Assegno di mantenimento: tutto ciò che c'è da sapere
Cerchiamo di spiegarvi nel modo più chiaro possibile (e senza usare troppi termini legali) in cosa consiste l'assegno di mantenimento.
Cerchiamo di spiegarvi nel modo più chiaro possibile (e senza usare troppi termini legali) in cosa consiste l'assegno di mantenimento.
Il divorzio è stato approvato in Italia solo nel 1970, grazie alla legge 898/1970 formalizzata al referendum del 1974, e durante il suo lungo sviluppo giuridico non ha mai avuto vita facile. Specialmente quando si fa strada il dilemma (è il caso di dirlo) dell’assegno di mantenimento.
Ma in quali casi bisogna versarlo, e a chi si accolla questo compito? Partiamo innanzitutto da una definizione generale, senza scadere tanto nel linguaggio giuridico-amministrativo.
L’assegno di mantenimento é, in sostanza, una somma di denaro che una persona corrisponde all’ex coniuge.
Si affida l’assegno alla persona che nella coppia vive la situazione economica più debole, e tale decisione è riservata al giudice oppure direttamente alla coppia separata. Difatti può essere i coniugi stessi a mettersi d’accordo sull’importo dell’assegno, sia verso la parte più debole sia verso i figli.
Ci si può accordare pacificamente su ciò attraverso una procedura stragiudiziale, la quale (a differenza dei numerosi e rigidi passaggi burocratici) è sciolta da forme e tempi del tribunale, ed è attuabile senza avvocati o consulenti legali. Diversamente, l’unica soluzione é quella di rivolgersi al giudice.
Il suo scopo è ripristinare le condizioni economiche precedenti alla separazione, in modo da consentire a entrambe le parti (nei limiti consentiti dalle possibilità del coniuge pagante, che dovrà essere messo in condizioni di provvedere anche al proprio mantenimento) lo stesso tenore di vita avuto durante il matrimonio.
In base a determinate situazioni l’assegno di mantenimento non solo non è dovuto, ma può essere addirittura revocato.
La legge al riguardo fa una netta distinzione tra l’obbligo di mantenimento nei confronti dei figli e nei confronti dell’ex coniuge: per consultare tutte le soluzioni del caso vi indirizziamo al sito studiocataldi.it, decisamente più specifico ed esplicativo di noi, che riporta codici e nomi delle leggi spiegate.
L’assegno di mantenimento viene determinato partendo dal reddito complessivo della famiglia e della necessità di assicurare una tutela al coniuge economicamente più debole e ai figli.
Tuttavia, l’importo complessivo dell’assegno può essere influenzato da numerose variabili che comprendono soprattutto i bisogni dei figli, come l’aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario e sociale. Quindi non esistono criteri oggettivi e universali per la determinazione dell’importo.
Nel caso in cui uno dei due coniugi abbia il pieno diritto di intascare l’assegno, ma l’altro non provveda alla sua consegna, è possibile inviare all’ex una diffida per invitarlo al pagamento.
Successivamente, se questo primo avvertimento non avesse sortito alcun effetto, si può procedere alla cosiddetta azione espropriativa, preceduta da un atto di precetto con una scadenza di 10 giorni prima di procedere al pignoramento dei beni mobili e immobili dell’ex coniuge.
Se la persona fa oltretutto mancare all’ex e ai suoi figli i mezzi di sostentamento, è possibile accusare il coniuge di violazione degli obblighi di assistenza familiare, reato punibile secondo l’Art. 570 del codice penale con la reclusione fino ad 1 anno, o con una multa di importo variabile da 103 a 1.032 euro.
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