Chi sono gli emotivi anonimi e quando l'emotività diventa qualcosa da curare
Quando l'emotività diventa il perno della nostra vita, qualcosa non va: possono però aiutarci gli Emotivi Anonimi.
Quando l'emotività diventa il perno della nostra vita, qualcosa non va: possono però aiutarci gli Emotivi Anonimi.
L’emotività è qualcosa che può rovinare la propria vita. Emozioni negative come la paura e la rabbia possono bloccare completamente una persona, nei rapporti con gli altri, al lavoro, qualche volta fino a impedire di mettere il piede fuori da casa, trasformandosi in una vera e propria fobia sociale.
Cosa si può fare? Esistono dei percorsi terapeutici, ma il primo passo, come sempre in questi casi, è ammettere di avere un problema. Se non si può ricorrere a percorsi terapeutici – che a volte possono risultare costosi – la soluzione è nei gruppi di auto-aiuto sul modello degli Alcolisti Anonimi. I gruppi di auto-aiuto si chiamano infatti in questo caso Emotivi Anonimi (Ea).
Gli Ea, come si definiscono loro stessi sul proprio sito, formano un’associazione di uomini e donne, apolitica e areligiosa, e non affiliata a nessun’altra organizzazione o istituzione. Come in tutte le associazioni, grazie a loro si tengono delle riunioni – hanno varie sedi e vari referenti in tutta Italia – in cui ci si aiuta l’un l’altro ad affrontare la vita quotidiana. Naturalmente ci sono delle regole da accettare e fare proprie: la più importante e fondamentale è appunto l’anonimato, il che equivale a dire anche che tutto ciò che si fa tra gli Emotivi Anonimi resta tra gli Emotivi Anonimi.
Tra i membri, si racconta la propria storia e non si giudicano gli altri, non si fanno domande ma si danno consigli. E si affronta la problematica un giorno alla volta, esattamente come negli altri gruppi di auto-aiuto, una realtà che esiste da decenni e funziona molto bene. Questo tuttavia non significa che, parallelamente e volontariamente, si possa affrontare comunque un percorso terapeutico di psicanalisi, che fa sempre bene, ma dipende appunto dalle disponibilità finanziarie di ognuno.
Ma come si fa a capire se si ha bisogno di aiuto? L’associazione, sul suo sito, ha pubblicato una serie di domande che ognuno di noi dovrebbe porsi e rispondere in tutta sincerità. La prima è quella fondamentale e riguarda il fatto che si sia capaci o meno di esprimere o soffocare un’emozione. Attenzione, non si tratta semplicemente di tradire un’emozione in un momento particolare, ma di esserne letteralmente sopraffatti in ogni ambito della propria quotidianità. Anche le altre domande sono importanti e riguardano le debolezze, la capacità di stare bene, l’analisi delle situazioni correnti, l’autosufficienza, il sentirsi impotenti o arrabbiati senza riuscire a fare nulla, l’essere travolti dal senso di colpa o di solitudine.
Naturalmente, la prima sfera colpita dall’emotività è quella sentimentale. Le emozioni, in una vita in coppia, possono essere molto difficili da gestire. Non parliamo naturalmente delle derive cui rabbia e gelosia possono portare – in questo caso, il percorso terapeutico è più che necessario – ma a volte è complicato per alcune persone perfino dichiarare il proprio amore o impegnarsi. Lì la fobia sociale ha il sopravvento e anche in questo caso, l’aiuto degli Emotivi Anonimi può rivelarsi la scelta giusta per poter andare avanti e costruire qualcosa di serio con una persona. Niente paura: ovviamente si fa tutto un giorno alla volta.
Per comprendere – anche se in maniera un po’ romanzata – il lavoro degli Ea e quando si ha bisogno di essi, c’è un delizioso film franco-belga del 2010, che si intitola appunto Emotivi Anonimi. È la storia di Angélique e Jean René, una cioccolataia che soffre di paure incontrollate, e Jean-René, che ha una fabbrica di cioccolato ed è terrorizzato dall’intimità con le donne. Lei prova a farsi assumere da lui, che però la mette alle vendite.
Tuttavia, Angélique scopre che la fabbrica ha maggior bisogno di migliorare la qualità dei prodotti e inventa dei nuovi cioccolatini: durante una fiera, i due si innamorano, ma sono sopraffatti dalle paure che in questo modo rendono impossibile una relazione. Così si separano, ma il lavoro di Jean-René ha bisogno di Angélique, così i dipendenti della fabbrica lo conducono a una riunione degli Ea, dove alla fine lui confessa il suo amore.
Vorrei vivere in un incubo di David Lynch. #betweentwoworlds
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