Essere ragazze madri in Italia
Cosa significa essere ragazze madri in Italia? Ecco dati, numeri e le agevolazioni di cui le mamme giovanissime godono nel nostro paese.
Cosa significa essere ragazze madri in Italia? Ecco dati, numeri e le agevolazioni di cui le mamme giovanissime godono nel nostro paese.
Nel 2007 usciva nelle sale cinematografiche Juno, con una giovanissima Ellen Page che interpretava una sedicenne rimasta incinta dopo il primo rapporto sessuale e intenzionata a dare in adozione il suo bambino.
Negli anni, poi, anche trasmissioni come 16 anni e incinta hanno contribuito a porre l’accento sul tema delle ragazze madri, dato che i numeri, a riguardo, parlano di un fenomeno tutt’altro che raro, anche nel nostro paese.
Cerchiamo quindi di capire quante ragazze madri ci sono in Italia. Ma prima occorre fare un distinguo, dato che ormai, con il termine di “ragazza madre” si intende sia la giovanissima che affronta una gravidanza, spesso da sola o con l’appoggio della famiglia, ma anche la famiglia monogenitoriale, quella composta, cioè, da mamma e figlio.
Per entrambe le “categorie”, comunque, i dati sono in aumento e raccontano di un fenomeno tutt’altro che raro.
Secondo uno studio è infatti circa del 2,1% la percentuale di gravidanze portate a termine da ragazze di età compresa tra i 14 e i 19 anni. E secondo la SIGO (Società Italiana Ginecologia ed Ostetricia) il numero è persino destinato a salire.
Soprattutto, si sta riducendo il divario tra Nord e Sud, con la Lombardia che ha visto un’impennata nel numero di ragazze madri, anche se la Campania e la Sicilia restano le regioni in cui ci sono più ragazze madri, con Napoli che guida la classifica delle regioni in cui le ragazze partoriscono tra i 15 e i 19 anni. Solo qui, ogni anno, si registrano circa mille ragazze madri su un totale nazionale di 7.088 baby mamme.
Ad aumentare in maniera considerevole le percentuali provvedono anche le ragazze straniere, se si pensa che dal Ministero della Salute si sa che nel 2015, delle 6.120 madri fino a 19 anni d’età censite, il 70% era rappresentato proprio da straniere.
Anche tra le italiane, però, le ragazze madri sono numerose, e quasi tutte hanno una variabile in comune: addirittura il 90% di loro è a sua volta figlia di ragazze madri.
Per quanto riguarda il ruolo dei padri, secondo le statistiche il 68% lascia il nucleo familiare, con gravi conseguenze, naturalmente, per la situazione economica della mamma e del bambino.
Altri dati testimoniano poi come spesso anche il background familiare della ragazza madre incida in maniera considerevole sulla gravidanza precoce: in molti casi, nelle famiglie delle ragazze madri la figura paterna è assente, c’è un basso tasso di scolarità e una situazione finanziaria precaria.
È invece un milione e 34 mila il numero, in Italia, delle famiglie monogenitoriali, di cui quasi un milione è formata donne, che vivono con almeno un minore a carico; quasi il 40% vive invece con 2 figli a carico, il 9% addirittura con 3. Anche questa, secondo l’ISTAT, è una condizione cresciuta in maniera esponenziale negli ultimi decenni.
Secondo un report de Il Sole 24 ore, il 42,1% di queste donne (e di conseguenza i figli) è a rischio di povertà o di esclusione sociale (contro il 29.3% delle donne che vivono in coppia). mentre l’11,8% vive in condizioni di povertà assoluta. Per dirla in altri numeri, parliamo di 300.000 donne nel primo caso, di quasi 100.000 nel secondo. Queste alte percentuali dipendono dal fatto che spesso non è facile coniugare il lavoro con l’impegno dei figli, soprattutto alla luce di un welfare quasi inesistente in cui praticamente tutto è a pagamento.
Proprio per far fronte a tutte queste problematiche, il nostro Stato garantisce aiuti e agevolazioni alle adolescenti che scelgono di portare avanti la gravidanza.
Ad oggi, in Italia non esiste una legislazione che regoli la condizione delle ragazze madri in ambito sociale e professionale, ma ovviamente il loro status non è diverso da quello delle altre madri, anche se godono di due diritti in più: il diritto di inserimento in una casa famiglia o centro residenziale di assistenza, e le agevolazioni per inserire il bambino all’asilo nido.
Pur non rientrando in una categoria protetta, le ragazze madri hanno la possibilità di richiedere aiuti economici presso consultori o servizi sociali, e vantano, chiaramente, il diritto di chiedere al padre del bambino il mantenimento, dato che per legge esiste la possibilità di portare in giudizio l’ex partner, anche se non ha riconosciuto il figlio, senza nessun termine di scadenza.
Qualora il padre si rifiutasse di procedere al pagamento del mantenimento, la ragazza madre può sporgere denuncia ai carabinieri o rivolgersi al giudice civile, chiedendogli di quantificare l’importo da versare.
Se il suo reddito annuo non supera 11.369,24 euro lo può fare con il patrocinio gratuito, e sapendo che, se anche dopo la condanna il padre continuasse a non pagare, contro di lui potrebbe essere promosso il pignoramento.
Le mamme single, monoreddito o del tutto disoccupate, possono inoltre richiedere agevolazioni o assegni di sussidio anche, come detto, per l’inserimento al nido, e lo possono fare richiedendo due tipi di assegni: quello comunale, erogato dall’INPS e destinato alle donne che non hanno diritto a nessuna copertura previdenziale e che non ricevono già un sussidio INPS.
Si tratta, in sostanza, di un sussidio a donne che non hanno mai lavorato, alle studentesse o a chi ha lavorato in nero o per poco tempo. Si hanno 6 mesi di tempo dalla nascita del bambino per richiederlo, presentando una dichiarazione che dimostri i redditi percepiti e un’autocertificazione in cui si affermi di possedere i requisiti. Ma per riceverlo il nucleo familiare della madre, che può essere costituito anche solo da lei e il figlio, non deve superare un certo ISEE, che non deve neppure essere più alto, al momento della richiesta, di quello posseduto al momento della nascita del bambino.
Si può beneficiare di questo assegno per un massimo di 5 mesi, per un totale di 1.694,95 euro.
L’altra tipologia è l’assegno statale, a carico dello Stato ed erogato sempre dall’INPS, per cui possono fare richiesta le neo mamme lavoratrici o disoccupate che al momento della nascita del bambino hanno versato almeno 3 mesi di contribuzione per maternità nel periodo compreso tra i 18 e i 9 mesi precedenti il parto.
Nel 2019, l’importo dell’assegno maternità è di 338,89 euro per 5 mesi, per un totale di 1.694,45 euro.
Anche in questo caso, la madre deve rispettare determinati requisiti:
Anche il bonus bebè rientra tra le agevolazioni che le ragazze madri possono richiedere, se il loro ISEE non supera i 7 mila euro: chi rientra nei requisiti può godere del diritto a percepire 320 euro al mese per il primo figlio e 400 euro al mese per il secondo. Mentre se l’ISEE è superiore a 7 mila euro ma inferiore a 25 mila euro il bonus scende a 160 euro mensili.
Il bonus può essere erogato solo se il bambino non ha più di 5 anni.
Le ragazze madri senza una casa propria o un luogo in cui abitare posso chiedere di essere ospitare in una Casa Famiglia, dove abitare ed essere seguite durante il periodo della gravidanza e nei mesi successivi al parto.
Inoltre, in tutta Italia esistono i Centri di Aiuto alla Vita (CAV) pensati proprio per aiutare le neo mamme in difficoltà, a cui danno aiuto per la ricerca del lavoro e assistenza psicologica.
Esistono inoltre associazioni come Salvabebè-Salvamamme, che da molto tempo assiste le mamme in grave disagio socio-economico, o La Casa della Mamma, a Roma, Un Sorriso- Cooperativa sociale, o la milanese Do&Ma.
Sul Web è comunque a disposizione un ampio elenco di associazioni per ragazze madri sparse in tutta Italia.
Alcune ragazze hanno raccontato le proprie esperienze a Ci siamo. Fra loro, ad esempio, c’è Alice.
“Ho sempre detto che non avrei voluto figli perché nella vita succedono troppe cose brutte che non avrei far voluto vivere e vedere a mio figlio. Ci vuole coraggio a mettere al mondo un bambino e io non sono una persona particolarmente coraggiosa.
Adesso ho un figlio e se prima pensavo di non volergli fare vivere le cose brutte di questa vita ora mi distrugge solo il pensiero che prima o poi sarà costretto ad affrontarle.
Io non so come gli spiegherò che non siamo e che non saremo mai al sicuro da nulla, che anche mentre tu fai la tua solita vita o le cose che ami di più possono succedere cose atroci a te o alle persone che ami e che le cose che vedi al telegiornale sembrano così lontane e invece sono così vicine.
Per fortuna non ha ancora bisogno di spiegazioni, vive ogni cosa e ogni giorno come una novità, vive le piccole cose della vita come se fossero le più belle e vorrei vederlo così per sempre, ma prima o poi capirà, capirà che su una di quelle auto cadute durante il crollo del ponte Morandi di Genova, per esempio, ci potevamo essere noi, noi mentre andiamo al mare che lui ama tanto, capirà che su quella auto con ombrellone e secchiello ci poteva essere lui, io e suo padre. E sarà terrorizzato come lo sono io.”
La prima bimba, Mia, Arianna l’ha avuta a ventidue anni, la seconda, Emma, a 24.
Avere un lavoro e badare a due bambine piccole richiede molto tempo. Anche semplici azioni come cucinare diventano complicate, in quanto le piccole richiedo un’attenzione costante. Non posso contare sull’aiuto di nessuno, perché faccio parte di una generazione dimenticata.
In ogni caso, non tornerei mai indietro.
Per tutte queste ragioni, sono costretta a fare un secondo lavoro. L’unica scelta possibile per me è stata quella di aprire un’attività a casa per contemporaneamente badare alle bambine. Da qualche anno creo prodotti artigianali in stoffa, astucci, pochette e tanto altro, ordinabili dalla mia pagina Facebook, il Segreto di Mia. Non potevo che ispirarmi infatti alla mia prima figlia per il nome di questa attività”.
“Avevo 16 anni quando sono rimasta incinta di mio figlio. Quando l’ho detto ai miei genitori mi hanno insultata. Soprattutto mia madre, che ha minacciato di cacciarmi di casa.
Ora, guardandomi indietro, credo di essere rimasta incinta perché inconsciamente volevo una famiglia mia. Una famiglia migliore rispetto a quella che avevo.
Forse volevo dimostrare a me stessa di poter essere una madre migliore di quanto fosse stata la mia!”
Ma anche Vanity Fair ha raccolto alcune testimonianze di ragazze madri provenienti da La Casa della Mamma di Roma.
“Quando è arrivata qui mancava poco al parto – ha raccontato Lucia Di Mauro, direttrice dell’associazione – L’abbiamo accolta affrontando prima di tutto il carico emotivo che la gravidanza al termine portava con se. Poi sono arrivate le doglie, siamo corse all’ospedale insieme a lei e le abbiamo stretto la mano in sala parto. Era sempre pronta ad andare via, poi giorno dopo giorno si è calmata”.
Quando esco di qui vorrei fare la cuoca – racconta Sara – Pensare al futuro è strano, non pensavo sarei arrivata fino a qui. Prima ero molto aggressiva, era l’unico modo di esprimermi che conoscevo. Quello che tutti utilizzavano intorno a me.
Penso sempre a proteggere i miei figli e preferisco non parlare troppo di loro. A settembre il più grande inizierà la scuola, sono molto emozionata. Sarà un momento fondamentale della sua vita e vorrei che non gli mancasse nulla.
Giornalista, rockettara, animalista, book addicted, vivo il "qui e ora" come il Wing Chun mi insegna, scrivo da quando ho memoria, amo Barcellona e la Union Jack.
Cosa ne pensi?