Il corpo della donna come campo di guerra
Gli stupri di massa caratterizzano tutte le guerre, ma è accaduto qualcosa che ha cambiato tutto durante il conflitto serbo-bosniaco: ecco cosa.
Gli stupri di massa caratterizzano tutte le guerre, ma è accaduto qualcosa che ha cambiato tutto durante il conflitto serbo-bosniaco: ecco cosa.
Che significato hanno gli stupri di massa in tempo di guerra?
Se si pensa ai numerosi conflitti umani non stupisce che gli stupri di massa sia stati sempre presenti, soprattutto come mezzo per annichilire il popolo perdente: un modo in cui i vinti dimostravano la propria superiorità.
Tale risultato è però più una conseguenza degli stupri che uno scopo e lo si capisce meglio alla luce del conflitto serbo-bosniaco, analizzato in un articolo dal titolo Il corpo della donna come luogo della guerra, a firma Consuelo Corradi, apparso sulla rivista Difesa Sociale, che citando vari approfondimenti realizzati nel tempo da diversi autori, ha evidenziato come durante il conflitto nell’ex Jugoslavia negli anni ’90 gli stupri di massa siano stati delle vere e proprie strategie di guerra .
L’articolo si concentra sul fatto che gli stupri di massa siano stati un elemento centrale del genocidio dei serbi ai danni dei bosniaci musulmani e croati. Lo stupro non è un fenomeno secondario della guerra: il corpo delle donne è il simbolo di una nazione e in particolare lo era quello delle donne jugoslave che, nel passaggio di regime tra Tito e Milosevic, non affrontarono cambiamenti culturali in relazione alla questione femminile.
Per entrambi i regimi, donna, purezza e verginità andavano di pari passo, per cui lo stupro era un simbolo di disprezzo verso le donne dei due popoli.
Non solo: i corpi delle donne erano luoghi da colonizzare, contenitori di future generazioni. Gli stupri di massa avevano anche lo scopo di fecondare le donne portando alla cancellazione di bosniaci e croati – come se i serbi pensassero che solo il loro Dna sopravvivesse nel bambino procreato con la violenza. E come facevano ad assicurarsi che le donne violentate portassero a termine la gravidanza? Attraverso l’istituzione dei campi di stupro, molto simili a campi di concentramento o addirittura parte di essi.
Qui gli autori delle violenze non erano solo soldati semplici, ma anche autorità militari. Oltre agli stupri, venivano perpetrate anche mutilazioni genitali e venivano realizzati snuff movie poi immessi nel mercato europeo della pornografia (contro la volontà delle “protagoniste”).
Le donne bosniache e croate venivano infatti portate in questi campi di stupro, che potevano fare parte di un complesso in cui venivano rinchiusi anche gli uomini – costretti a torture e violenze sessuali anche loro – oppure semplicemente uno stabile come un ex ospedale o un vecchio hotel trasformato nel luogo degli stupri di massa. Le donne erano internate qui non solo per essere violentate sistematicamente, ma per evitare che si suicidassero successivamente o abortissero: venivano quindi trattenute lì fino al sesto mese di gravidanza. Una parte di loro però veniva anche torturata a morte.
Le violenze di massa potevano anche essere mezzi intimidatori: i soldati facevano il loro ingresso in un villaggio e ne violentavano le donne di fronte agli altri membri della comunità, spargendo così il terrore nei villaggi confinanti e ottenendo che le popolazioni se ne andassero da sole.
Quante violenze sessuali si son registrate durante il conflitto serbo-bosniaco? Nel Rapporto Bassiouni dell’Onu vengono menzionati 11mila casi di stupro e 162 campi di stupro, tra cui quelli di Foca, Omarska e Vilina Vlas. Il Rapporto spiega chiaramente che il numero non può essere esaustivo: le donne non sempre denunciano le violenze in tempo di pace, figurarsi in una situazione in cui persiste il timore di rappresaglie o di ostracismo da parte della propria comunità. I gruppi di aiuto stimano che il numero di stupri totali possa essere stato 20mila, con 2mila gravidanze portate a termine dopo la violenza. Il governo bosniaco ritiene invece che gli stupri siano stati 35mila.
Per capire – scrive Corradi – ciò che è accaduto in Bosnia non basta affermare che lo stupro è un reato che fa parte di ogni guerra, per cui non vi sarebbe nulla di nuovo sotto il sole. Abbiamo qui non alcuni stupri, ma una violenza di natura politica, e non semplicemente “di genere”, cioè dipendente dal differenziale di potere che esiste tra i ruoli sociali. La violenza in Bosnia è strettamente legata al tema della purezza del corpo della donna, e questo, a sua volta, è un elemento culturale così profondo da comportare conseguenze politiche e non ruoli sociali.
Vorrei vivere in un incubo di David Lynch. #betweentwoworlds
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