Quando la normale paura di morire diventa tanatofobia e ci impedisce di vivere
La psicanalisi è fondamentale per contrastare la paura di morire: ecco che cos'è la tanatofobia, che affligge determinate categorie di persone e non solo.
La psicanalisi è fondamentale per contrastare la paura di morire: ecco che cos'è la tanatofobia, che affligge determinate categorie di persone e non solo.
La paura di morire prende il nome di tanatofobia, termine che deriva dal greco come composto di thanatos e phobos, ossia morte e paura. La questione presenta due diverse chiavi di lettura (psicologica e socio-culturale), ma al tempo stesso è ancestrale, tanto da essere stata trattata diffusamente in filosofia già ai tempi dei pensatori presocratici.
Fondamentalmente, si tratta di una forma d’ansia relativa al timore del proprio decesso o anche dal processo stesso che porterebbe alla morte. Inoltre, come riporta Medical News Today, la tanatofobia è legata ad altri disturbi, come attacchi di panico, ipocondria, disturbo post traumatico da stress, ma è differente dalla necrofobia, che è paura dei morti o dei moribondi.
La tanatofobia può essere causata da un evento traumatico legato alla possibilità di morire o alla morte di una persona cara. Possono soffrirne anche le persone gravemente malate poiché ansiose di morire.
Come spiega Very Well Mind, esistono delle cause socio-culturali che si aggiungono a quelle psicologiche della tanatofobia. Queste cause sono legate soprattutto alle credenze religiose: alcuni credono di sapere, in base a ciò che dice la propria religione, cosa accadrà dopo la morte, ma al tempo stesso si interrogano se ciò che credono sia vero.
Inoltre c’è chi ha paura che il proprio cammino verso l’eternità sia stato deviato da scelte sbagliate. Religione a parte, chi soffre di tanatofobia potrebbe corrispondere a un profilo ben preciso di cui parliamo tra poco.
Nel 2017, la Chapman University ha condotto uno studio dal titolo Survey of American Fears, scoprendo che il 20,3% degli americani ha paura o molta pausa di morire. Tuttavia, il 20% degli americani ha anche paura di parlare in pubblico, per cui il dato sulla tanatofobia può risultare in un certo modo ridimensionato.
Secondo Healthline, chi soffre di paura della morte ha un profilo ben specifico. È giovane, ha intorno ai 20 anni, perché la tanatofobia si affievolisce mano a mano che si invecchia. C’è un’eccezione per le donne, perché possono soffrire di questo disturbo d’ansia anche intorno ai 50 anni, e per chi ha genitori anziani e quindi assiste al declino delle persone che ama.
Inoltre, chi soffre di tanatofobia è solitamente una persona acculturata, che si interroga molto, oppure che soffre anche e soprattutto di problemi di salute fisica.
Giovanni Boccaccio ha esorcizzato nel Decameron la paura della morte: nel romanzo a cornice, uomini e donne si rifugiano in un casolare per sfuggire alla peste e quindi evitare di morire.
In letteratura, le storie salvano la vita da sempre e gli scrittori nel tempo hanno trattato in vari modi la tanatofobia. In particolare, i poeti della beat generation, come Lawrence Ferlinghetti, sono ricorsi all’ironia per scongiurare quest’ansia. Oppure Jack Kerouac, che scrisse lapidario in Solitudine messicana un verso che riassume la filosofia presocratica sulla tanatofobia:
Se muoio il morire è finito. Se vivo è appena cominciato.
Al di là dei metodi suggeriti dalla filosofia (tra cui la catarsi dell’arte, musica, letteratura e teatro in primis), la medicina e la psicologia presentano dei suggerimenti tangibili per superare la tanatofobia. Tuttavia, come sempre, prima di prendere iniziative, bisogna recarsi da un professionista che dia una diagnosi e passi al vaglio le possibili scelte. Ecco quali sono secondo Medical News Today.
Contro la tanatofobia, si può ricorrere alla terapia cognitivo comportamentale. Questo tipo di terapia corregge i cosiddetti pensieri e comportamenti problema e chi viene guidato dal proprio analista può trovare delle soluzioni pratiche per superare gli stati d’ansia.
C’è poi la psicoterapia tout court, che può essere effettuata con il singolo professionista o in gruppi di supporto (tra persone che soffrono per lo stesso problema).
Infine c’è la terapia dell’esposizione, in cui il paziente viene esposto gradualmente alla propria paura, riducendo l’ansia di volta in volta, mano a mano che affronta livelli sempre crescenti di ciò che teme.
Il medico può decidere di prescrivere degli ansiolitici, solitamente combinati con la psicoterapia, perché più efficaci insieme. Il farmaco agisce infatti al momento dell’assunzione, ma combinato con la terapia può avere effetti positivi sul lungo periodo.
Per chi soffre in generale di stati d’ansia è bene assumere determinati comportamenti, come evitare alcol e caffeina. Che la vostra ansia dipenda o no dalla paura della morte, le tecniche di rilassamento come il training autogeno possono portare grande sollievo al proprio animo. Bene esercizi di concentrazione (contare le piastrelle sul muro per esempio), gli esercizi di respirazione, la meditazione o la concentrazione su immagini positive (come il proprio “posto felice”).
Vorrei vivere in un incubo di David Lynch. #betweentwoworlds
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