"Cara Vorwerk, anche i maschi passano l'aspirapolvere"

Le femmine passano l'aspirapolvere, e i maschi? Ecco l'ennesima pubblicità che porta avanti stereotipi banali ma quantomai attuali. Solo che stavolta si parla di giocattoli per bambini. E Lorella Zanardo, che noi abbiamo incontrato, porta avanti la sua "protesta civile" via Web, come ci ha spiegato.

Il nocciolo della questione è sempre quello: si fa presto a parlare di parità di genere, di lotta al sessismo e alle discriminazioni, e poi gli stessi stereotipi triti continuano a passare indisturbati, e a essere propinati soprattutto alle giovani generazioni.

Quasi che i classici “puntini sulle i” dovessero essere messi sin da subito, che fin da piccoli gli adulti del domani debbano essere indottrinati sull’assunto dogmatico che “certe cose” si addicono alle donne, altre agli uomini.

Lo abbiamo visto, praticamente da sempre, senza soluzione di continuità, con i vestiti, persino con la letteratura, e naturalmente con i giocattoli.

Quante di noi possono ricordare a memoria di essere cresciute sognando le piste delle automobili, i trenini e le costruzioni, e si sono invece sentite rispondere “Guarda invece che bella quella cucinetta!”? Come se i gusti soggettivi di un bambino che, ricordiamocelo, ogni tanto, non è un automa cresciuto a immagine, somiglianza e volontà dai genitori, ma una persona, debbano necessariamente rispondere solo agli standard prefissati da società e cultura, mentre se escono dai binari possono quasi “intimorire” o lasciar presagire chissà quali conseguenze per il suo sereno futuro sviluppo.

Così, proprio per questi motivi, ci ha incuriositi il post di Lorella Zanardo, che sulla sua pagina Facebook, Il Corpo delle donne, ha provocatoriamente indirizzato un messaggio a Vorwerk, la ditta che produce il famoso Folletto, per intenderci, per “protestare” contro l’immagine della pubblicità, che vede una bambina impegnata a passare l’aspirapolvere, come una provetta massaia.

Ho sempre apprezzato i vostri aspirapolvere, comodi ed efficaci – scrive Lorella – Ho insegnato a mia figlia ad usarli, per aiutare in casa, proprio come fa la bimba sulla confezione del vostro aspirapolvere giocattolo.
Ho insegnato anche a mio figlio ad usarli, e lui ha imparato velocemente.
Come mai non vedo anche l’immagine di un bambino sulla confezione?

Già, il quesito, per quanto provocatorio, corrisponde però al vero; perché in questo genere di spot trovare un bambino che giochi con degli elettrodomestici in miniatura – o una bimba che, ad esempio, faccia sfrecciare le macchinine sulle piste – è raro. Praticamente impossibile.

E la cosa non può certo passare inosservata a una come Lorella, che del superamento del sessismo e degli stereotipi sessuali ha fatto una vera e propria missione.

Autrice, nel 2009, del documentario Il Corpo delle donne,  incentrato sulla critica allo sfruttamento delle immagini delle donne a fini commerciali, ideologici e politici, Lorella, che lavora moltissimo nelle scuole proprio per aiutare giovani generazioni di bambini e adolescenti a crescere consapevoli dell’importanza di abbattere le barriere culturali e sociali sulle differenze di genere, ha pubblicato anche il libro che porta lo stesso titolo del suo documentario, Il corpo delle donne appunto, e Senza chiedere il permesso, entrambi editi da Feltrinelli.

Dopo aver letto il suo post, l’abbiamo voluta incontrare, per addentrarci di più nelle ragioni di una lotta che, con civiltà e senza toni esasperati, cerca di rivendicare un ruolo diverso per le altre donne.

Partiamo proprio dalla pubblicità della Folletto, l’emblema che testimonia inequivocabilmente quanto sia ancora lunga la strada che porta alla vera parità di genere, soprattutto quella percepita. Non c’è cattiveria negli intenti della Vorwerk né in quelli delle altre aziende che peccano di “modelli stereotipati”, ma il messaggio che passa è deleterio per chi cerca di cambiarle, le cose.

Anche se, ci sottolinea subito Lorella, quello del sessismo più o meno implicito degli spot sembra essere un problema “tutto italiano”.

Sono andata a vedere altre pubblicità della Folletto – ci dice – ci sono anche i maschi, ma l’Italia, si sa, è un paese maschilista, lo vediamo da quello che passano i media, si ha l’idea che ‘quella roba lì piaccia’. Tutte le classifiche che misurano il tasso di maschilismo, del resto, dicono che siamo messi male. Il fatto è che la pubblicità nasce non per educare, ma per vendere.

Lorella, però, ha una proposta da fare:

Suggerisco alle aziende di farsi portatrici di nuove culture, ultimamente ne abbiamo viste tante che stanno almeno provando a cambiare le cose. Io ho due figli e tutti e due fanno tutto, il maschio a volte ci prova, mi dice ‘non tutti i miei amici lo fanno’, ma io dico chi se ne frega. Anche questa è una cosa tipica italiana, io ho vissuto molti anni all’estero, in Norvegia nessun ragazzo si sognerebbe di rispondere così, perché questa è la norma. All’estero nessuno si oppone. La pubblicità potrebbe fare molto,  potrebbe aiutarci, non c’è da incazzarsi o boicottare.

La strada per raggiungere l’obiettivo, per la Zanardo, passa da tutt’altro tipo di manifestazione.

Se noi clienti facciamo sapere che non va bene, loro potrebbero ascoltarci, ma è troppo importante iniziare a fare quella che si chiama cittadinanza attiva. Abbiamo gli smartphone, Internet, sono tutti strumenti potentissimi che noi dobbiamo imparare a usare bene. Facendoci sentire, scrivendo se qualcosa non ci piace, se lo vogliamo cambiare.

Del resto, questa è la stessa cosa che Lorella proponeva già ai tempi del suo documentario, in cui lamentava la mercificazione televisiva e mediatica del corpo femminile. “Intesa non come un atto di finto bigottismo – ci tiene a sottolineare – non è presentarsi in shorts o con un top scollato il problema, quella è libertà. Si cade nella mercificazione se è la telecamera a indugiare consapevolmente, in maniera quasi voyeuristica, sul particolare: sulla coscia, sul seno. Lì si dà l’idea che la donna sia solo quello, che non abbia contenuti da esprimere. Non si presta attenzione al suo messaggio, ma solo al suo corpo”.

E il punto da cui partire per costruire una nuova consapevolezza, e per gettare le basi di questa cittadinanza attiva, sono proprio le scuole.

Noi facciamo un lavoro nelle scuole, Nuovi occhi per i media, un progetto per la media-educazione, che è materia obbligatoria in tutti i paesi, ma non nel nostro. I social o i nuovi media hanno affiancato la tv, che comunque rimane vista dal 92% delle persone e arriva come mezzo potente soprattutto per bambini e bambine. Quello che arriva da tutti i media è fondamentale, perché crescendo si interagisce con quelli che vengono definiti i tre agenti di socializzazione, famiglia, scuola, e appunto media. Va da sé che imparare a utilizzare con consapevolezza e cognizione di causa è indispensabile.

La blogger Sofia Biscardi  una volta ha detto ‘Quando avevo 2 o 3 anni mi hanno insegnato ad allacciarmi le scarpe, ma non a usare Internet con consapevolezza’.

Proprio la Rete, invece, potrebbe diventare il luogo in cui manifestare il proprio dissenso verso i cliché culturali che investono il ruolo di uomini e donne. Con lettere di proteste da indirizzare alle aziende, come lei ha fatto nel caso della Vorwerk, con petizioni, con video e condivisioni.

Lorella è una forte sostenitrice del potere e della valenza sociologica del Web, e a dispetto dei detrattori lo vede come uno strumento fondamentale per costruire una nuova coscienza civica. Da usare però con criterio, ecco perché propugna fortemente l’inserimento della media-educazione anche nelle nostre scuole.

Il suo messaggio, tanto semplice quanto, evidentemente, non ancora così chiaro, è un invito all’azienda per le future pubblicità della Folletto: ricordatevi che anche i maschi passano l’aspirapolvere.

 

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