Ci eravamo tanto amati… Prima del lockdown. Lo avevamo detto, il rischio che anche in Italia, come già successo in Cina, il numero dei divorzi aumentasse con la fine della quarantena era tutt’altro che remoto, e le prime stime, seppur non ufficiali, confermano il timore: ci sarebbe stato un aumento addirittura del 30% delle richieste di separazioni.

Chi si è detto addio una volta tornata la possibilità di uscire dalla propria abitazione? Principalmente coppie già in crisi, che non hanno retto alla prolungata distanza oppure alla convivenza forzata, ma anche – pur se in minima parte – chi era convinto di vivere una storia d’amore idilliaca e invece si è trovato a fare i conti con la realtà. Della serie “pensavo fosse amore, invece era un calesse”, per citare il titolo di un famosissimo film di Troisi.

Piccole manie, difetti, tic e vizi del partner che si conoscevano da una vita sono diventati tutto a un tratto insopportabili dovendoli vivere h24, impossibilitati a uscire per andare al lavoro o anche solo per sbrigare delle commissioni; ma c’è anche chi non ha retto all’idea di dover sopportare solo la moglie o il marito, dovendo rinunciare… All’amante. Con le conseguenze nefaste del caso, come messaggi e chat compromettenti scoperte su telefoni e computer del partner.

Del resto, la pandemia di Coronavirus ha rappresentato davvero una dura prova per la nostra psiche; e così, anche il nostro Paese segue l’esempio della Cina, dove, soprattutto in alcune province, come Sichuan, o Shanxi, le domande di separazione sono aumentate considerevolmente dopo il Coronavirus. A Dazhou, città nel sud-ovest della provincia del Sichuan, ci sono state quasi 100 domande di divorzio in meno di tre settimane. In un altro ufficio a Xi’an, una grande città del nord, è stato addirittura creato un sistema di appuntamenti per scaglionare le coppie che intendono chiedere il divorzio.

A seguito dell’epidemia, molte coppie sono state costrette a una convivenza stretta per oltre un mese, il che ha fatto emergere dei conflitti latenti. Di solito l’ondata di divorzi c’è dopo la Festa di Primavera e l’esame di ammissione all’università”, ha spiegato Wang, un funzionario.

Una situazione analoga si è verificata nel distretto di Yanta, dove sono stati imposti cinque appuntamenti giornalieri al massimo per discutere di divorzio.

Consapevoli di questi dati, avevamo previdentemente chiesto alla dottoressa Cristina Colantuono, psicologa che da diverso tempo collabora con noi, di fornirci alcune risposte alle questioni più frequenti riguardanti proprio le conseguenze che il Coronavirus avrebbe pituto avere sui rapporti di coppia e sui matrimoni.

Gli elementi alla base delle discussioni

L’elemento di contrasto principale è proprio la convivenza forzata e la condivisione degli spazi; si aumenta giocoforza la frequentazione col partner e aumentano quindi le possibilità di arrivare a un diverbio.

Sbaglia però chi pensa di poter dire alle coppie di lunga data ‘Ma non sapevi che lui/lei avesse questi difetti?’; è una domanda trabocchetto, che parte dal presupposto che una persona resti sempre la stessa nel corso degli anni. Cosa non vera, dato che ogni coppia affronta varie fasi nella propria vita, di solito riconducibili a convivenza, matrimonio, arrivo dei figli, abbandono da parte dei figli della casa di famiglia. Questi sono tutti micro – traumi che possono, alla lunga, indebolire le basi su cui la coppia si fonda, se non si è disposti a imparare ad adattarsi reciprocamente ai cambiamenti. Paragonandolo a una casa, se il matrimonio ha fondamenta di cemento reggerà, ma se invece è solo una bellissima casa senza sostanza allora crollerà inevitabilmente.

Teniamo conto che in un’unione ci sono dei must, la stima reciproca, la comunicazione e i suoi segreti, l’affetto, tutte cose che la vita frenetica che di solito conduciamo ci porta a mettere da parte, o a sottovalutare. Ritrovarsi dopo una giornata di lavoro, cenare in silenzio e andare a letto non significa ‘convivere’, ma solo abitare assieme a un’altra persona, che potrebbe essere chiunque. La qualità del tempo speso assieme è importantissima“.

Il sesso che (non) aiuta

C’è chi parla di Covidivorces, proprio per sottolineare quanto le richieste di separazione possano aumentare dopo la quarantena, e chi invece di Covibabies, sottolineando che le gravidanze che, complici la quarantena, potrebbero moltiplicarsi. Ma questo, spiega la dottoressa Colantuono, non è del tutto vero, così come non è vero che il sesso rappresenti sempre un ottimo palliativo per appianare le divergenze e dimenticare i litigi. Neppure in tempo di Coronavirus.

Anche questo aspetto è inevitabilmente condizionato dal momento che stiamo vivendo – spiega la dottoressa – per avere un rapporto appagante dobbiamo essere psicologicamente rilassati, e in questa situazione non sempre è facile esserlo. Diciamo che è una questione molto soggettiva. Inoltre alcuni potrebbero anche avere preoccupazioni legate alla gravidanza, le donne potrebbero non volerla perché intimorite dalla situazione di emergenza e dalle possibili ripercussioni future, gli uomini perché incerti rispetto alla loro situazione lavorativa, ad esempio.

Imparare a cambiare una vita che non ci piace

In un articolo sul New York Times La dottoressa Lucy Atcheson, psicologa londinese, ha affermato che questa situazione sarebbe potuta servire per riconsiderare la propria vita e prendere decisioni anche drastiche, quali appunto quella di troncare con una relazione insoddisfacente, perché la conclusione cui si arriva è sostanzialmente che “la vita è una sola”.

Sì, assolutamente sì, può scattare questo – dice la dottoressa Colantuono – la mia speranza è proprio che rendersi conto di quanto è breve la vita possa darci maggiore spinta per cambiarla, o per goderne appieno, se ne siamo contente.

L’emergenza ci ha insegnato che non abbiamo tutto questo potere sulle nostre vite, che quando veniamo privati dei nostri bisogni primari, come uscire, stare all’aria aperta, incontrarci con i familiari o gli amici, le conseguenze sono davvero nefaste”.

E se la pandemia invece ci facesse ripensare al nostro matrimonio?

Ci sono però anche storie “controcorrente”, come quella di Zeynep Boztas, una donna di Istanbul che intendeva separarsi dal marito dopo 12 anni di matrimonio appena prima che scoppiasse la pandemia, ma che ha accettato di restare con lui nella stessa casa pensando proprio alla situazione di emergenza.

Non è strano, il momento di emergenza può anche farci tornare indietro, sentire il bisogno di vicinanza dell’altro. Quando ci viene meno la vicinanza con gli altri ci focalizziamo sulle persone più vicine, e spesso possiamo riscoprire anche cose che credevamo sopite. In una coppia sono fondamentali affetto, passione e impegno, ma soprattutto quest’ultimo, riguarda proprio la volontà di perseguire degli obiettivi insieme. L’affetto può mutare, anzi lo fa, ma è proprio l’impegno a far capire che vale ancora la pena dare un’opportunità a una storia“.

Il dramma delle vittime di violenza domestica

Chi certamente soffre moltissimo per la convivenza forzata sono le donne vittime di violenza, ma la dottoressa teme che neppure una situazione del genere le spinga a un cambiamento.

“Purtroppo si innescano delle dinamiche talmente profonde e complesse che nemmeno una situazione del genere può cambiare le cose, molti uomini violenti costringevano già prima le donne a un isolamento forzato, perciò per loro, paradossalmente, non esistono grosse differenze. Deve scattare qualcosa in loro che le induca a togliersi da quella situazione, come il coinvolgimento dei figli, ad esempio, ma è chiaro che si tratta di situazioni soggettive e non universalmente valide.

Come provare a conciliare le cose

Non è certo una domanda semplice, anche perché ci sono situazioni talmente esacerbate da essere definibili come irrecuperabili. Tuttavia, in molti casi un tentativo si può fare.

Secondo me il segreto sta sempre nella comunicazione, è uno dei mezzi più potenti per arrivare al cuore dell’altro e rendere palese tutto ciò che è nascosto, e in una coppia è fondamentale. Tante situazioni si basano proprio sul non detto, sulle incomprensioni, perché nella normale routine non si ha neppure il tempo per ‘investire’ su una storia che si ritiene sia giunta al capolinea, ma in questa situazione io credo che si possa invece tentare di approfondire alcune situazioni, chiarire dei concetti e, perché no, armarsi anche di empatia. Mettersi insomma nei panni dell’altro, o almeno provare ad analizzare le cose da un’altra prospettiva, abbandonare le posizioni vecchie e aprirsi anche ad argomenti nuovi“.

Quindi, se non avete ancora deciso di divorziare – gli avvocati, tempestati di telefonate e messaggi WhatsApp, stanno provando a chiedere a tutti gli aspiranti clienti se la scelta di separarsi non sia dovuta solo a un raptus d’impeto – potreste tentare la strada suggerita dalla dottoressa Colantuono. In caso contrario, potete sempre dire che il vostro è stato un amore da “finché lockdown non ci separi”.

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