Le "chiacchiere da donne" di Marie Tharp, che hanno rivoluzionato il nostro pensiero
Una donna che riuscì a convincere in un campo che, in passato, era esclusivamente maschile: ecco la storia della geologa Marie Tharp.
Una donna che riuscì a convincere in un campo che, in passato, era esclusivamente maschile: ecco la storia della geologa Marie Tharp.
Chi studia cartografia, è abituato a lavorare su cartine di tipo militare. I primi passi che si muovono a scuola nel mondo della cartografia si basano però su cartine coloratissime, in cui il verde indica la pianura, i colori dal beige al marrone scuro le colline e le montagne in base alla loro altitudine, ma soprattutto le tinte dal celeste all’indaco le profondità marine.
È merito di una donna se iniziamo fin da piccoli a capire la geografia del pianeta Terra in questo modo: il nome di questa donna è Marie Tharp.
Come racconta un articolo pubblicato sul sito dell’Università di Chicago, Marie nacque nel 1920 e già dalla sua infanzia fu introdotta nel mondo della cartografia dal padre, William, che redigeva mappe del suolo per conto del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti. In pratica, da bambina Marie ebbe modo di apprendere un mestiere, di osservarlo e farlo suo, ma al tempo stesso da grande sarebbe riuscita a innovarlo.
Dapprima Marie prese quella che noi chiameremmo laurea di base in letteratura inglese all’Ohio University, per poi decidere di iscriversi all’Università di Chicago. In quel periodo, durante la Seconda Guerra Mondiale, gli atenei iniziarono ad ammettere più donne nei corsi scientifici, affinché coadiuvassero gli uomini in patria, dato che gran parte della forza lavoro era al fronte. Così Marie si laureò in geologia e matematica, per poi diventare assistente di ricerca all’Osservatorio Geologico di Lamont alla Columbia University nel 1948.
Lì, le fu chiesto di redigere le mappe dei fondali oceanici, in base ai dati raccolti dalla tecnologia di ecolocalizzazione sulle navi marine. Si sapeva davvero poco, all’epoca, dei fondali marini, e per Marie Tharp fu come lavorare su «una tela bianca da riempire con straordinarie possibilità». E Marie riempì quella tela: ricevute le misurazioni, tracciò dei punti nei diagrammi fisiografici del fondo oceanico, notando delle creste nel suo disegno, al cui centro si mostrava una rientranza a forma di V. All’inizio la studiosa fu ridicolizzata per ciò che stava provando, ma nel 1953 i suoi studi sull’attività sismica nell’oceano Atlantico dimostrarono che aveva ragione. Ma cosa aveva trovato Marie esattamente?
Un passo indietro. Nella storia contemporanea, ci sono state due teorie scientifiche che hanno ipotizzato come i continenti che conosciamo oggi, fossero in realtà uniti. La prima di queste teorie è quella dell’espansione della terra (oggi confutata anche grazie a Marie), che ipotizzava come la Terra si fosse espansa nel tempo: all’inizio, secondo l’ideatore della teoria Roberto Mantovani, la Terra sarebbe stata molto più piccola di oggi, e sulla sua superficie ci sarebbero state solo terre emerse. L’attività vulcanica avrebbe aumentato il volume (e quindi anche la superficie) della Terra, permettendo all’unico continente di scindersi nei 6 che conosciamo oggi.
Successivamente, Alfred Wegener formulò un’altra teoria, partendo però dalle stesse premesse: i continenti sarebbero stati uniti nella cosiddetta Pangea. Ma la Terra non si sarebbe accresciuta di volume: la deriva dei continenti, il loro spostarsi gli uni dagli altri dipenderebbe dall’esistenza di placche o zolle tettoniche nella litosfera, che galleggiano sullo strato inferiore. Quest’ultimo strato si comporta come un fluido a elevata viscosità (cioè i suoi movimenti sono così lenti da impiegare un intero ciclo geologico per gli spostamenti). La teoria della tettonica a zolle, che ancora oggi studiamo a scuola perché maggiormente accreditata dagli studiosi, fu provata proprio dagli studi di Marie Tharp, dalle creste e dalle rientranze a V che lei aveva disegnato unendo dei puntini. Ma coloro che si opposero a lei, liquidarono la questione in «chiacchiere da femmine» (cioè «girl talk»).
Oggi Marie è un esempio per tantissime bambine, tanto che la sua storia è narrata nei libri per l’infanzia. È grazie a Marie che oggi accettiamo la teoria della deriva dei continenti e della tettonica a placche. Nel 1977, Marie con Bruce Heezen, suo storico collaboratore inseparabile (ma anche detrattore sulle prime, fu proprio lui a parlare di «girl talk» per poi rimangiarselo) riuscirono a produrre la prima mappa completa del fondo oceanico. Tanto che una volta, alla fine degli anni ’70, Marie stessa disse:
Penso che le nostre mappe abbiano contribuito a una rivoluzione nel pensiero geologico.
Vorrei vivere in un incubo di David Lynch. #betweentwoworlds
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