"Valeria", l'insostenibile assenza di un orgasmo
Alle millenial il compito di riscattare tutte le intellettuali del mondo, in nome di una solidarietà tra donne che vede nei piaceri del sesso l'imprescindibile condizione per essere una coppia.
Alle millenial il compito di riscattare tutte le intellettuali del mondo, in nome di una solidarietà tra donne che vede nei piaceri del sesso l'imprescindibile condizione per essere una coppia.
Uomo pigro e senza coraggio, per te non c’è più scampo. Come dimostrano gli 8 episodi di Valeria, serie tv spagnola disponibile su Netflix, la giovane donna del nuovo millennio, ancora attratta dal maschio misterioso, dal Lui affidabile, sensibile, che rimane accanto nella buona e nella cattiva sorte, adesso non torna più.
A muovere le fila, in quel solco aperto ormai da 20 anni dalle protagoniste di Sex and the City – di cui il prodotto spagnolo è un po’ la declinazione in salsa madrilena – non solo il desiderio ma il sesso tout court. Se a letto non funzioni, non funzioni neanche nella vita.
Di rimando, le pratiche possibili – e vocabolario annesso, da tempo sdoganato – ci sono tutte, dalla masturbazione alla fellatio fino al cunnilingus. Le millennial permettono tutto, tranne il rifiuto reiterato e una copula di 3 minuti.
Si può scegliere il poliamore, rivendicare soddisfazione per il proprio essere multiorgasmiche, pretendere penetrazione durante la gravidanza a maschi sempre più spaventati: da quando la donna ha scoperto il piacere non abbandonerebbe più il letto coniugale per un Léon o un Vronskij di cui non abbia prima testato le doti amatorie.
Solo nel 1996, Luis Sepúlveda scriveva in quel piccolo gioiello che è Diario di un killer sentimentale: “Voleva diventare una traduttrice e come tutte le intellettuali era abbastanza ingenua da bersi qualunque storia“. Valeria, eroina nata dalla penna di Elísabet Benavent nel 2013, che legge Jane Eyre, Orgoglio e pregiudizio e Anna Karenina, riscatta gran parte delle intellettuali: magari si beve ancora qualsiasi storia, ma a patto che almeno un orgasmo sia assicurato.
Da Piccole donne in poi, lo schema femminile a 4 si ripete pressoché identico da un secolo e mezzo, declinato a seconda dei nuovi costumi e delle nuove regole sociali: l’intellettuale (di solito la protagonista), la romantica, la pratica e la matura.
Quattro tipologie femminili che nella loro amicizia trovano la propria completezza. Così in una immaginaria discendenza, si va da Joe March alla Carrie Bradshaw di Sex and the City fino a Valeria Férriz: scrivono e sono divise tra due amori. Scalpitano rispetto alle norme le discendenti di Amy, che all’approcciarsi del nuovo millennio scoprono nel potere del sesso la chiave per essere nel mondo (Samantha Jones e Lola); romantiche e sognatrici le donne che sopravvivono a Beth (Charlotte York e Carmen); consce del loro posto nella società, combattute tra lo status quo e quello che avrebbero voluto essere le nuove Meg (Miranda Hobbes e Nerea). Unica vera novità, l’entrata in scena da protagonista della comunità LGBT, non più soltanto l’immancabile amico gay che consiglia il paio di scarpe da comprare.
Tutto già visto, insomma, ma la serie Netflix – completamente priva del glamour che caratterizzava la serie newyorchese – può avere il merito di regalare alle venti-trentenni di oggi dei personaggi in cui identificarsi, come fu per le venti-trentenni della fine degli anni Novanta nei confronti dei personaggi creati da Candace Bushnell.
Il messaggio più vero e più bello? La sorellanza, quella solidarietà tra donne che valica i confini della consanguineità, c’è ed è un sentimento profondo e indistruttibile, che nasca nel New England, a New York, Madrid o persino Timbuctù. Triste quella donna che non ha delle amiche; il resto, sesso compreso, può venire dopo.
Ancora un prodotto al femminile: Valeria, che ha debuttato l’8 maggio su Netflix con l’intera prima stagione, basata sui romanzi di Elísabet Benavent è creata da Aurora Gracià, Almudena Ocaña e Fernanda Eguiarte, sceneggiata da María López Castaño e diretta da Inma Torrente e Nely Reguera.
La protagonista è Diana Gómez, già vista nel ruolo di Tatiana (la fidanzata di Berlino) ne La casa di carta, altra produzione spagnola di gran successo. È Valeria, scrittrice in crisi di cuore e di lavoro, a causa della mancanza d’ispirazione e un rapporto difficile col marito Adrian. L’unica certezza della sua vita è il suo consesso di amiche del cuore: Carmen (Paula Malia), Lola (Silma López) e Nerea (Teresa Riott).
Scontate nuove stagioni qualora i numeri dovessero decretare il favore del pubblico televisivo nei confronti delle avventure delle 4 amiche madrilene: Elísabet Benavent, infatti, ha scritto a oggi 4 romanzi dedicati a Valeria. Il primo romanzo della serie dal titolo En los zapatos de Valeria, è stato pubblicato dall’autrice nel 2013 su una piattaforma digitale. Qualche mese dopo firmava un contratto editoriale per la pubblicazione del romanzo. Quattro anni più tardi l’intera serie è stata venduta in diversi Paesi, Italia compresa (pubblicata da Rizzoli).
Antropologa sedotta dal giornalismo e dal cinema ha da tempo fatto sua una frase di Proust: “Sentivo che le cose stavano per mettersi male e ripresi precipitosamente a parlare di vestiti”.
Cosa ne pensi?