Benaltrismo: la manipolazione di chi non ha argomentazioni ma finge di averne
Scopriamo cos'è il benaltrismo, la sottile arte del “ben altro” e del cambiare discorso a discapito di qualcun altro.
Scopriamo cos'è il benaltrismo, la sottile arte del “ben altro” e del cambiare discorso a discapito di qualcun altro.
La tendenza a spostare l’attenzione da un argomento all’altro per deviare la conversazione verso un punto diverso, e magari più comodo, da quello di origine. Un modo di fare estremamente diffuso, soprattutto in chi non ha argomentazioni o in chi non vuole o non sa dare una risposta e preferisce screditare il comportamento altrui per non dover rendere conto del proprio.
Ma vediamo meglio cos’è il benaltrismo e perché possiamo considerarla come una “malattia” moderna.
Quando si parla di benaltrismo si intende l’abilità o la propensione di alcune persone a spostare un discorso da un argomento a un altro. Un modo per indirizzare il più velocemente possibile la conversazione da un tema che si ritiene “scomodo” o non meritevole di attenzione, verso uno che si considera oggettivamente più importante.
Un benaltrista, infatti, mira a veicolare l’attenzione della persona con cui sta parlando verso un argomento diverso, che metta in secondo piano la domanda, il problema o qualunque cosa a cui gli viene chiesto di rispondere. Soprattutto quando non ha nessuna voglia di farlo.
La ricerca di qualcosa di più urgente o importante, di uno stato di salute peggiore, di un comportamento più o altrettanto negativo. Un modo, quindi, per sminuire o togliere l’attenzione da un soggetto screditando o esaltando qualcosa o qualcun altro.
Ma da dove arriva questo termine? La parola benaltrismo è da attribuirsi al giornalista e scrittore italiano Gianni Mura, che la coniò e utilizzò inizialmente in ambito calcistico per poi sdoganarla in tutti gli altri ambiti.
Un modo di dire tutto italiano, quindi, e profondamente radicato nei comportamenti e nella cultura del nostro Paese. Un termine che descrive un atteggiamento estremamente diffuso, molto più di quanto si possa pensare.
Non è per nulla raro, infatti, ritrovarsi in una discussione in cui viene fatto del benaltrismo e non sono per nulla rare le persone che, non avendo argomentazioni valide da sostenere, manipolano la conversazione fingendo di averne. Pensiamo per esempio alla politica, allo sport o alla salute. Temi come questi si prestano benissimo a rapidi cambi di discorso (che spesso si traducono in niente) e sono la culla del benaltrismo.
Ma vediamo quali sono le tipiche situazioni in cui si può assistere a questo veloce scambio di battute capitanate dal “ben altro”.
Come detto il termine benaltrismo è stato utilizzato per la prima volta in ambito sportivo. Ed è proprio in discussioni di questo genere che i benaltristi trovano terreno fertile. Pensate, per esempio, allo sport più chiacchierato in Italia, il calcio. Non è raro sentire frasi del tipo “E allora perché non parlare dei due rigori che non stati dati all’altra squadra?” o ancora “Ok forse era fallo, ma loro ne hanno fatti due prima”.
Frasi comunissime che mirano a distogliere l’attenzione dalla possibile pecca di una squadra screditando l’altra. E questo, ovviamente, non riguarda solo il calcio ma tutti gli sport, a qualunque livello.
Un altro ambito in cui il benaltrismo è parte integrante di quasi ogni conversazione è la politica. Alcune trasmissioni televisive ne fanno il loro cavallo di battaglia invitando esponenti dell’una o dell’altra parte che, a suon di benaltrismo, si puntano il dito contro a vicenda alla ricerca del peggio. Pensate solamente alla tipica frase “e allora il partito X?” oppure “noi abbiamo fatto questo però loro due anni fa hanno fatto quello”.
Una lotta continua a chi ha fatto di peggio in un girotondo infinito di cambi di discorso, mirati unicamente alla svalutazione dell’avversario per distogliere l’attenzione dalle proprie mancanze o difetti.
Ebbene sì. Per quanto poco carino possa essere, anche quando si parla di salute si può cadere nel benaltrismo. E nemmeno così di rado. Basta rendersi conto di quello che accade quando si domanda a qualcuno “come stai”. Che sia un semplice raffreddore, un mal di schiena molto forte o qualcosa di più grave, ci sarà sempre qualcuno che vi dirà che suo cugino/a, un suo conoscente o lei/lui in prima persona, stanno peggio di voi.
Come se il vostro male non fosse nulla confrontato con quello di qualcun altro. Un modo per dire che non avete il diritto di lamentarvi (o anche solo di rispondere sinceramente a una domanda).
Sul rispetto delle regole e delle buone maniere si potrebbe parlare per intere pagine. Quante volte, infatti, si tende a minimizzare il proprio comportamento accusando o puntando il dito contro quello di un altro? Lo si fa in famiglia, tra amici, tra sconosciuti. Provate a ricordarvi, per esempio, quando da bambini durante una sgridata dei vostri genitori avete tentato di spostare la loro attenzione su qualche marachella fatta da vostro fratello o sorella.
Un atteggiamento ingenuo a quell’età, che diventa volontario e mirato quando si è adulti. Se non si paga il parcheggio ci si giustificherà dicendo che però tizio ha parcheggiato in doppia fila. Se non si chiede o si fa lo scontrino si sposterà l’attenzione verso tutti i problemi ben più grandi del nostro Paese e via dicendo.
Problemi come la tutela dei diritti, per esempio. In quante occasioni, infatti, viene portata avanti l’idea che alcuni diritti siano “di secondo ordine” rispetto ad altri. Come se, il fatto che ci sia qualcosa di peggio, legittimasse tutte le altre cose (forse) meno gravi. E allora che problema c’è se gli animali vengono maltrattati quando in alcuni Paesi sono le persone a essere sfruttate?
Cosa vuoi che sia non poter sposare il proprio compagno/a perché dello stesso sesso se nel mondo ci sono bambine che sono obbligate a sposarsi giovanissime.
Perché dovrebbe lamentarsi un uomo che dopo il divorzio può vedere i suoi figli solo per poche ore a settimana? Ci sono coppie che nemmeno possono averne di figli. Affermazioni che sentiamo quotidianamente, in ogni ambito e che evidenziano un modo di pensare e manipolare le coscienze diffuso e radicato.
Un modo di interloquire che, però, legittima comportamenti e frasi che possono essere estremamente lesivi verso chi le riceve. Si pensi alle lotte per i diritti delle donne. Diritti che dovrebbero essere scontati e intoccabili perché riguardano la persona e la propria libertà. Diritti per cui donne e uomini hanno lottato e continuano a farlo e per i quali si fa prima a girare la testa o a cambiare discorso.
Quante volte per esempio, in risposta alle richieste per una concreta parità di genere viene risposto “Ma queste femministe non hanno niente di meglio a cui pensare?”. “Ci sono donne che vengono uccise e voi vi battete per questa cosa meno importante?” Come se ci fosse solo un argomento trattabile alla volta, come se un diritto negato fosse più o meno importante di un altro.
Ed è anche da qui, dalla tendenza quotidiana a dare voce al benaltrismo, che vengono lasciati passare e tollerati molti comportamenti ai danni delle donne, perché le preoccupazioni vere sono altre.
E quindi che problema può esserci se, a parità di mansione o carica, lo stipendio di una donna è inferiore a quello di uomo? Dopotutto in alcuni Paesi le donne non possono nemmeno lavorare.
Ma queste femministe non hanno niente di meglio a cui pensare?
Con tutto quello che succede, cosa importa se una donna che vuole diventare madre spesso è costretta a scegliere tra la famiglia e il lavoro, non si può mica fare tutto. O se non ha il diritto di decidere se abortire oppure no. E cosa importa poi se si subisce una “piccola” molestia quando ci sono vittime di violenza che vengono uccise/i.
Frasi, pensieri e idee che vanno combattute. Così come è necessario distinguere le forme di benaltrismo “buono” da quello negativo e combatterlo.
Se da una parte, infatti, pensare a “ben altro” può avere senso, per esempio nello spostare l’attenzione su metodi più efficaci di quelli proposti per risolvere e raggiungere un obiettivo, dall’altro quando l’intenzione è solo quella di sminuire o evitare un argomento, un senso non ce l’ha.
Ecco, quindi, che diventa necessario evitare e smontare questo giro dell’oca di parole senza senso. Come?
Sapere ciò di cui si sta parlando è il primo passo per riprendere in mano un discorso e portalo a termine. E chissà che magari anche il benaltrista di turno non cambi atteggiamento.
Se alla prima volta il discorso verrà manipolato, sminuito o portato altrove nulla vieta di ascoltare, concludere e rifare di nuovo la stessa domanda. E di nuovo, e di nuovo. Prima o poi una risposta o un esaustivo silenzio dovranno arrivare.
Questo vale soprattutto se ci si è resi conto di essere i primi a cadere nel benaltrismo (nessuno è immune), anche se involontariamente. Ognuno reagisce in base al proprio vissuto, alle proprie conoscenze e opinioni, ai propri valori. Quando le nostre risposte arrivano dalla mancanza di informazioni o da nozioni errate forse sarebbe bene chiedere e informarsi. Benaltrismo o meno.
Forse sarà anche vero che esistono argomenti più marginali, importanti o vitali, temi più urgenti o semplicemente più scomodi, ma per combattere il benaltrismo, alla domanda “non avete niente di meglio a cui pensare?”, la risposta deve essere no.
O per essere più gentili, sì certo, ma intanto pensiamo anche a questo.
Vivo seguendo il mantra "se puoi sognarlo puoi farlo". Sono una libera professionista della vita. Una porta verde, una poltrona rossa e una vasca da bagno sono le mie certezze, tutto il resto lo improvviso.
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