Le mutilazioni genitali femminili: un’istantanea in numeri
Vediamo in un racconto in numeri tutto ciò che riguarda l'aberrante pratica della mutilazione genitale femminile, ancora troppo diffusa.
Vediamo in un racconto in numeri tutto ciò che riguarda l'aberrante pratica della mutilazione genitale femminile, ancora troppo diffusa.
Vediamo in un racconto in numeri quali sono i tipi di mutilazione genitale femminile, quali sono i paesi del mondo dove il fenomeno è più diffuso, a che età le bambine vengono sottoposte a questa pratica, quali sono le complicazioni sanitarie che possono verificarsi e qual è la situazione in Italia.
“Nel termine ‘mutilazioni genitali femminili (MGF)’ rientrano tutte le procedure che comportano la rimozione parziale o totale dei genitali femminili esterni o altra lesione ai genitali femminili dovuta a ragioni non mediche (come la clitoridectomia, l’escissione, l’infibulazione).” Definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità – OMS
L’infibulazione è sicuramente la più conosciuta e la più feroce tra le mutilazioni genitali femminili, ma non è l’unico tipo. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ne riconosce 4: la clitoridectomia, ovvero la rimozione parziale o totale del clitoride; l’escissione, ovvero la rimozione del clitoride e delle piccole labbra; l’infibulazione, che consiste nella riduzione dell’orifizio vaginale tramite il taglio e la cucitura dei tessuti della vulva, oltre che, spesso, all’asportazione del clitoride e delle piccole e grandi labbra; e infine tutte le procedure dannose per i genitali femminili che avvengono per scopi non medici, come per esempio il pungere, il perforare, l’incidere, il raschiare o il cauterizzare l’area genitale.
Abbiamo elaborato i dati raccolti dalla World Bank per vedere quanto le pratiche siano diffuse nei vari paesi. Dal grafico possiamo vedere come la maggior parte dei paesi dove le mutilazioni sono praticate effettui l’escissione totale o parziale, mentre l’infibulazione avviene in modo maggioritario in Sudan. Quest’ultima pratica prevede spesso che una volta che la donna si è sposata essa venga “deinfibulata”. Questa pratica consiste nell’eliminazione del tessuto cicatriziale che si è formato con l’infibulazione allo scopo di liberare l’apertura vaginale sigillata, per consentire i rapporti sessuali e per facilitare il parto.
Le Mutilazioni Genitali Femminili (MGF) avvengono per motivi socioculturali legati alla tradizione o alle credenze religiose relative alla sessualità della donna, vista come un qualcosa “da contenere”. In certe comunità, la mutilazione genitale femminile è socialmente accettata e anzi viene praticata quasi sulla totalità delle bambine, dal momento che la donna è asservita all’uomo e non può avere autodeterminazione relativamente al proprio corpo e alla propria sessualità. In queste comunità, l’assenza dell’infibulazione o di una delle altre pratiche di mutilazione stigmatizzerebbe la donna e la renderebbe inadatta al matrimonio.
Laddove vengono praticate le MGF, si ritiene infatti che esse siano condizione necessaria per fari sì che la donna resti vergine fino al matrimonio e per avere la certezza che sarà fedele al marito una volta sposata. Infatti, in questi territori c’è la convinzione che le mutilazioni genitali femminili riducano il desiderio sessuale della donna (quando invece riducono o eliminano la possibilità di provare piacere durante l’atto sessuale). Queste comunità inoltre, secondo la loro tradizione, ritengono necessario eliminare certe parti del corpo femminile ritenute sporche e mascoline.
Ovviamente, nessuna mutilazione genitale femminile rende il corpo delle donne più pulito, più femminile o più sano. Al contrario, non ci sono benefici medici nel praticarla, ma sono invece molte le complicazioni sanitarie e i danni psicologici che si possono verificare a seguito delle mutilazioni, come vedremo in seguito. Inoltre, le MGF costituiscono una gravissima violazione dei diritti umani. L’UNICEF, per esempio, le definisce come una pratica discriminatoria e violante il diritto delle bambine e delle donne alla salute e alle pari opportunità. Inoltre, la loro pratica le sottopone a violenze fisiche oltre che ad abusi, torture e trattamenti inumani.
Il fenomeno è diffuso soprattutto in Africa, con ben 91,5 milioni di bambine sopra i 9 anni vittime di questa pratica, a cui bisogna aggiungere ogni anno circa 3 milioni di nuovi casi (UNICEF). I paesi in cui è maggiormente presente sono 27 solo nel continente africano, a cui è necessario sommare altri stati in Medio Oriente e in Asia come Yemen, India, Maldive, Iraq, Malesia, Emirati Arabi Uniti e Israele.
Ancora oggi, almeno 200 milioni di bambine e donne in circa 30 paesi del mondo convivono e vivranno il resto della loro vita con i genitali mutilati. Si stima che ogni giorno circa 8000 bambine siano vittima di mutilazioni genitali.
Le MGF vengono praticate principalmente su bambine tra i 4 e i 14 anni di età. Tuttavia, in molti paesi, come possiamo vedere dai grafici, è molto diffuso mutilare le bambine sotto i 5 anni, come in Yemen, Maldive, Senegal e Niger. In Yemen addirittura è diffusa la pratica di effettuare le MGF su bambine di pochi giorni di vita.
A eseguire le mutilazioni sono essenzialmente donne: levatrici tradizionali o vere e proprie “ostetriche”. Possiamo vedere dall’infografica come nella quasi totalità dei casi le mutilazioni vengono effettuate da “operatori tradizionali”.
Abbiamo visto nel racconto di Ayaan Hirsi Ali quanto le MGF possano essere dolorose e pericolose, nonché provocare gravi traumi psicologici.
Le mutilazioni genitali, spesso eseguite in condizioni poco igieniche e con strumenti non sterilizzati, possono provocare nell’immediato forti dolori, elevate perdite di sangue, febbre, gonfiore, fino a causare in alcuni casi anche la morte. Sul breve ma anche sul lungo periodo le conseguenze possono essere gravi.
Le mutilazioni possono causare alle bambine e alle donne problemi a urinare e a espellere il sangue mestruale. Inoltre, aumentano la possibilità dell’insorgenza di cistiti, di infezioni croniche e rendono spesso molto difficile il parto. Oltre a questi gravi problemi fisici, le donne che subiscono le MGF possono soffrire di problemi psicologici come depressione, ansia, stress post traumatico, bassa autostima; oltre che problemi legati alla sfera della sessualità come la già citata difficoltà nell’avere rapporti sessuali e la difficoltà o impossibilità di provare piacere durante l’atto sessuale.
Come abbiamo visto qui, anche in Italia vivono donne che hanno subito mutilazioni genitali femminili. Secondo una ricerca dell’Università di Milano Bicocca riportata da ActionAid, vivrebbero nel nostro paese tra le 61mila e le 80mila donne vittime di questa pratica orrenda. Secondo i dati rilevati, la maggior parte delle donne che vivono nel nostro paese e che hanno subito le MGF sono di origine somala (83% delle donne della comunità somala in Italia). Seguono poi altre nazionalità di provenienza tutte africane. Le vittime di MGF residenti in Italia provengono infatti anche dalla Nigeria, dal Burkina Faso, dall’Egitto e dall’Eritrea.
Il nostro paese ha approvato nel 2006 una legge per contrastare le MGF e negli anni successivi ha ratificato convenzioni europee per cercare di arginare il fenomeno o, come si spera, di porre fine a questa pratica mostruosa tramite azioni di prevenzione delle potenziali vittime e di protezione di coloro che sono state vittima delle MGF tramite strumenti legislativi e di assistenza.
Scrivo basandomi sui numeri. Mi piacciono i libri, le serie tv e i gatti.
Cosa ne pensi?