"Le ragazze vanno in Erasmus per essere libere di fare le poco di buono"

L'Erasmus è una grandissima opportunità di crescita personale e, perché no, anche professionale. Ma per qualcuno rimane ancora un'occasione - per le ragazze - di andare a fare "le poco di buono" all'estero. Segno che il sessismo interessa davvero ogni aspetto della vita.

Chiunque abbia frequentato l’università avrà sentito parlare del progetto Erasmus, con cui alcuni studenti passavano diversi mesi in un paese straniero, sostenendo gli esami nella lingua ufficiale di quest’ultimo.

Cerchiamo di approfondire bene di cosa stiamo parlando.

Cos’è l’Erasmus?

Parliamo di un progetto dell’Unione Europea – oggi definito Erasmus Plus – che, come detto, consente agli studenti iscritti alle università europee di frequentare gli atenei di altri Paesi appartenenti alla UE, o ad essa associati, per un periodo che può variare dai 3-6 ai 12 mesi. L’opportunità è offerta si agli studenti delle lauree triennali che magistrali,  che ai laureandi che devono effettuare un tirocinio, ma anche a chi, già laureato, vuole conseguire all’estero il dottorato.

Per capire come poter accedere all’Erasmus occorre seguire le istruzioni presenti sul sito della propria facoltà, ma esistono comunque criteri e requisiti oggettivi che valgono per tutti.

A tutti è infatti richiesta l’iscrizione all’università di provenienza per tutto l’anno, che include il periodo dell’Erasmus, e occorre non aver già usato il numero massimo di mesi di mobilità previsto. Lo studente deve inoltre restare iscritto fino alla fine dell’Erasmus ed essere in regola, al momento dell’iscrizione al progetto, con il pagamento delle tasse universitarie. Sarà inoltre necessario fornire le certificazioni richieste che attestino il livello di conoscenza della lingua del paese prescelto.

Fra gli altri requisiti e documenti richiesti, abbiamo:

  • aver completato il primo anno di università ed essere regolarmente iscritto al corso di laurea scelto. Dato che i posti sono limitati, a essere selezionati sono soprattutto gli studenti con una media alta e con un buon numero di esami sostenuti;
  • avere competenze linguistiche sufficienti nella lingua ufficiale del paese ospitante;
  • non beneficiare di un’altra borsa di studio finanziata dall’Unione Europea;
  • le borse di studio sono rivolte solo ai cittadini dell’Unione Europea e ai residenti in Norvegia, Islanda, Liechtenstein e Turchia.

Allo studente saranno necessari questi documenti:

  • documento d’identità;
  • tessera Sanitaria Europea, per poter usufruire dei servizi sanitari;
  • carta Giovani Europea, per usufruire di sconti;
  • patente di guida, se si pensa di affittare un’auto una volta arrivati.

Allo studente viene garantita una borsa di mobilità mensile dall’importo diverso a seconda del costo della vita del paese straniero prescelto; oltre a ciò esiste un altro contributo proveniente dal MIUR e, per gli studenti che, ISEE alla mano, hanno qualche difficoltà economica, ci può essere un ulteriore assegnamento.

La Commissione Europea finanzia corsi intensivi di preparazione linguistica per gli studenti in procinto di partire.

La storia del progetto Erasmus

Il progetto Erasmus nacque nel 1969 dall’intuizione di un’italiana, Sofia Corradi, soprannominata, non a caso, “Mamma Erasmus”.

Corradi era una pedagogista e consulente scientifico della Conferenza permanente dei rettori delle università italiane, e proprio questo ruolo molto importante le permise di far nascere e conoscere il suo progetto, nato grazie all’iniziativa dell’associazione studentesca EGEE (oggi AEGEE) fondata da Franck Biancheri, poi diventato presidente del movimento trans-europeo Newropeans; fu lui,  nel 1986-1987, a convincere l’allora presidente francese François Mitterrand ad appoggiare la nascita di Erasmus.

La collaborazione tra EGEE e Commissione Europea, nella persona di Domenico Lenarduzzi, Direttore della Pubblica istruzione, permise al programma Erasmus di essere approvato nel 1987, e di diventare parte integrante dei programmi Socrates I (1994-1999) e Socrates II (2000-2006). A partire dal 2007 è diventato uno degli elementi del Lifelong Learning Programme (2007-2013).

Più di 4.000 istituzioni universitarie di 31 paesi aderiscono al progetto. Secondo i dati più recenti, nel corso del tempo circa 400.000 studenti italiani hanno partecipato ai progetti Erasmus, prediligendo – secondo i dati 2017 –  Spagna, Francia, Germania, Regno Unito, Portogallo. Ma anche gli studenti stranieri dimostrano di apprezzare il nostro paese, tanto che sono stati 21.000, nel biennio 2015-16, quelli arrivati in Italia nell’ambito del progetto.

Il sessismo nel progetto Erasmus

Come spesso accade, purtroppo, c’è anche chi non perde occasione per dimostrare la propria ignoranza. Più d’uno, infatti, interpreta il desiderio di molte ragazze di affrontare l’esperienza dell’Erasmus come l’opportunità per “andare all’estero e fare le poco di buono”. Il che, traducendolo, forse significa “avere una vita sessuale più libera”.

Ora, fermo restando che non c’è nulla di male nell’avere una certa indipendenza sessuale, se non fosse per il doversi scontrare puntualmente con i banali moralismi maschilisti secondo cui ciò che viene fatto dalle donne in ambito sessuale è “un tabù”, mentre se a farlo sono gli uomini “è cosa buona e giusta”, non si capisce in realtà perché una ragazza dovrebbe approfittare dell’esperienza estera per vivere, anche se lo volesse, avventure sessuali.

In Italia non potrebbe farlo? Troverebbe degli impedimenti? Oppure chi formula alti ragionamenti di questo tipo lo fa convinto che i partner giusti per questo tipo di esperienza si trovino solo all’estero?

Entrare nella mente di chi partorisce certe elucubrazioni mentali è tutt’altro che semplice, ma tant’è: questi sono alcuni dei commenti che erano ben visibili sotto il post nella pagina social di un noto sito d’informazione italiano.

erasmus

Secondo questi commenti, la facilità di trovare del sesso facile fuori dai confini di casa spiegherebbe perché le ragazze italiane partecipano in numero maggiore al progetto Erasmus rispetto ai colleghi maschi (59% contro il 41%)

Strano incremento nelle zone africane dove crescono i big bamboo
Saranno tutte ‘bottaniche’

Eh si. Lontano da casa viene fuori la vera indole… Occhio che non vede…

Quel che succede in Erasmus rimane in Erasmus (Simo)

Per troieggiare esiste Internet… Non c’è bisogno di andare all’ estero

Insomma, il tenore delle opinioni si è ampiamente capito. Peccato, ci verrebbe da sottolineare, che il progetto Erasmus rappresenti non solo una bellissima opportunità per “lasciare il nido”, mettendosi in gioco con un’esperienza in un paese straniero per cui, giocoforza, si deve contare solo su se stessi, sviluppando quindi senso della responsabilità, maturità e indipendenza; rappresenta anche e soprattutto un’inesauribile fonte di arricchimento, morale, culturale, spirituale

Le stesse qualità che, ahinoi, dubitiamo possano appartenere a chi ancora si ostina ad associare il sesso come a qualcosa di “sporco” che va fatto fuori casa, di nascosto, o pensa che le donne abbiano la necessità della “libera uscita” per reclamare la libertà, anche sessuale.

Le testimonianze delle ragazze dell’Erasmus

Alcune testimonianze di ragazze che hanno preso parte all’Erasmus si trovano, ad esempio, in questo articolo di Repubblica del 2006.

“Sono partita all’inizio di settembre ed ero molto contenta, desideravo questo viaggio da anni – ha raccontato, ad esempio, Giulia – Andare via significava mettermi alla prova e vedere come avrei reagito in una situazione totalmente diversa dal solito. Da studentessa di lingue, la prima cosa che ho pensato è stata quella di eliminare qualsiasi contatto con la lingua italiana. La Albert-Ludwigs-Universität di Friburgo è molto grande, ma purtroppo s’incontrano moltissimi ragazzi provenienti dall’Italia. Così innanzitutto mi sono cercata un appartamento con una ragazza tedesca, in modo da essere costretta a parlare tedesco in ogni situazione, e poi ho cercato di inserirmi in diversi corsi, da quello teatrale al coro dell’università a quello di balli latino-americani.

Riuscire a frequentare tutte le lezioni è molto difficile, soprattutto perché il monte ore di lezione dei corsi tedeschi è inferiore a quello dei corsi italiani, e così noi studenti stranieri siamo spesso costretti a salti mortali pur di vederci convalidati gli esami al ritorno nelle nostre città. L’esperienza però è bellissima, sto facendo tante amicizie e soprattutto credo di aver assunto una padronanza della lingua che non avrei mai potuto avere studiando solamente in Italia”.

Certo non è tutto rose e fiori, le difficoltà non mancano:

“Io, per esempio, ho avuto un problema di salute e sono dovuta ricorrere a uno specialista. Era uno dei primi giorni, e mi sono trovata a dover parlare di malattie e termini medici in una lingua straniera”.

Le fa eco Federica, che quando è partita aveva appena 21 anni, e da Gaeta è volata a Strasburgo, per fare il suo Erasmus all’Institut d’Etudes Politiques.

“Era un anno molto particolare, l’anno della Conferenza intergovernativa di Nizza, che avrebbe portato al trattato di Nizza in vista dell’allargamento ad est dell’Unione del 2004. Durante la mia permanenza, un po’ come tutti, sono andata a ‘bussare’ a tante porte per cercare stage e esperienze lavorative. Alle tante mi ha risposto l’assistente di Giorgio Napolitano, allora presidente della Commissione Affari Costituzionali del Parlamento Europeo, che mi ha proposto uno stage presso la segreteria della Commissione. Chi l’avrebbe detto che avrei lavorato per il futuro presidente della Repubblica!”

Ma Repubblica racconta molte altre esperienze, anche di ragazze straniere, da Line, una ragazza olandese che ha studiato per un anno all’università di Valladolid, in Spagna, e che ha fondato, insieme a coetanei di altri paesi, un gruppo jazz, fino a Gianna, laureata in Scienze internazionali e diplomatiche che ha fatto l’Erasmus a Bruxelles e dopo pochi mesi è tornata nella capitale belga per uno stage all’Unione Europea, o a Lucia, che dopo un periodo di studio in Svezia si è trasferita lì con un contratto a tempo indeterminato in una società informatica.

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