Self-partnering is the new single: cosa significa l'affermazione di Emma Watson
Che cos'è il self-partnering di cui ha parlato Emma Watson nel 2019 perché è importante per tutte le donne.
Che cos'è il self-partnering di cui ha parlato Emma Watson nel 2019 perché è importante per tutte le donne.
Nel novembre 2019 molte testate hanno iniziato a parlare di self-partnering, dopo un’intervista che Emma Watson ha rilasciato all’edizione britannica di Vogue, in cui l’attrice, che all’epoca stava per uscire con il film Piccole donne, si è definita «self-partnered» ossia in coppia con se stessa.
L’ha detto per evidenziare come la società, quando una donna arriva a una certa età, si aspetta che abbia raggiunto determinati traguardi, come una famiglia e un figlio. Ma non tutte le donne vogliono questo.
Arrivata a 29 anni – ha detto all’epoca Watson – mi sono resa conto di sentirmi così stressata e ansiosa. […] Se non hai messo su casa, se non hai un marito, se non hai fatto un figlio e stai per compiere trent’anni, vuol dire che non hai fatto abbastanza bene nella tua carriera o che hai ancora delle cose da mettere a posto. […] Mi ci è voluto un po’, ma alla fine sono molto felice di essere single. Lo chiamo ‘essere accoppiata con me stessa’.
Il discorso di Emma Watson è sempre valido, anche a distanza di tempo, perché ovviamente nel frattempo le cose non sono cambiate per le donne, eu quasi tutte noi percepiamo ancora queste pressioni da parte della società.
L’espressione self-partnering è un neologismo inventato da Emma Watson, che molti hanno accostato al «disaccoppiamento consapevole» di cui Gwyneth Paltrow parlò durante la sua separazione da Chris Martin. Sostanzialmente, l’espressione di Watson indica uno stato di solitudine felice, un modo di essere single ed essere soddisfatta della propria vita.
Che è il contrario della corsa per avere un marito di cui parla Marilyn Monroe in A qualcuno piace caldo: per Zucchero, essere arrivata a un quarto di secolo e non avere un marito era una cosa che dava da pensare. Il self-partnering a quei tempi era ancora molto, molto lontano.
«Zitella acida». È così che ancora oggi qualcuno definisce le donne single. E ci sono donne che purtroppo risentono di questo retaggio.
Essere single non è una disgrazia e fortunatamente la cultura pop, tra libri, film e telefilm, ce lo ripete continuamente oggi. Tuttavia non è un fatto ancora assodato per tanti. Per questo è importante la cosiddetta single positivity, ossia una sorta di orgoglio single, che consiste nell’essere felici della propria indipendenza. La solitudine delle relazioni sentimentali non è uno spazio da riempire, ma può essere un dono se non lo si percepisce come una tragedia.
Questo però non significa demonizzare i rapporti umani, in particolare quelli di coppia. Essere felicemente single non significa che innamorarsi sia impossibile: significa non soffrire nel non avere una relazione in un preciso momento, significa investire solo sulla persona giusta, significa essere appagate del rapporto con noi stesse.
È ancora un po’ troppo presto perché si possa parlare di persone self-partnered, soprattutto tra le celebrità. Potremmo definire Khloe Kardashian una madre single, così come Angelina Jolie dopo la rottura con Brad Pitt.
Indicativamente è possibile che in futuro molte, soprattutto tra le femministe, seguano l’esempio di Emma Watson, che ha coniato il neologismo, ma perché questo neologismo diventi a tutti gli effetti una parola, è necessario che anche altre persone adottino determinati statement. Se non si fosse sposata di recente, potremmo dire che una papabile self-partnered avrebbe potuto essere Jennifer Lawrence, che ha sempre mostrato un certo orgoglio nell’essere single e indipendente.
Essere single e indipendente è infatti la condizione necessaria per essere self-partnered. Potrebbero dichiararsi tali anche Jennifer Aniston e Charlize Theron, che più volte si sono schierate contro la pressione culturale contro le donne a raggiungere degli obiettivi nella vita: un compagno, una famiglia e dei figli.
Queste attrici hanno dimostrato tangibilmente quello che le femministe affermano da sempre: la realizzazione personale è oltre gli stereotipi. Nella cultura pop c’è però un’antesignana delle self-partnered. Parliamo naturalmente di Samantha Jones, una delle amiche di Carrie in Sex & the City. Samantha non va solo matta per il sesso con tutti i partner che le piacciano, ma anche quando finisce per innamorarsi, comprende di amare di più se stessa.
Vorrei vivere in un incubo di David Lynch. #betweentwoworlds
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