Un ex o qualcuno ha tue foto intime e temi possa diffonderle? Ecco cosa fare
Il Revenge Porn è un fenomeno che preoccupa su ampia scala: così l'avvocata Cathy La Torre ha messo in campo un ottimo strumento legale per tutti.
Il Revenge Porn è un fenomeno che preoccupa su ampia scala: così l'avvocata Cathy La Torre ha messo in campo un ottimo strumento legale per tutti.
Il Revenge Porn è un problema che preoccupa e affligge molte persone. Come funziona? Può capitare che si conosca una persona, in maniera virtuale o più tradizionale. Può capitare che la si frequenti, che ci sia uno scambio di foto o video sexy – il cosiddetto sexting – o può capitare di essere fotografati o ripresi in momenti intimi. Quando la relazione, occasionale o continuativa che sia, termina, il rischio è che chi è in possesso di foto o video dell’altrui intimità possa diffondere tutto.
Questa diffusione è massiva. In questi primi quattro mesi del 2020 si è parlato spesso di gruppi social e chat in cui vengono diffuse immagini di propri ex o di proprie ex senza il loro consenso. Uno dei social maggiormente sotto accusa è Telegram, dove proliferano gruppi, a maggioranza maschili, in cui donne di tutte le età sono messe alla berlina per il solo fatto di avere avuto in passato (o anche nel presente) una relazione con uno degli utenti che fanno parte di uno di questi gruppi. Ma come si fa a proteggersi?
Quello che viene postato su Internet resta su Internet. Ogni foto e ogni video può prendere un percorso inaspettato, finire su siti, su piattaforme pornografiche, migrare di social in social, di gruppo in gruppo, di utente in utente. La vicenda accaduta a Tiziana Cantone dovrebbe in qualche modo spaventarci: ancora oggi il video di Tiziana, che si è suicidata in seguito alla diffusione di un suo video intimo, è probabilmente da qualche parte su Internet, nell’archivio di qualche smartphone o nella cronologia di un computer.
E allora cosa si può fare? Una proposta costruttiva giunge dall’avvocata lungimirante Cathy La Torre, che da tempo si occupa di diritti delle cosiddette minoranze e che ha suggerito di diffidare coloro che possiedono nostre foto o video, intimi o non intimi, dal diffonderle. E inoltre di chiederne la cancellazione su ogni device in possesso. Per farlo basta un semplice messaggio su WhatsApp in cui ci si appella il diritto all’oblio e si promette che si attenderanno 30 giorni affinché tutto sia in regola, dopo di che si agirà per vie legali. In Italia c’è infatti una legge che tutela le presunte vittime di Revenge Porn grazie al Codice Rosso. La pena può andare da 1 a 6 anni di reclusione e una multa da 5mila a 15mila euro. Il suggerimento di Cathy La Torre è stato diffuso sui suoi canali social.
Visualizza questo post su InstagramUn post condiviso da Cathy La Torre (@avvocathy) in data:
Come riporta Wired, la situazione è assolutamente preoccupante. Esistono su Telegram delle chat in cui gli uomini si scambiano foto di donne con cui sono stati, donne con cui sono ancora impegnati in una relazione, “amiche” (lo mettiamo tra virgolette perché se un uomo fa certe cose non è certo un amico), ma anche figli, maschi e femmine che siano. Foto e video sono accompagnati da commenti aberranti, richieste di consiglio su come stuprare i propri figli e cose di cui forse non immagineremmo mai un essere umano capace.
Le persone che compiono queste azioni si sentono protette dal presunto anonimato, celate dietro a nickname che ricordano serie televisive. Ma su Internet, ovviamente, nessuno è anonimo, tutto può essere tracciabile, sia in base alla propria registrazione sia in base ad altri dati per cui la polizia postale può sempre risalire al responsabile di questi atti che fanno paura solo al parlarne. Eppure il Revenge Porn è tutt’altro che un fenomeno isolato: questo dei gruppi Telegram è solo l’ultimo tassello di un’ampia cronaca sull’argomento.
I dati diffusi da Eurispes parlano chiaro. A essere colpite da Revenge Porn sono 1 persona adulta su 10 e la percentuale aumenta quando la vittima è un minore. Oltre il 30% di questi adulti subisce il Revenge Porn dall’attuale partner, mentre quasi il 40% lo subisce da un ex. Tra i minori, il 58% delle vittime ha subito pressioni per inviare materiale intimo e in gran parte queste pressioni sono giunte da persone della propria cerchia in famiglia, tra gli amici o a scuola. Il 51% delle persone colpite finisce per meditare il suicidio, anche perché spesso non viene condivisa solo la foto di qualcuno, ma anche i dati personali, nel 50% dei casi del nome e link ai profili social, nel 20% dei casi anche di indirizzi mail e numeri telefonici.
Il Revenge Porn – ha spiegato Roberto De Vita, presidente dell’Osservatorio Cyber Security di Eurispes – ha raggiunto, negli ultimi anni, proporzioni allarmanti. I casi di cronaca e gli studi che hanno analizzato il fenomeno della diffusione non consensuale di immagini private a sfondo sessuale a scopo di vendetta evidenziano il rischio di una esposizione generalizzata: nessuno è escluso, dagli adolescenti fino ai rappresentanti delle Istituzioni, passando per personalità pubbliche e per cittadini comuni.
Vorrei vivere in un incubo di David Lynch. #betweentwoworlds
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