“Come sei cambiata!”
La gente spesso lo dice come se fosse un difetto, o un torto, quello di non essersi mantenuti immutati negli anni. Se si parla di donne, in particolare, la prima mancanza è quella di essere “cambiate” fisicamente, leggi invecchiate, ingrassate. 

Poi c’è l’altro cambiamento, quello caratteriale e umano che, a sua volta, nella maggior parte dei casi, non è visto esattamente come un traguardo, ma uno snaturarsi.

“È cambiata/o! Era un’altra persona anni fa”.
Grazie e per fortuna!

Quando sento una persona fare quest’affermazione, con un tono misto di delusione e colpevolizzazione, penso sempre sia un grande complimento. Nulla mi terrorizza di più delle persone che, a distanza di 20 anni, sono ancora uguali a se stesse: stessi pensieri, stessi atteggiamenti, stesse convinzioni e approcci alla vita di due decenni prima.

Possibile? Possibile che passi tanto tempo invano, senza che una persona modifichi le sue incrollabili certezze e le priorità? Possibile che in 5, 10, 20 o più anni non si imparino cose nuove e si evolva di conseguenza?

“Solo gli stupidi non cambiano idea”: mai stata fan di luoghi comuni e detti popolari, ma un fondo di verità spesso ce l’hanno.
Conoscenza e intelligenza non ammettono staticità: siamo esseri umani in evoluzione e ho grande ammirazione per le persone in grado di cambiare.

Mai stata fan neppure dei fanclub, ma se dovessi oggi, alla soglia dei 40 anni, sceglierne uno, probabilmente mi unirei a quello di Ambra Angiolini. Non perché fossi un’adolescente con il suo poster appeso in camera, anzi; né perché aspirassi a diventare una delle ragazze di Non è la Rai o per “essere cresciuta con lei”.

Tutt’altro. Fermo restando che il programma di Boncompagni mi era precluso da mia madre come lo YouPorn anni ’90, a me Ambra Angiolini con l’auricolare che cantava in playback stava antipatica, come la compagna di classe di successo e un po’ strafottente che tu detesti consolandoti, a torto o ragione, alla logica del “sì ma è una stupida”.

Nel caso di Ambra, va da sé, avevo torto marcio. Ma allora ero troppo stupida io e presuntuosa per riconoscere, in quella cascata chiassosa e a sua volta arrogante di riccioli, una ragazzina che, nel bene e nel male, aveva talento da vendere e che si stava muovendo in un mondo difficile anche per un adulto, affrontando e scontando sul palco di uno studio tv e sulle copertine di Cioè, errori, bellezza, paure, eccessi di un’adolescenza sotto i riflettori dell’Italia intera.

Ambra di fatto è stata la prima influencer degli anni ’90. In assenza di Facebook, Instagram e vari, lei aveva brand che facevano a gara per vestirla nella certezza che gli occhi di tutte le ragazzine italiane fossero lì. Sui rotocalchi si parlava di quella ragazza dalla lingua lunga e tagliente; si facevano ipotesi sulla sua vita privata e persino Maurizio Costanzo si prese la briga, nel 1997, di intervistarla indagando su rivalità vere o presunte con le altre, tra cui Pamela, cui Ambra rispose secca e probabilmente spocchiosa, ma di sicuro non falsa: “Io me la tiro perché me lo sono potuto permettere!”.

Se penso come sarebbe stata la mia adolescenza sotto i riflettori o, in alternativa, all’eventualità che ci fossero stati social a immortalare momenti diversamente consegnati solo ai ricordi di pochi, provo un brivido.
Forse – sicuramente – avrei lasciato tracce di frasi avventate, giudizi ingiusti, precipitosi e assoluti dati senza tenere conto delle persone che ho ferito.
Forse – sicuramente – peserebbero su di me foto incoscienti, video che sarebbe meglio che nessuno vedesse: materiale consegnato alla memoria collettiva con cui, ogni volta che scrivo o parlo di qualcosa, qualcuno cercherebbe di delegittimarmi, rimettermi al mio posto di sgallettata stupida e telecomandata. E altre insinuazioni ben più pesanti.

E io dovrei spiegare che non ero né stupida né telecomandata, o forse, a volte, entrambe le cose.
Dovrei giustificare, poi perché?, l’inesperienza, il senso di onnipotenza, l’ambizione dei miei pochi anni e il linguaggio di quel mio corpo non più bambino in dotazione a una non ancora donna.
Dovrei rimarcare il talento, che pure avevo, il mio diritto di essere la prima della classe o l’ultima, avere successo o sbagliare, senza che questo tolga un briciolo della mia dignità e del mio diritto di essere riconosciuta per quella che sono oggi.

A ogni buon conto, dovrei persino spiegare che ero soprattutto una ragazza e dentro c’erano mondi fatti, tra le altre cose, di paure, difese, avventatezza ma anche profondità da perdersi e bellezza.

E dovrei spiegare – o tacere e andare avanti, cercando di ricordarlo almeno a me stessa – che quello che mi sono conquistata, me lo sono andata a prendere io. Nessuno mi ha regalato niente: ho pagato tutto, compreso il pregiudizio e il pettegolezzo di chi pensa di avermi inquadrata, decenni fa, una volta per tutte.

Se penso a quanto è stato difficile diventare la donna che sono a partire dalla ragazzina complessa che ero, e penso ad Ambra, mi sembra di avere a che fare con un’amica da abbracciare forte e cui chiedere scusa, per tutte le volte che io stessa non ho capito.

Ci sono tante cose per cui potrei, da donna, ringraziare Ambra.

Perché è cambiata e perché l’ha fatto senza sputare sulla ragazzetta spregiudicata o rinnegarla.
Semmai a quella ragazzina mi piace pensare abbia regalato, dopo averci fatto a pugni come è necessario un po’ per tutte, il suo sorriso più bello e la carezza di una donna che, se quell’adolescente se la trovasse davanti oggi, per prima cosa la abbraccerebbe forte e le direbbe che è bella così. Come se fosse sua figlia Jolanda.
Ché quando l’ho incontrata, Jolanda intendo, per questa intervista con le sue amiche, ho proprio pensato che fosse piena di bellezza e sogni e voglia di cambiare il mondo e avrei voluto dirle: “Credici, credeteci sempre. Cambiatelo davvero questo modo e non permettete a nessuno di sminuirvi”.

Ringrazio Ambra perché non ha scelto la via più facile.
Si è tolta dal mondo della ribalta per tornarci dopo avere studiato.

Perché non si è lasciata definire – a che prezzo lo sa lei – da quell’immagine che qualcuno ha preteso di appiccicarle addosso per sempre, per delegittimare qualsiasi altra cosa avesse fatto o farà, o la donna che è diventata.

Perché anche nel suo divorzio ha portato una narrazione diversa, fregandosene dei benpensanti: ballando e cantando per Renga a Sanremo, perché non esiste un solo modo di essere una famiglia.

Perché, infine, io credo che sia un esempio importante per tutte quelle giovani donne che, in un domani non troppo lontano, qualcuno cercherà di zittire o sminuire in nome di un account Instagram, di un video o di qualcosa che appartengono a un’altra vita.

Perché lei è la dimostrazione che le persone cambiano, crescono, maturano e, se sono brave o fortunate, passando per le strade più disparate, riescono persino a riconoscere il proprio posto nel mondo, a riconoscere la bellezza dentro di sé e a darle spazio. E a quel punto gli altri possono pure affannarsi, nel tentativo di sgualcirla, ma è fatica e affar loro.

Ringrazio Ambra, perché quando ho incontrato sua figlia Jolanda e le sue amiche per questa intervista la guardo penso che è bella e mi ricorda che, qualsiasi cosa io abbia fatto o sia stata, non mi impedisce di diventare quello che sono ora o che sarò domani, senza bisogno di sbracciare, nascondere o rinnegare nulla. 

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