Se una coppia omosessuale divorzia: la necessità della stepchild adoption
Nella lunga battaglia per il ddl Cirinnà, si parlò spesso di stepchild adoption in Italia: ecco di cosa si tratta e perché è avversata.
Nella lunga battaglia per il ddl Cirinnà, si parlò spesso di stepchild adoption in Italia: ecco di cosa si tratta e perché è avversata.
Quando una coppia divorzia, la stepchild adoption consente a coloro che hanno ricevuto dal tribunale la custodia dei figli minori di permettere a un eventuale nuovo coniuge non biologicamente legato a esso di adottarlo. Si tratta di un fatto scontato per le coppie eterosessuali e i vedovi. Ma cosa accade quando parliamo di una coppia omosessuale che “divorzia” dopo la propria unione civile? Linkiesta riporta come la tendenza alla separazione anche per le coppie omosessuali sia del 40% a poco meno di tre anni dal ddl Cirinnà. Ma cosa accade esattamente?
La stepchild adoption è un istituto giuridico che permette al partner – sposato o unito civilmente – di adottare il figlio del proprio compagno. Nonostante se ne parli spesso in riferimento alle coppie omosessuali, l’istituto è nato per le coppie eterosessuali – che storicamente hanno avuto per prime il diritto a unirsi in matrimonio o civilmente. Attraverso esso, un coniuge può adottare il figlio dell’altro coniuge nato da precedente unione o comunque biologicamente non suo (come per esempio per le ex ragazze madri che a un certo punto si innamorano e si sposano non con il padre della propria prole). In caso di divorzio, questo significa che anche chi non ha ricevuto la custodia – perché non genitore biologico – ha comunque il diritto di frequentare gli eventuali minori presenti.
È molto complesso stabilire su un tema così caldo da cosa nascano i pro e i contro, proprio alla luce dell’istituto stesso della stepchild adoption. Fondamentalmente società civile, politica e religione sono divisi sull’argomento perché temono che questo possa portare all’apertura verso la gravidanza per altri. La stepchild adoption è infatti un istituto richiesto oggi soprattutto dalle coppie gay – indipendentemente dall’ipotesi di divorzio, considerando che uno dei due coniugi può venire a mancare, rendendo quindi orfana la prole in assenza di adozione del coniuge non biologicamente legato al minore o ai minori.
L’avversione non tiene conto del fatto che la gravidanza per altri è qualcosa di molto raro in Italia – non essendo consentita: le coppie omosessuali ma anche eterosessuali che vogliono avere un figlio in questo modo sono costrette ad andare all’estero, in quei Paesi in cui la gravidanza per altri – molto avversata dalla Chiesa – è regolata. Storicamente, gli omosessuali in Italia hanno avuto spesso matrimoni tradizionali, con figli. Il coming out di queste persone ha portato naturalmente al divorzio e quindi alla possibilità oggi di formare una famiglia tra due uomini o due donne con figli nati da precedente unione.
È difficile quindi stabilire una dicotomia vera e propria tra categorie di persone che sono pro e chi è contro. Una parte della sinistra in passato ha sostenuto la stepchild adoption come parte – poi stralciata – del ddl Cirinnà, ma non tutta la sinistra, soprattutto quella filocattolica, è coesa sull’argomento, così come esistono delle posizioni nel centrodestra, in forma di minoranza, che la appoggiano. Per quanto riguarda la società civile, le associazioni Lgbt hanno sostenuto in toto il ddl Cirinnà, anche con l’articolo sulla stepchild adoption, spesso cercando di farne una battaglia di civiltà.
È falso dire che la stepchild adoption in Italia non esista. La verità è che c’è un vuoto legislativo, e ci si deve rivolgere alla legge n.184 del 4 maggio 1983, il cui articolo 44 spiega come l’adozione del configlio – si dice così in italiano – è possibile quando gli adottanti sono uniti al minore entro il sesto grado di parentela o da rapporto stabile, quando il minore è portatore di handicap e orfano di entrambi i genitori e quando non è possibile l’affidamento preadottivo.
Il ddl Cirinnà così com’è ora non prevede la stepchild adoption. Questo non significa solo che il genitore non biologico non ha diritto a frequentare il minore, ma anche che il minore non ha diritto all’assegno di mantenimento. Al momento, la legge non prevedrebbe neppure la separazione: chi vuole rompere la propria unione civile, deve recarsi all’anagrafe, attendere tre mesi e poi fare domanda in tribunale. Il mantenimento, in questo caso, è previsto solo per il partner che non ha mezzi di sussistenza.
A metà del 2018, TrueNumbers ha spiegato quali siano i Paesi che nell’Unione Europea ammettono la stepchild adoption per le coppie gay. Essa è possibile dove le coppie omosessuali possono adottare un figlio biologicamente di nessuno dei componenti (con l’eccezione della Grecia): quindi Olanda, Svezia, Regno Unito, Belgio, Danimarca, Francia, Malta, Lussemburgo, Austria, Irlanda, Portogallo, Finlandia, Germania, Spagna. La stepchild c’è anche in Slovenia ed Estonia, mentre in Croazia il genitore non biologico può diventare il tutore del minore. La stepchild è inoltre ammessa in Israele, Sudafrica, Islanda, Andorra, Stati Uniti (con l’eccezione delle Samoa Americane), alcuni stati della Federazione Messicana, alcuni territori del Canada, Australia, Nuova Zelanda, Argentina, Brasile, Colombia, Guyana Francese e Uruguay.
Vorrei vivere in un incubo di David Lynch. #betweentwoworlds
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