione, la gente del villaggio credeva fosse maledetta e la confinò in una capanna senza porte affinché le iene la attaccassero nella notte. Ma la donna si difese con un bastone e, nonostante il dolore, si trascinò per 30 miglia alla capanna di un missionario straniero in un altro villaggio. Lui la portò in un ospedale ad Addis Abeba, dove fu operata con un intervento del costo di 350 dollari. I medici si accorsero quanto fosse intelligente: la aiutano a studiare e oggi è un’infermiera.
Saima vive in un piccolo villaggio a Lahore in Pakistan. Veniva picchiata dal marito, disoccupato e giocatore d’azzardo, che sfogava così le sue frustrazioni. Dopo la nascita della seconda figlia, la suocera suggerì al figlio di sposare un’altra donna affinché potesse avere un maschio. Fu allora che un gruppo di microcredito fece un prestito di 65 dollari a Saima: lei iniziò un’attività di ricamo, che pian piano si ingrandì, permettendole di assumere 30 lavoranti e perfino il marito per i trasporti e la distribuzione dei prodotti. Oggi ha avuto una terza figlia e tutte e tre stanno studiando.
Beatrice Biira viveva in Uganda ma non è mai andata a scuola. Quando aveva 9 anni, la Niantic Community Church Group in Connecticut fece una donazione a un’organizzazione all’Arkansas Heifer International, che mandò due capre in Africa, una delle quali finì ai genitori di Beatrice. Quella capra ebbe due gemelli, che iniziarono a produrre latte, che la famiglia di Beatrice commerciò, guadagnando. Così la loro figlia potè andare a scuola, finire le elementari, le medie, il liceo ed essere la prima persona del suo villaggio ad andare negli Stati Uniti con una borsa di studio. Tre anni fa si è laureata al Connecticut College.
Vorrei vivere in un incubo di David Lynch. #betweentwoworlds
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