Pull a pig: 3 storie di ragazze fatte a pezzi da un gioco che gioco non è
Il pull a pig è l'ultima frontiera del bullismo diffusa dai social: solo il coraggio di denunciare di chi lo ha subito ha reso possibile parlarne.
Il pull a pig è l'ultima frontiera del bullismo diffusa dai social: solo il coraggio di denunciare di chi lo ha subito ha reso possibile parlarne.
Il bullismo non è certo un fenomeno nuovo, e molti di noi, nel periodo dell’adolescenza, probabilmente sono stati vittime di vessazioni più o meno pesanti, di battutine e risatine ironiche, se non di veri e proprio atti di umiliazione pubblica.
Le vittime preferite di questi giovani aguzzini in erba che si divertono a torturare e mortificare i coetanei? Naturalmente chi, per qualche ragione, viene giudicato più “debole” dalla massa, inerme, e preso di mira per alcune caratteristiche fisiche: occhiali, apparecchio per i denti, fisico magrolino o, al contrario, troppo robusto.
Insomma, l’ignoranza di chi quotidianamente o quasi umilia qualcun altro al solo scopo di “divertirsi” è assolutamente senza confine, e l’aspetto peggiore è che, se il bullismo rappresenta davvero un problema a livello giovanile, non sempre gli adulti danno prova di comportamenti migliori. Non sono pochi, infatti, quelli che, ormai non più definibili come “adolescenti”, scatenano la peggior parte di sé attaccando soprattutto sui social, diventati il luogo in cui bulletti “grandi e piccoli” agiscono praticamente indisturbati (non a caso si parla di cyberbullismo, e sono al vaglio diverse proposte di legge al fine di contrastarlo).
Questo è anche il motivo per cui molti atti di bullismo sembrano “nuovi” e figli dell’era virtuale, quando invece sono sempre esistiti, e ora, grazie ai social media, hanno solo un’eco e una cassa di risonanza (e di diffusione, ahinoi) maggiori.
È il caso dell’infame gioco – che gioco non è – del “pull a pig”, di cui si è cominciato a parlare dopo la denuncia di Sophie Stevenson, la ventiquattrenne inglese che, invaghitasi di un ragazzo olandese conosciuto a Barcellona, l’aveva seguito, dietro suo invito, fino ad Amsterdam, salvo poi trovarsi sola e con un SMS sul telefonino che diceva “You’ve been pigged”. Che in italiano, non essendo traducibile alla lettera, suonerebbe come “ci sei cascata in pieno, hai ricevuto un pull a pig”.
Ma di cosa parliamo quando usiamo questo termine?
Letteralmente la traduzione è “inganna un maiale”, e già da questo si capisce che dose di ignoranza e cattiveria si nascondano dentro chi pratica un simile “game” (che, ripetiamo, è tutto fuorché un gioco): generalmente, funziona con un gruppo di amici che decide di prendere di mira la ragazza ritenuta la più brutta e grassa del locale in cui si trovano, giocandole uno scherzo. Un “prescelto” del gruppo finge infatti di corteggiarla, di interessarsi a lei, fino al momento in cui la povera malcapitata cede alle avances.
Molto spesso inizia una vera e propria relazione, che culmina con la convinzione di lei di essere amata dal ragazzo. Fino a quando lo scherzo termina, come nel caso di Sophie, con un messaggio crudele e cinico: You’ve been pigged.
Con tutte le conseguenze psicologiche, la sofferenza e l’umiliazione che ne conseguono. Non solo perché improvvisamente le ragazze capiscono di essere state prese in giro per il proprio aspetto fisico, ma anche perché ci sono in gioco dei sentimenti importanti, che loro hanno investito proprio nei confronti di chi si rivela poi tanto crudele.
Chiaramente lo scopo del gioco è prendere in giro le ragazze fisicamente meno attraenti o insicure, facendo leva proprio sulla carenza di autostima e sul fatto che queste pensino di non poter interessare ai ragazzi. Si parte da un presupposto che, in realtà, è anche piuttosto presuntuoso, ovvero dall’idea che queste ragazze si innamorino subito proprio perché nessuno potrebbe mostrarsi attratto da loro. Insomma, che possano cedere al primo che passa perché altrimenti nessun altro le noterebbe, né vorrebbe avere una storia con loro.
Chiariamo una cosa: una ragazza, giudicata “brutta” dagli altri, non è detto che senta per forza la necessità di una relazione per stare bene con se stessa o sentirsi realizzata. Né è detto che debba necessariamente farsi piacere il primo ragazzo che le si propone perché altrimenti l’alternativa è restare da sola.
Insomma, la libertà di scelta del partner non è riservata solo “ai belli”, e questo, a maggior ragione, prova quanto sia ignorante chi partecipa a un gioco del genere. Senza contare quanto sia terribile approfittarsi delle fragilità e insicurezze altrui.
Ci sono modi per evitare di cadere nella trappola del pull a pig? Sicuramente il primo passo è lavorare su se stessi, per diventare forti a sufficienza da non permettere agli altri di causarci del male gratuitamente.
E in questo senso torna in gioco quanto detto poc’anzi: nessuno deve pensare che una persona grassa si innamori del primo ragazzo che le rivolge la parola solo perché “non ha altra scelta”. Ma questa è una consapevolezza che deve nascere in primis nella persona stessa. Ciascuno merita di amare chi desidera.
Per quanto sia difficile, cerchiamo anche di comprendere, se possibile, con chi abbiamo a che fare, osservando gli atteggiamenti della persona e ascoltando i suoi discorsi, per farci un’idea delle sue opinioni o dei suoi modi di fare. Ripetiamo, è un passo difficilissimo, perché purtroppo chi si diverte con giochi simili spesso si rivela anche un gran bugiardo, però proviamoci.
Infine, ed è la cosa più importante, non esitate a denunciare quanto successo, sia alle autorità preposte sia tramite social o in pubblico. Usate gli strumenti proposti dal Web per smascherare queste persone, liberandovi dalla paura di essere giudicate a vostra volta.
Ultimo appunto: per quanto faccia malissimo sapere di essere state derise e umiliate, ricordatevi che è triste chi trova il divertimento nella propria vita solo approfittandosi degli altri, non voi.
Come detto, il fenomeno del pull a pig è più o meno sempre esistito, ma è salito alla ribalta come ennesimo atto di bullismo solo quando Sophie Stevenson ha deciso di denunciare quanto accadutole, e il ragazzo che l’ha presa in giro.
Sophie incontra l’olandese Jesse Mateman a Barcellona.
Lui, ha spiegato Sophie, le si avvicina cercando di sedurla, passano la notte in albergo, insieme, poi, finita la vacanza, continuano a sentirsi per qualche tempo, finché le chiede di raggiungerlo ad Amsterdam, dove vive.
Sophie fa il viaggio, per arrivare in hotel e vedersi arrivare un messaggio: “Era tutto uno scherzo. You’ve been pigged”.
La ragazza, metabolizzata la delusione e l’umiliazione, ha deciso di raccontare tutto alla stampa, smascherando il ragazzo e mettendo in guardia altre persone. Per onor di cronaca, c’è da dire che Jesse ha fermamente smentito la versione di Sophie, sfogandosi con il Mail Online. “Sono io la vera vittima – ha detto – Ci siamo conosciuti a Barcellona, sì, ma non c’è stato nulla. Siamo stati in albergo ma non abbiamo dormito insieme e, soprattutto, non le ho mai scritto quel messaggio. Quello che sta girando o se lo è inventato lei o se lo sono inventati i giornali. È tutto inventato e mi sta rovinando la vita“.
Da quale parte stia la verità, naturalmente, è difficile stabilirlo. Ma ci sono altre testimonianze ed esperienze di ragazze vittime del pull a pig, fra cui una in Italia.
Lo ha raccontato per prima Selvaggia Lucarelli sul Fatto Quotidiano, intervistando Irene Finotti, una trentenne vittima di un caso simile a quello di Sophie. Nel 2015, Irene, che non vive un periodo di pace con il proprio corpo, viene contattata dall’amministratore di un gruppo segreto su Facebook: “mi ha invitata a diventare membro. Si trattava di uno dei soliti gruppi legati al giro di Pastorizia e #Acazzoduro. Mi lusingava dicendo che ero una delle poche elette, delle poche ammesse. In seguito ho pensato che facesse tutto parte di un piano, ma non lo saprò mai“.
Lì fa amicizia con un ragazzo che, per due mesi, la riempie di attenzioni e premure, fino a che lei accetta di incontrarlo. Passano insieme tre giorni, ma dopo lui sparisce, e Irene si trova con l’amara sorpresa: alcune sue foto di spalle, pubblicate proprio in quei gruppi segreti cui era stata invitata a partecipare e dove erano stati creati thread apposta per umiliarla, sia per il peso, che per essersi illusa di poter piacere a qualcuno.
Irene, dopo quella brutta pagina, oggi è una bellissima ragazza felice e innamorata del suo fidanzato. Su di lei i bulli non hanno vinto.
Fiona Morris ha raccontato la sua esperienza al Sun: si era recentemente separata dal suo fidanzato quando è stata approcciata da “un ragazzo splendido” al bar. Lui l’ha portata dai suoi amici, dove ha iniziato a umiliarla chiedendole quando avrebbe aperto il McDonald’s. Mortificata, Fiona è uscita dal locale, senza raccontare a nessuno l’accaduto.
In compenso, proprio da lì ha deciso di seguire un regime alimentare più salutare e ha iniziato a praticare boxe, perdendo 48 chili.
Giornalista, rockettara, animalista, book addicted, vivo il "qui e ora" come il Wing Chun mi insegna, scrivo da quando ho memoria, amo Barcellona e la Union Jack.
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