Debora Gatti: "Leadership femminile e diversity", l'evoluzione etica del business

Come un grande gruppo ha fatto dei valori della diversity e dell'inclusione il suo tratto distintivo, invertendo il passo e dando vita a un'evoluzione culturale e del business che fa leva sui giovani, sulla leadership femminile e sulla multiculturalità. Ne abbiamo parlato con Debora Gatti, HR Corporate Banking Italy e Diversity Manager presso UniCredit.

L’incontro con Debora Gatti, HR Corporate Banking Italy e Diversity Manager presso UniCredit, purtroppo è stato un non incontro, come giusto e necessario a causa dell’emergenza coronavirus. Abbiamo sopperito con la tecnologia.

L’approccio umile, equilibrato e, al contempo, volitivo e finalizzato, è evidente sin dalla scelta delle prime parole con cui Debora Gatti traccia l’inizio del suo percorso, umano e professionale:

Le mie origini sono umili ma ricche di valori, sin dal primo momento in cui ho capito il significato dell’autonomia e dell’indipendenza, ho sempre lavorato e studiato.

Ho avuto l’opportunità di girare un po’ il mondo per capire cosa significasse lavorare all’estero misurandosi con culture e contesti diversi e poi, dopo un’esperienza in Alpitour e Manpower, sono approdata quasi per caso 17 anni fa in UniCredit. Ho svolto molte attività in Banca, nel business Corporate dalla comunicazione al marketing, nell’Hr dallo Sviluppo alla gestione.

Sono sempre stata disponibile alla mobilità, spostandomi da Verona a Bologna, lavorando poi a Milano, Roma e ora di nuovo a Milano.

Per intenderci, quando, a conclusione di intervista, le ho chiesto: A una bambina o a una ragazzina che fantastica sul suo futuro cosa augurerebbe o cosa direbbe?”, la sua risposta è stata ferma, professionale, ma al tempo stesso, profondamente umana:

Non credo direi o augurerei qualcosa di diverso da quello che direi o augurerei a un bambino.
Se sentiamo l’esigenza di fare differenze è come se stessimo implicitamente alimentando quei pregiudizi da cui ambiamo affrancarci per il loro stesso bene.

Personalmente direi loro di perseguire con grande passione e senso di responsabilità qualunque cosa desiderino perché in questo mondo nessuno ti regala nulla, che tu sia donna o uomo. Gli direi di interrogarsi ogni qual volta si sentano uguali agli altri e di non preoccuparsi mai perché diversi. Gli direi che quando qualcosa non gli piacerà l’errore più grande che possano fare è farsene una ragione perché così si vanifica l’ambizione del miglioramento.

Ma soprattutto gli direi, qualunque sia il lavoro che faranno, di non perdere mai di vista la persona che vogliono essere perché non esiste professione di vero successo che prescinda dal valore umano.

A spingermi a contattare Debora Gatti, confesso, è stato soprattutto il suo ruolo di Diversity Manager all’interno del Gruppo Unicredit per il perimetro italiano.

Parlare di disabilità in modo davvero inclusivo, senza censure e senza falsi perbenismi, fa parte della mission della nostra testata che, non a caso, da quest’anno ha chiesto a Giulia Lamarca, psicologa, formatrice aziendale e blogger con una disabilità dovuta a un incidente stradale, di portare la sua visione nella rubrica Illimitata-mente | La disabilità senza tabù.

Allo stesso modo, intervistare Debora Gatti ci ha dato l’opportunità di tentare un approfondimento competente e “dal di dentro” sugli argomenti della diversity e dell’inclusione applicati al mondo del lavoro.

Chiariamoci sulle definizioni: cos’è per lei la diversità e cosa l’inclusione?

La ringrazio per la domanda perché mi dà lo spunto per fare un po’ di chiarezza su questi due valori fondamentali che ben si inseriscono nella strategia di business, nella visione e nelle finalità della nostra azienda.
La Diversity è la differenza di idee, di opinioni, di talenti, di stili di vita, di genere e di affettività, solo per citarne alcune.
L’inclusione è lo stimolare la libera espressione di idee, l’ascoltare le differenti opinioni, il valorizzare la diversità di talenti, l’apprezzare la differenza di stili di vita, il sostenere la diversità (di genere, età…) e il comprendere la differenza di affettività.

Creare un ambiente di lavoro inclusivo significa imparare dai diversi punti di vista, rimuovere barriere e prendere consapevolezza dei propri pregiudizi. Tutti ne abbiamo e dobbiamo comprendere come, soprattutto quelli inconsci, influenzano il nostro comportamento e le nostre decisioni senza che nemmeno ce ne accorgiamo. Quando veniamo etichettati e relegati a una categoria ne risentono la nostra performance, il nostro coinvolgimento e contributo anche all’’innovazione. Per non parlare degli aspetti valoriali.

Siamo consci che non è possibile eliminare completamente i pregiudizi ma tutti possiamo imparare a riconoscerli e diventare più consapevoli può aiutarci a modificare i nostri comportamenti e, di conseguenza, quelli di chi ci sta attorno. In questo modo si costruiscono ambienti in cui si respira rispetto, equità e trasparenza.

UniCredit, l’azienda per cui lavora, organizza una “Diversity and Inclusion /Week”. Di cosa si tratta esattamente? 

Nella settimana dal 14 al 18 ottobre dello scorso anno, si è svolta la prima Diversity & Inclusion Week, un ampio programma di iniziative rivolte a tutti i dipendenti UniCredit con lo scopo di sensibilizzare e comprendere la diversità e l’inclusione a diversi livelli dell’organizzazione al fine di creare un ambiente di lavoro positivo e inclusivo, in cui ogni differenza è rispettata e dove tutti possano contribuire attivamente al successo dell’azienda.

In linea con i due valori chiave della Banca, “Etica e Rispetto”, e il principio guida “Fai la cosa giusta!” sono state pianificate, in 15 Paesi e divisioni del Gruppo, 75 iniziative tra cui workshop, testimonianze, brevi corsi di formazione e tavoli di lavoro per dare voce non solo ai colleghi ma anche alle loro famiglie, a esperti di settore e a Organizzazioni Non Governative.
Diverse le tematiche trattate, tra cui: i pregiudizi di genere, l’accessibilità delle persone con disabilità, la gestione delle differenze generazionali e il sostegno alla genitorialità.

Tra le tante iniziative, un esempio che posso citare è “In My Shoes”, la camminata al buio svolta in Piazza Gae Aulenti a Milano organizzata da UniCredit in collaborazione con l’Unione Italiana Ciechi e l’Istituto Ciechi Milano. Venti dipendenti della Banca si sono messi alla prova eseguendo un percorso di trenta minuti attorno alla torre più alta della piazza, camminando bendati con l’ausilio di un bastone e guidati da alcuni volontari dell’Unione Italiana Ciechi, sperimentando così la stessa fiducia negli altri e i medesimi ostacoli che tutti i giorni una persona non vedente deve superare nella quotidianità. L’iniziativa ha riscosso un grande successo tra i partecipanti davvero molto entusiasti dell’esperienza.

Essere donna e lavoro: parliamo di parità di genere? I dati previsionali parlano chiaro: non l’avremo neppure nel 2030.
E nel frattempo?

In UniCredit siamo consapevoli che è necessario fare un ulteriore passo in avanti in particolare sui temi di Gender Balance, e per questo sono stati individuati obiettivi sia a livello di Gruppo che al livello locale, tra cui: bilanciare la presenza femminile nelle posizioni di leadership, garantire la rappresentanza di entrambi i generi nelle short list di nomina e garantire lo stesso equilibrio anche nei processi di assunzione.

Il nostro è un percorso che inizia già nel 2009 quando UniCredit ha firmato la Dichiarazione Congiunta su “Pari Opportunità e Non Discriminazione”, confermando l’importanza strategica di creare una cultura dell’inclusione, valorizzando le differenze a tutti i livelli dell’organizzazione.
Nel 2011 è stato inoltre lanciato il Gender Balance Program e nel 2013, il Gruppo ha elaborato la propria Global Equality Policy e il relativo processo di monitoraggio, la Gender Balance Dashboard. Nel 2018 è stato costituito il Comitato “Diversità e Inclusione” per monitorare i progressi di queste iniziative.

Sottoscrivendo poi la UK Women in Finance Charter, nel giugno del 2018, la Banca si è impegnata a raddoppiare, entro il 2022, la percentuale delle donne che occupano ruoli manageriali senior raggiungendo il 20%. Coinvolgiamo le nostre persone in diversi programmi di leadership e in specifiche iniziative per lo sviluppo individuale, ambendo a una equa rappresentanza di donne e uomini nei programmi con l’idea di dare loro una identica base da cui progredire all’interno dell’organizzazione.

A novembre dello scorso anno, insieme a Valore D, UniCredit ha lanciato il programma di mentoring WeFly®, con l’obiettivo di ingaggiare le donne del middle management per supportarle a esplorare percorsi di una carriera internazionale.
Attraverso attività di mentoring internazionale, le partecipanti vivono l’esperienza di entrare in contatto con culture professionali diverse dalla propria, così da poter accrescere e arricchire il proprio stile manageriale. Il progetto si avvale di un forte network e scambio di idee tra le aziende e i vari Paesi coinvolti. La strada è ancora lunga, ma siamo animati dalla convinzione di aver intrapreso la giusta direzione.

Le è mai capitato di “pagare il prezzo” di essere donna o di appartenere a un altro tipo di minoranza?

Nel mio percorso in UniCredit mi sono misurata spesso con contesti in cui la leadership manageriale era principalmente maschile ma non posso dire di essere stata per questo discriminata. Se penso all’inizio del mio percorso professionale più che la diversità di genere mi viene in mente la diversità di età.

Le Banche sono contesti molto professionalizzati in cui la leadership è spesso frutto di tanta esperienza e, per contro, l’essere giovani in questi contesti – in passato – non sempre è stato un vantaggio per chi aveva l’ambizione di “bruciare qualche
tappa”.
Queste riflessioni però mi danno la misura della grande evoluzione culturale che UniCredit è stata in grado di sviluppare al suo interno. Oggi far leva sui giovani, sulla leadership femminile e sulla multiculturalità – solo per fare alcuni esempi – viene percepito in azienda come un grande valore da infondere e coltivare.

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