Ginarchia: la follia della supremazia delle donne sull'uomo
Se il maschilismo è folle, altrettanto lo è la ginarchia, la teoria che sostiene la supremazia assoluta delle donne basandosi su ragioni pseudo scientifiche.
Se il maschilismo è folle, altrettanto lo è la ginarchia, la teoria che sostiene la supremazia assoluta delle donne basandosi su ragioni pseudo scientifiche.
La ginarchia, ovvero la forma di governo o di società nella quale il potere è in mano alla donna, ritenuta superiore all’uomo, non ha nulla a che fare con il femminismo, nonostante alcuni movimenti femministi in passato abbiano sostenuto in qualche modo la necessità di escludere l’uomo dalla lotta femminista, e a essere importante non è la lotta di potere, piuttosto il riconoscimento di uguali diritti nella specificità delle differenze di genere.
Uno dei libri più esemplificativi è La ginarchia, della francese Aline D’Abrant, che ben chiarisce il concetto di supremazia delle donne e gli auspici delle ginarchiche.
È inutile per il maschio tentare di giustificare la sua stessa esistenza – si legge nel capitolo introduttivo – Senza la Donna non è nulla. Egli non può ne venire al mondo ne sopravvivere ne riprodursi ne sperare di raggiungere la felicità.
Quando l’uomo infine, si accorge del suo errore di percorso, nei secoli durante i quali ha detenuto le redini del potere, quando il mondo si trova per suo destino al limite dell’esplosione o della disintegrazione, il maschio della specie umana deve abbandonare la sua partita e affidare umilmente il suo destino alle mani delle sue Sorelle superiori.
E ancora:
La ginarchia è una legge dettata da Madre natura. Come prova è sufficiente pensare ai costumi di vita di qualche animale tra i più noti. Ne citiamo alcuni a titolo di esempio, la Mantide religiosa, il cui nome della specie è rimasto nel vocabolario corrente per designare la Donna fatale, la Femmina sopprime o divora il maschio dopo l’uso. Ogni Donna, ogni femmina, è poco o tanto una mantide religiosa.
Le ginarche contemporanee sono ben persuase di ciò, ma a sostegno delle loro tesi, non c’è che la Femmina di questo insetto. In effetti, molti animali hanno scelto la Ginarchia o subiscono la legge delle Femmine della specie:
a) della donna fatale e della femmina divorante:
nei ragni, la differenza di taglia tra i partner dei due sessi è così pronunciata che la femmina rischia diverse volte di confondere il maschio minuscolo con uno della sua prole,
anche durante i preliminari, quest’ultimo deve approcciare la sua bella in modo da non farsi schiacciare, a pena di finire come spuntino. La copulazione non dura che ½ secondo e il maschio è interessato a campare ancora a lungo, ma spesso, la femmina, più grande e più rapida, non gli lascia alcuna possibilità.
Come spesso accade quando si tenta di provare la supremazia di una specie sull’altra (così è accaduto anche durante il nazismo, ad esempio), anche chi è seguace della ginarchia porta avanti teorie pseudoscientifiche per “dimostrare” l’intrinseca superiorità biologica delle donne. Queste sono alcune delle più diffuse.
Diverse sono le tesi portate avanti per sostenere la ginarchia, alcune su basi evoluzionistiche o biologiche, e usando criteri (un esempio? La longevità femminile rispetto agli uomini) che mirano a sottolineare la superiorità delle donne. Queste sono alcune delle più diffuse.
Questa teoria si basa sull’idea che il percorso di sviluppo femminile sia, di default, quello dei mammiferi (in assenza del cromosoma Y); in realtà, gli umani si sono evoluti da animali che avevano già due sessi, e l’attribuzione del sesso negli animali è qualcosa di piuttosto “casuale”; in alcuni animali (come uccelli e farfalle) il processo di sviluppo è al contrario, con il percorso maschile di default e con le femmine con un equivalente del nostro cromosoma Y (chiamato W), eppure nessun biologo osa dire che i maschi di quelle specie siano esistiti prima delle femmine, sulla base di questa informazione.
In biologia, l’essere maschi o femmina è definito dalle dimensioni relative dei gameti, e inoltre le ginarchiche che sostengono questa tesi non menzionano il fatto che, proprio per il fatto di essere “nate prima”, alcune teorie maschiliste indichino le donne come incomplete.
Un’altra teoria si basa sul fatto che il cromosoma Y sia più piccolo del cromosoma X (di cui le femmine hanno una copia in più): questo fatto spiegherebbe la superiorità femminile e il fatto che gli uomini non siano che “femmine interrotte”.
Alcune suprematiste femminili evidenziano anche il fatto che il cromosoma Y si stia lentamente accorciando, e usano questa teoria per spiegare che, presto, i maschi spariranno del tutto. Per loro questa è la dimostrazione lampante che la natura preferisca le donne, e quindi le preservi. Ovviamente, sappiamo che in realtà la selezione naturale investe equamente in entrambi i sessi e, se il cromosoma Y dovesse effettivamente sparire, un meccanismo genetico diverso garantirà comunque la sopravvivenza maschile.
Longevità e minor suscettibilità a disturbi di sviluppo collegati al cromosoma X, queste sono le due “prove” di questa teoria. Maschi e femmine hanno tradeoff evolutivi diversi, da cui dipendono anche le differenti caratteristiche biologiche. Come è folle pensare che i maschi siano superiori perché fisicamente più forti, meno vittime di malattie autoimmuni, e dotati di una soglia del dolore più alta, lo è altrettanto pensare che le donne siano superiori agli uomini perché, statisticamente, vivono di più.
È ovvia l’assurdità di questa affermazione, dato che nessuna donna si riproduce per partenogenesi. Per garantire la sopravvivenza e la prosecuzione delle specie di mammiferi sono necessari maschio e femmina, questo è chiaro. E se pensiamo che solo alle femmine di ogni specie spetti il compito di portare avanti la gravidanza, ci sbagliamo: nella famiglia dei Syngnathidae (pesci ago e cavallucci marini) la femmina depone le proprie uova non fertilizzate all’interno della tasca ventrale del maschio, che porta avanti la gestazione e partorisce.
Se ai maschi viene concesso di avere forza fisica, alcune teorie suprematiste suggeriscono però che l’intelligenza sia dalla parte delle donne. Ma in realtà gli studi condotti sulle differenze di genere in questi campi sono complessi e spesso incompleti; inoltre, molte stime psicometriche affermano che uomini e donne siano complessivamente equivalentemente intelligenti e che le differenze cognitive, dove esistono, sono piccole e con un grande overlap.
Chi sostiene le tesi della ginarchia auspicherebbe ovviamente una società organizzata completamente su basi matriarcali, e per dimostrarne l’efficacia cita esempi come le culture matriarcali dei Minangkabau, in Indonesia, che con circa quattro milioni di persone è una delle società matrilineari più grandi di sempre. In questa organizzazione comunitaria i figli ereditano la posizione sociale della madre, i novelli sposi si trasferiscono nella regione di appartenenza della moglie e si occupa dell’educazione della prole, pur se accompagnata da uomini della sua stessa linea di discendenza.
In realtà, e volendo comunque sottolineare la differenza tra un matriarcato come quello Minangkabau, comunque basato sulla collaborazione uomo – donna, e le teorie ginarchiche, maschilista è anche dichiarare od ostentare continuamente la superiorità femminile. Come scrive Alice Oliveri in un articolo per The Vision
[…] sottolineare una presunta superiorità non fa altro che confermarne un’altra. Per millenni il ruolo del genere femminile all’interno della società Occidentale è stato formato all’insegna della subalternità rispetto a quello maschile, e questo è abbastanza chiaro a tutti. […] Nel momento in cui un uomo si ritrova a dire che le donne sono superiori, sta riportando a galla esattamente tutti quei millenni di storia in cui non è stato così: perché mai un genere dovrebbe essere migliore dell’altro?
Insomma, questo atteggiamento paternalistico e un po’ sornione con cui molti uomini sembrano “arrendersi” alla maggiore intelligenza, preparazione, competenza o forza femminile non sembra essere altro che il contentino con cui il genere maschile prova a cancellare secoli di tenace patriarcato e di ostinato maschilismo, cercando di nascondere sotto il tappeto il fatto che tracce di entrambi si riscontrino ancora in moltissimi aspetti della nostra società: nel divario salariale, ad esempio, nella diffidenza con cui si guardano le donne che ambiscono o ricoprono una certa posizione professionale, nelle domande insistenti ai colloqui di lavoro su velleità matrimoniali o di maternità che, invece, non toccano praticamente mai gli uomini.
Come ci ha detto il poeta Guido Catalano in questa intervista, “non è necessario essere uomini per essere femministi“: il che, tradotto, significa che non si deve nascere per forza di sesso femminile per trovare scandaloso il fatto che il diritto al voto, all’aborto, a non sposare il proprio stupratore siano conquiste raggiunte dalle donne solo nel XX secolo. E che, tutt’oggi, si colpevolizzino le vittime di violenze sessuali o si considerino ancora le mestruazioni come un tabù da tacere e per cui ostracizzare le donne dalla società.
Proprio come non serve nascere neri per essere contro il razzismo.
Femminismo, che è ben diverso dalla ginarchia che pretende di giustificare un’egemonia esclusiva sulla base di pseudo ragioni scientifiche, biologiche o fisiologiche, e in un certo modo di “mascolinizzare” le donne, assurgendole al ruolo di esseri superiori.
Giornalista, rockettara, animalista, book addicted, vivo il "qui e ora" come il Wing Chun mi insegna, scrivo da quando ho memoria, amo Barcellona e la Union Jack.
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