In uno dei momenti più intensi di Unorthodox, miniserie in quattro episodi di Netflix, vediamo la giovane protagonista Esty costretta a rasarsi i capelli per iniziare la sua nuova vita da giovane donna sposata. Si tratta di uno dei dettagli che restano a lungo negli occhi e nella mente dello spettatore, così come la cucina rivestita di alluminio, uomini e donne che ballano separati durante le nozze e il talamo nuziale rigorosamente diviso in due.

La rappresentazione della vita quotidiana della comunità chassidica Satmar di Williamsburg, New York, passa anche per i tradizionali cappotti neri rekel e i cappelli di visone shtreimel degli uomini, da cui spuntano i payot, ovvero i lunghi riccioli imposti dal Levitico, terzo libro della Torah.

Basta per comprendere l’ebraismo ortodosso? Innanzitutto, è bene specificare che non si tratta di un movimento unificato con un’ideologia definita e un’autorità universalmente rispettata. Quando si parla di ebraismo ortodosso si fa riferimento a un termine generico che comprende molteplici sottogruppi altamente distinti, tra cui ortodossi moderni, ultra ortodossi haredi e ultra ortodossi chassidici.

Il chassidismo o hasidismo ha a sua volta molte anime e non può essere identificato solo con la visione dei Satmar. E persino all’interno della stessa comunità newyorkese c’è chi pensa che la serie tv, seppur ben recitata, non sia così accurata nella rappresentazione.

La rivista britannica The Spectator ha intervistato Frieda Vizel, cresciuta proprio tra gli ortodossi chassidici Satmar della metropoli americana e certa del fatto che non si sia catturato veramente “lo spirito di una cultura”. 

Ci sono anche persone cattive nella comunità chassidica, ma così si rafforzano gli stereotipi e si trasformano i personaggi in cattivi da film Disney. È rappresentata come una società tirannica, come la distopia di The Handmaid’s Tale. Non tutti sono vittime dell’oppressione.

Anche lei, però, a un certo punto ha deciso di andarsene.

Volevo lasciare il gruppo con mio marito, ma lui non voleva. […] Anche se non sono fuggita come fa Esty nella serie, non conosco nessuno che lo abbia fatto in quel modo. La separazione spesso avviene più gradualmente.

Dove inizia e dove finisce dunque il chassidismo? Ecco qualche informazione da cui partire.

Cos’è il chassidismo?

chassidismo

Sebbene la religione ebraica abbia più di 4.000 anni, il chassidismo nasce solo durante il XVIII secolo nell’Europa orientale. Rispetto alla forma tradizionale dell’ebraismo, fin dall’inizio ha una natura sociale particolarmente accentuata: i partecipanti formano infatti comunità estremamente affiatate, raccolte intorno a un grande rabbino capo, chiamato anche rebbe.

Il movimento sopravvisse attraverso l’oppressione, l’emigrazione di massa e l’Olocausto e oggi si trova principalmente negli Stati Uniti e in Israele. Le affiliazioni della comunità ebraica chassidica si basano però sulla città in cui vivevano le loro famiglie in Europa.

Ci sono infatti decine e decine di comunità molto diverse tra di loro, corrispondenti ai vari luoghi di origine. Satmar, ad esempio, prende il nome dalla città di Satu Mare in Romania, mentre Vien da Vienna.

Storia del chassidismo

Come racconta il sito My Jewish Learning, il chassidismo si fonda sullo studio di un testo molto antico. A partire dal X secolo i mistici e i filosofi ebrei iniziarono infatti a parlare dello Sefer Yetzirah, un libro sui segreti della creazione risalente al III secolo circa. Allo stesso tempo, fiorirono opere di letteratura heikhalot, un primo corpus di testi incentrato su ascese mistiche al cielo. Questi sforzi costituirono il ponte tra il misticismo ebraico primitivo e la sua epoca d’oro medievale.

Il chassidismo vero e proprio emerse poi a metà del XVIII secolo in Polonia. Il movimento era legato soprattutto alla figura di Israel ben Eliezer, noto come Ba’al Shem Tov (1698-1760), tradizionalmente tradotto come “Maestro del Nome di Dio” o “Maestro del Buon Nome”, un insegnante e guaritore che sosteneva come tutti, persino le masse non istruite, potessero avere interazione con il divino.

Chassidismo: principi e usanze

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Il principio fondamentale delle credenze e pratiche ebraiche chassidiche si basa sulla stretta osservanza delle proprie tradizioni comunitarie. Questo vale per la lingua, l’abbigliamento, il cibo e ogni altro aspetto del loro stile di vita.

Gli insegnamenti chassidici suggeriscono che anche gli aspetti della vita quotidiana possano rivelare un’essenza spirituale se affrontati con fervore. Concentrando le intenzioni religiose verso tutti gli atti, sperano di porre fine alla persecuzione terrena e alla sofferenza di tutti gli ebrei.

Lo yiddish, una fusione di tedesco misto a polacco, russo, ebraico e inglese, è considerata la lingua principale e viene parlata in casa e fuori. I ruoli sono tradizionali e i generi sono tenuti separati quasi sempre, a scuola, in sinagoga e in altri luoghi pubblici.

La comunità chassidica è molto fraterna: uomini e ragazzi trascorrono insieme un significativo periodo di tempo nella sinagoga. Spesso partecipano a feste con il rebbe che prevedono canti e balli. Proprio questo senso di condivisione e unità si è rivelato fatale durante la pandemia di Coronavirus, che ha avuto effetti devastanti per le comunità statunitensi.

La modestia fisica è ancora fondamentale, per l’uomo e per la donna: i corpi devono essere coperti completamente e tutti gli abiti sono formali. Inoltre, quando una donna è sposata i suoi capelli devono essere coperti in pubblico (non tutte le comunità prevedono la rasatura). Il modo più comune in cui le donne si coprono i capelli è con una parrucca o una sciarpa.

La parrucca che usano è chiamata sheitel. Può essere realizzata in materiale sintetico o realizzato con veri capelli umani ed è comune che le donne chassidiche possiedano due o più parrucche: una per l’uso quotidiano e l’altra per le vacanze e le occasioni speciali. La sciarpa si chiama invece tikhel e deve essere legata sopra i capelli.

Le donne nel chassidismo e le questioni di genere

Gli uomini restano per tradizione i capofamiglia, mentre le donne si occupano della casa e dei figli, che normalmente sono tanti. Ma, come abbiamo detto, è impossibile generalizzare.

Un aspetto distintivo del chassidismo è però dato dalla centralità del rebbe (che è sempre un uomo) nella vita della sua comunità. Nel libro Hasidism: A New History, recensito da Marginalia, si racconta come ciò influisca sulla vita degli uomini e anche delle donne, esercitando un’enorme influenza su ogni famiglia.

Il rebbe fornisce consulenza sull’educazione dei figli o del matrimonio, aiuta durante i periodi di bisogno finanziario, offre la sua consulenza su malattie e conflitti familiari e stabilisce standard di comportamento nella comunità e persino all’interno della camera da letto.

Le donne si rivolgono a lui in caso di bisogno, ma non possono avere interazioni pubbliche prolungate e sono escluse dal sedersi con lui alla tavola delle feste, chiamata tisch, non possono studiare e pregare accanto a lui, ma solo cucinare e portargli del cibo. In alcuni casi recenti, però, alcune donne chassidiche sposate con un rebbe hanno potuto prendere eccezionalmente il posto del marito in caso di malattia.

Qualcosa sta cambiando? Sebbene le comunità ultra ortodosse continuino a differire nel lavoro e nelle opportunità educative concesse alle donne, senza dubbio uno dei più profondi cambiamenti del dopoguerra è stato l’istruzione per le ragazze e la possibilità di lavorare.

Tra i lavori riservati alle donne chassidiche oggi ci sono la gestione dei negozi, l’insegnamento nelle scuole religiose delle ragazze, i lavori di segreteria e informatici e il lavoro con uno scopo specifico, come organizzare i catering di matrimoni e altre celebrazioni.

L’isolamento dal resto del mondo ha spinto alcune comunità ebree ultra ortodosse americane a sviluppare un’attività lavorativa fondata esclusivamente sul commercio online. In particolare, Amazon è diventato il “partner” commerciale perfetto, grazie alla possibilità di vendere merci facilmente e relativamente anonimamente. E sempre più donne chassidiche stanno aprendo il loro negozio online.

Il chassidismo al cinema e in televisione

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Complice il lungo periodo di quarantena, una buona parte di abbonati a Netflix ha scoperto un interesse crescente per l’ebraismo ortodosso. Oltre a Unorthodox, anche la serie Shtisel e il documentario One of Us ci hanno lasciato intravedere un scorcio nelle vite delle comunità chassidiche, ma ci sono molti altri esempi.

Perché le storie di questi ebrei ortodossi incuriosiscono il pubblico? Gli hasidim o chassidici conservano quel mistero che sembra funzionare sullo schermo. Costruita su una base di pratiche religiose e antiche usanze, la comunità preferisce vivere in una sorta di elusività che ne ha aumentato il fascino.

Tra i primi film che hanno alimentato la curiosità verso il chassidismo ci sono Una estranea fra noi del 1992, con Melanie Griffith nel ruolo di una poliziotta sotto copertura nella comunità chassidica di New York, e Il gioco dei rubini del 1998, interpretato da Renee Zellweger nei panni di una giovane moglie e madre chassidica scontenta.

L’interesse sembra aver raggiunto il picco negli ultimi anni, in corrispondenza con un genere emergente di memorie scritte da persone che hanno scelto di lasciare le comunità ultra ortodosse.

Disobedience, pellicola del 2017 interpretata da Rachel Weisz e Rachel McAdams, si basa sull’omonimo libro autobiografico della britannica Naomi Alderman, autrice del bestseller Ragazze elettriche. Al centro della storia c’è l’amore tra due amiche, Ronit ed Esti, entrambe originarie di una comunità chassidica londinese.

La stessa serie Unorthodox è tratta dall’autobiografica di Deborah Feldman, fuggita da un marito e dalla comunità di Williamsburg per trovare una nuova vita a Berlino. Intervistata dal New York Times, ha spiegato come si è sentita durante la visione.

Gli ultimi due episodi sono stati molto difficili per me. Pensavo di essere preparata. Avevo vissuto tutto sulla mia pelle, ne avevo scritto e parlato per anni, ma erano altre persone – non io – che lo interpretavano, lo mettevano in immagini, recitavano le parti e tagliavano le scene. Per la prima volta, ho visto come gli altri avrebbero interpretato la mia esperienza [..]. È stato come parlare con un terapista per anni e alla fine ricevere un libro con tutte le tue esperienze.

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