Prove INVALSI: cosa sono e perché sono tanto osteggiate

Alcuni genitori e docenti le criticano, mentre altri le vedono come un punto di riferimento valido e oggettivo. Ha senso che ci sia una così grande disparità di opinioni? Cerchiamo di fare chiarezza sulle prove INVALSI: cosa sono, chi le promuove e perché.

Da un po’ di anni i fascicoli delle prove INVALSI circolano tra i banchi di scuola, provocando ciclicamente la polemica tra studenti, genitori e insegnanti, tra chi li difende e chi vorrebbe vederli alla gogna.

Ci sarà una parte di ragione in tutto questo? Proviamo a tracciare una breve presentazione di questi test e, già che ci siamo, di come si presenteranno durante l’anno scolastico 2019/2020.

Prove invalsi: cosa sono?

Le prove INVALSI prendono il nome dall’Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema educativo di Istruzione, che le promuove e le diffonde.
L’ente è vigilato dal Miur, e annualmente propone agli alunni delle classi primarie e secondarie dei test standardizzati (uguali per tutto il territorio nazionale) atti a valutare il livello di conoscenza generale nelle materie principali: italiano, matematica e inglese.

Ad eccezione delle prove del terzo anno della scuola secondaria di primo grado, i risultati dei test non fanno media e garantiscono la privacy di ogni studente.

Ufficialmente, le prime prove nazionali INVALSI si svolsero durante l’anno scolastico 2007/2008, e prevedevano solo italiano e matematica. Solo recentemente, nel 2018, è stato introdotto il test di inglese, così come la possibilità per le scuole secondarie di completare le prove al computer e non per fascicolo cartaceo.

Prove invalsi: a cosa servono?

prove invalsi
Fonte: Pexels

Come accennato prima, le INVALSI si prefiggono l’obbiettivo di verificare il livello di conoscenze acquisite dagli studenti e, conseguentemente, la qualità dell’insegnamento fornita dal corpo docente. Si vuole fornire quindi dei dati oggettivi che potrebbero tornare utili agli istituti e ai docenti per individuare quei punti deboli da correggere nella didattica.

In base ai risultati raccolti diventa possibile tracciare, a livello statistico, una valutazione complessiva del sistema d’istruzione nazionale, lasciando quindi margini di intervento in caso di disparità tra regioni o istituti.

Prove invalsi: quando si effettuano?

A partire da marzo tutte le classi elencate in seguito sosterranno le prove INVALSI, ognuna seguendo le proprie istruzioni:

Secondo e quinto anno della scuola primaria di primo grado (gradi 2 e 5)

Compileranno le prove di italiano e matematica rispettivamente il 7 e il 12 maggio, attraverso fascicolo cartaceo.
Solo durante il quinto anno, il 6 maggio, si sosterrà il test di inglese suddiviso in reading (capacità di lettura) e listening (capacità di ascolto).

Terzo anno di scuola secondaria di primo grado (grado 8)

Il periodo temporale scelto va dall’1 al 30 aprile, e i giorni delle prove sono a discrezione dell’istituto. I test, tra cui quello di inglese, potranno essere compilati al computer.
Verrà fatta una distinzione tra classi campione e classi non-campione, le quali affronteranno le tre prove in periodi diversi ma sempre rispettando l’arco temporale previsto.

L’unico caso in cui il risultato delle INVALSI farà media all’esame del terzo anno.

Secondo anno di scuola superiore (grado 10)

Dal 5 al 23 maggio, con la suddivisione spiegata precedentemente tra classi campione e non-campione. Le prove si compileranno al computer, mentre risulta assente la prova di inglese.

Quinto anno di scuola superiore (grado 13).

Dal 2 al 31 marzo, anche qui gli INVALSI saranno completamente computerizzati. Stessa suddivisione tra classi campione e non-campione, che svolgeranno la prova in giorni diversi.
Un grande ritorno: il test di inglese.

Prove invalsi: dibattiti e polemiche

prove invalsi
Fonte: Adnkronos. Studenti in protesta davanti al Miur

Questi test non sono riusciti a evitare il mirino della polemica. Non solo degli studenti ma anche di alcuni genitori: le INVALSI, a detta loro, non valorizzerebbero le capacità uniche di ogni ragazzo, la cui persona e il proprio percorso di studio non possono essere ridotti ai risultati di un test standardizzato.

Anche gli insegnanti non si sono risparmiati: proprio perché queste prove valutano anche la qualità dell’insegnamento, essi hanno protestato contro l’uniformità del metodo, rivendicando il loro diritto della libertà d’insegnamento riconosciuto dagli articoli 33 e 34 della Costituzione.  

Tra i più appassionati oppositori vi è chi mette in dubbio persino l’anonimato che i test INVALSI promettono agli alunni. A questa osservazione risponde Giorgio Bolondi, docente di matematica alla Libera Università di Bolzano, in un’intervista pubblicata sul sito NostroFiglio.it:

Questa mi sembra l’obiezione più pretestuosa. Intanto perché il livello di privacy sui test e i questionari è elevatissimo. Nessuno, nemmeno gli uffici scolastici regionali e neppure il ministro stesso, può vedere il risultato del singolo bambino o del singolo insegnante perché i dati sono sempre aggregati. Ma soprattutto: è possibile che ci preoccupiamo dei dati sensibili solo rispetto all’Invalsi, e non quando postiamo tranquillamente i dettagli della nostra vita sui social, o quando navighiamo in rete?

La discussione continua nel gruppo privato!
Seguici anche su Google News!