Il dramma nascosto di Valentina Tereshkova, prima donna nello spazio
Il 16 giugno 1963, Valentina Vladimirovna Tereshkova entrò nella storia come prima donna in orbita, ma non tutto andò come previsto
Il 16 giugno 1963, Valentina Vladimirovna Tereshkova entrò nella storia come prima donna in orbita, ma non tutto andò come previsto
Quando il mondo si accorse di lei, Valentina Vladimirovna Tereshkova aveva solo ventisei anni. Prima di diventare famosa, era semplicemente una ragazza appassionata di paracadutismo e ammiratrice di Yurij Gagarin, primo uomo ad andare nello spazio. Andava a lanciarsi regolarmente, di nascosto dalla madre, nel club di volo di Yaroslavl. Orfana di padre, morto durante la Seconda Guerra Mondiale, aveva un’infanzia difficile alle spalle e davanti a sé un futuro sotto i riflettori, ma ancora non lo sapeva. Poi, nel 1962, la svolta: dopo l’ennesima domanda inviata per diventare cosmonauta, le dissero di sì. Una anno dopo, il 16 giugno del 1963, entrò nella storia come prima donna in orbita. Un grande avvenimento per la storia umana, che nascondeva però ombre tenute a lungo nascoste.
Il lancio avvenne di mattina presto, dal cosmodromo sovietico di Baikonur, la più vecchia base di lancio al mondo. Valentina Vladimirovna Tereshkova era l’unica partecipante della missione Vostok 6 e il suo nome in codice per i collegamenti radio era Čajka, in italiano Gabbiano. Era stata lei stessa a sceglierlo, essendo capitano. Tutto doveva andare bene, e così fu, almeno fino a metà della sua avventura. Intorno alla trentesima orbita terrestre i tecnici si accorsero che si stava allontanando dal pianeta e non avvicinando, rischiando di perdersi nello spazio.
Per Valentina Tereshkova le cose si complicarono anche fisicamente, anche se in un’intervista al Guardian Tereshkova ha negato di essere stata sottoposta a condizioni disumane, come sostenuto da altre fonti. In ogni caso, non tutti avrebbero sopportato una condizione così estrema. Al secondo giorno apparve un dolore alla gambe che si fece sempre più insopportabile, accompagnato da prurito e malesseri in tutto il corpo. Legata al sedile con tuta e casco per le 70 ore e 50 minuti del volo, a un certo punto iniziò a stare male e a vomitare, come lei stessa raccontò nel diario di bordo.
Il pane è stantio. Non l’ho mangiato. Avevo voglia di pane nero, patate e cipolle. L’acqua è fresca e piacevole. Anche i succhi e le bistecche vanno bene. Ho vomitato una volta, ma non per colpa del disturbo vestibolare, ma per il cibo.
Un altro cosmonauta sovietico, in orbita nello stesso istante per la missione Vostok 5, provò a prendere contatto via radio con lei, ricevendo solo una flebile risposta. Quando dalla Terra arrivarono i nuovi codici corretti per il rientro, il tecnico che aveva commesso l’errore le fece giurare di mantenere il segreto. Dopo tre giorni e il completamento di 49 orbite terrestri, il 19 giugno del 1963 la navicella atterrò in quello che oggi è il Kazakistan. “Sotto di me c’era un lago e non la terra ferma. Ci avevano addestrato a questa eventualità ma non sapevo se avrei avuto la forza necessaria per sopravvivere”, raccontò Valentina.
Nell’impatto sbatté la faccia contro il casco, procurandosi un livido vistoso, che si sommava alle sue condizioni già indebolite dal viaggio. L’Unione Sovietica, che voleva per lei un’accoglienza trionfale e che vedeva l’impresa con fini propagandistici, decise di ripetere il suo arrivo per le telecamere. Rimessa in sesto e con una tuta immacolata, venne quindi riportata sul luogo dove si era conclusa la missione per le riprese.
“Continuammo a insistere che tutto fosse andato bene e non ne parlammo. Mantenemmo il segreto per 30 anni, fino alla morte di chi aveva sbagliato”, ha spiegato la cosmonauta al quotidiano britannico, parlando di quell’errore che avrebbe potuto esserle fatale.
La donna non ha nemmeno mai confermato anche le voci riguardanti il suo primo matrimonio con il cosmonauta Andriyan Nikolayev, celebrato nel 1963 alla presenza del Segretario generale Nikita Krusciov. Per qualcuno si sarebbe trattato di un’unione fortemente sponsorizzata “dall’alto”, per poter sperimentare come fossero i figli nati da due persone che avevano viaggiato nello spazio. La coppia, però, ha sempre smentito categoricamente. Nel 1964 Valentina Vladimirovna Tereshkova diede alla luce una bambina, Elena, diventata ufficialmente la prima persona nata da due cosmonauti. Nel 1982, al raggiungimento dell’età adulta della figlia, si sono separati.
Valentina Tereshkova ha continuato e ancora oggi continua a girare il mondo parlando della sua esperienza in orbita, cercando di sensibilizzare le nuove generazioni. “Americani, asiatici e chiunque l’abbia vista, dice la stessa cosa, ovvero quanto sia incredibilmente bella la Terra e quanto sia importante prendersene cura. Il nostro pianeta soffre per l’attività umana, per i fuochi e per la guerra: dobbiamo salvarlo”.
Web content writer e traduttrice. Parlo poco, scrivo tanto e cito spesso Yeats.
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