Cos’è il “piano di ripresa femminista” delle Hawaii per eliminare le disuguaglianze
Le Hawaii sperimentano un piano di ripresa femminista post COVID-19 che, si spera, possa essere imitato anche dal resto degli Stati Uniti.
Le Hawaii sperimentano un piano di ripresa femminista post COVID-19 che, si spera, possa essere imitato anche dal resto degli Stati Uniti.
Gap salariale, porte sbarrate nell’accesso a posizioni professionali di prestigio, domande scomode su future velleità di maternità o di matrimonio in sede di colloquio di lavoro; sono tutte questioni spinose a cui le donne sono fin troppo abituate, perché le riguardano, a senso unico, sempre molto da vicino.
Malgrado le conquiste fondamentali che sono state il frutto dell’emancipazione femminile nei secoli, malgrado i traguardi enormi raggiunti sul piano sociale e dal punti di vista di alcuni diritti basilari, il maschilismo, in maniera più o meno implicita, continua ad aleggiare sopra di noi. E non serve sottolineare l’ostracismo culturale vissuto da moltissime donne in diversi Paesi del mondo, o di come queste siano viste tutt’al più alla stregua di “proprietà” da passare dal padre al marito; manifestazioni evidenti del sessismo si ritrovano anche in situazioni vicinissime a noi, come quelle che abbiamo citato poc’anzi.
Ma la soluzione potrebbe arrivare, a sorpresa, dal “piano di ripresa economica femminista” proposto dalle Hawaii che, in tempi di emergenza Coronavirus e di lockdown, piuttosto che pensare a come riportare l’economia alla normalità sta cercando di cogliere l’opportunità per costruire un sistema in grado di garantire l’uguaglianza di genere.
A elaborare il piano una Commissione statale impegnata proprio a ridefinire lo status delle donne, incorporando esplicitamente le esigenze delle donne indigene e immigrate, delle badanti, delle donne anziane, delle persone non binarie o che si identificano nel genere femminile, delle donne incarcerate, rifugiate, sopravvissute ad abusi domestici e al traffico di esseri umani e delle donne con disabilità.
Cinque i punti fondamentali in cui si articola il piano, pensato anche per contrastare la situazione drammatica dovuta alla pandemia di COVID-19: prima di tutto, si pensa a un reddito di base universale, con fondi speciali di emergenza per i gruppi emarginati, comprese le donne immigrate senza documenti, le lavoratrici domestiche, le donne con disabilità e le sopravvissute al traffico sessuale. Rinuncia al pagamento per test e trattamenti COVID-19 per le donne in carcere. Una quota destinata a salvaguardare la popolazione indigena. Un salario minimo di 24,80 dollari l’ora per le madri single. L’assistenza all’infanzia gratuita e finanziata con fondi pubblici per tutti i lavoratori essenziali.
Il virus e i danni collaterali a esso collegato colpiscono alcuni gruppi più duramente di altri: le comunità di neri, i nativi e gli mmigrati sono più indifesi di fronte al COVID-19, perché non possono permettersi l’assicurazione sanitaria necessaria in America, tanto per cominciare – ha spiegato a The Lily Khara Jabola-Carolus, direttore esecutivo della Commissione – Anche il fatto che il virus sia più mortale per gli uomini è legato al sessismo, è una forma di disuguaglianza. La mortalità è sempre più alta per gli uomini perché la cura di sé e la ricerca della salute sono viste come cose che fanno le donne; gli uomini spesso non vogliono essere associati a comportamenti di tipo femminile. Molti studi documentano che spesso gli uomini non si prendano cura della propria salute per motivi culturali.
Riguardo all’economica, Jabola-Carolus sottolinea:
C’è l’economia che vediamo, e poi c’è tutta una serie di attività ‘sommerse’ che permettono comunque all’economia generale di esistere, ed è in questo limbo che spesso vivono le donne. Normalmente questo lavoro sembra non essenziale, ma durante il COVID-19 si è dimostrata la sola difesa della società dal collasso totale. Se vogliamo una ripresa sostenibile, dobbiamo rivalutare formalmente questo lavoro, invogliare gli uomini a farlo e integrare la nostra economia attorno ad esso.
A contribuire all’idea del piano di ripresa economica in chiave “femminista”, prosegue ancora il direttore esecutivo, è stata senz’altro anche la peculiare distribuzione della popolazione delle Hawaii: Stato che ha un’identità indigena, una grande popolazione immigrata, una grande popolazione anziana e un elevato numero di famiglie multigenerazionali, ma anche il più alto costo della vita e il più alto tasso di disoccupazione nella nazione.
Le donne si prendono cura di molti più familiari qui: filippini, hawaiani e micronesiani hanno da due a tre volte la quantità di membri della famiglia a testa – spiega – Le Hawaii sono anche uniche perché hanno alcuni dei costi più elevati per l’assistenza all’infanzia e agli anziani e la più grande carenza di servizi di assistenza negli Stati Uniti, quindi ha senso che le donne sottolineino la necessità di infrastrutture di assistenza sociale come parte della ricostruzione del economia.
Nel piano una menzione speciale è prevista anche per l’ostetricia: nello Stato, chiarisce Jabola-Carolus, già prima della pandemia le donne di colore erano spesso oggetto di discriminazione negli ospedali, tanto che addirittura un terzo di loro riportava episodi di razzismo e, di conseguenza, le percentuali di mortalità tra madri bianche e madri nere sono estremamente diverse, con queste ultime che detengono il triste primato di “peggior tasso di mortalità materna” nel mondo sviluppato.
In questo senso, c’è ovviamente preoccupazione per un’ulteriore possibile crescita della mortalità, dato che gli accessi in ospedale, limitati anche in virtù della pandemia, sono estremamente difficili per le donne che abitano soprattutto nelle zone rurali, dove si eseguono per lo più parti casalinghi. Per questi motivi c’è bisogno, nello Stato, di instaurare un vero sistema a tutela della salute materna, che integri l’ostetricia.
Non ho visto nessuno Stato o nazione proporre una ripresa economica femminista, una ripresa che centri esplicitamente le donne o tenti di contrastare il patriarcato – dice Khara Jabola-Carolus – Persino le proposte dei movimenti di sinistra negli Stati Uniti mancano su questo punto. Parlano di razza e classe, ma il genere è dato per scontato. Le persone non sembrano comprendere il ruolo fondamentale del patriarcato e come legare il genere alla razza e alla classe. Quindi, mi sono rivolto alle persone con un vero potere: le donne che organizzano le nostre comunità che sono attive all’interno e all’esterno del governo.
Questo piano fornisce un modello.
Giornalista, rockettara, animalista, book addicted, vivo il "qui e ora" come il Wing Chun mi insegna, scrivo da quando ho memoria, amo Barcellona e la Union Jack.
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