“La ragazza ha più forza di sei ragazzi messi insieme”, scrisse Johann Wolfgang von Goethe dopo aver ascoltato un concerto della dodicenne Clara Schumann a Weimar, nel 1831. Alcuni anni dopo anche il compositore Franz Liszt ebbe modo di ascoltarla e definì l’allora diciottenne “una persona molto semplice, molto ben educata, nessuna civetta, totalmente assorbita dalla sua arte, ma nel senso più nobile”.

Diventata poi sposa di un altro grande dei grandi della musica, Robert Schumann, non si arrese a una vita da “moglie di”. Lei, che più di ogni cosa voleva “appartenere alla mia arte con anima e corpo”, come confidato nei suoi diari, fin da bambina aveva mostrato grande decisione. Lo dimostra anche questo estratto da una lettera scritta alla madre in occasione del suo compleanno.

Per il mio ottavo compleanno mi sono stati fatti dei regali […]. Ho eseguito anche un Concerto in Mi bemolle maggiore di Mozart che anche tu hai suonato. […] È andato molto bene e non mi sono affatto fermata, solo la mia cadenza non voleva andare altrettanto e ho dovuto suonare tre volte una scala cromatica: non ho avuto affatto paura. L’applauso però mi ha infastidito.

Lettere, diari, ricordi. «Appartenere alla mia arte con anima e corpo»

Lettere, diari, ricordi. «Appartenere alla mia arte con anima e corpo»

La vita della pianista e compositrice Clara Schumann attraverso le sue lettere e diari.
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Come molte donne della sua epoca, purtroppo, con il tempo la sua figura ha finito con l’essere svalutata, soprattutto in favore di quella del marito, ma il talento di Clara è indiscutibile, tanto che la si potrebbe considerare, per usare le parole di Isata Kanneh-Mason, pluripremiata pianista della Royal Academy di Londra, la “Beyoncé del suo tempo”: forte, tenace, ma soprattutto talentuosa.

La musica delle compositrici è generalmente suonata molto meno delle loro controparti maschili e troppo spesso solo da altre donne – scrive sul Guardian – Questo deve cambiare. La musica di Clara è per tutti e spero che continui a essere suonata da uomini e donne allo stesso modo. È una figura di spicco nella storia della musica classica e merita di essere ascoltata di più.

I sogni di bambina

Nata a Lipsia il 13 settembre 1819, Clara Schumann era figlia di Friedrich Wieck, noto insegnante di pianoforte e fondatore di una fabbrica di pianoforti. Sua madre, la cantante e pianista Marianne Tromlitz, chiese il divorzio quando lei era ancora una bambina e si ricostruì una nuova vita con un altro musicista.

Clara e gli altri tre figli della coppia rimasero con il padre. Fu lui a insegnarle personalmente a suonare, a partire dai cinque anni d’età. La fece anche istruire in composizione e in lingue straniere, integrate da lunghe passeggiate ed esercizio fisico, che costruirono a plasmare la sua tempra.

All’età di nove anni debuttò in pubblico al pianoforte a Lipsia e poco dopo suo padre fece pubblicare la sua prima composizione, Quattro polacche per pianoforte. Partirono poi insieme per diversi tour europei, della durata di due o tre mesi, particolarmente sfiancanti.

L’incontro con Robert Schumann

Liszt, Mendelssohn, Paganini e Chopin conoscevano Clara, ma l’incontro della vita fu quello con Robert Schumann. Lei aveva nove anni quando si incontrarono per la prima volta, mentre lui era uno studente di giurisprudenza di 19 anni e allievo di suo padre.

L’amicizia si trasformò in amore quando Clara aveva 16 anni, ma Friedrich Wieck non la prese bene. Proibì ogni tipo di contatto tra i due, organizzando tour di concerti per sua figlia e controllandola giorno e notte. Nelle lettere di Robert Schumann è evidente non solo lo struggimento del giovane, ma anche l’influenza di lei sulla sua opera di compositore.

Io scrivo ora più facilmente, più graziosamente […] da quattro settimane non faccio che comporre […] i suoni accorrono verso di me come delle onde, io accompagno il loro canto e ciò mi riesce quasi sempre. Io gioco con le forme. Mi sembra di esser da un anno e mezzo in possesso del segreto […] Vi sono ancora molte cose in me. Se tu mi resti fedele, tutto ciò si rivelerà, altrimenti tutto resterà muto.

Dopo un fidanzamento segreto, Robert e Clara Schumann si sposarono il 12 settembre 1840, un giorno prima del 21esimo compleanno della ragazza. Lui sperava che sua moglie avrebbe interrotto la carriera per concentrarsi sui suoi doveri di coniuge. Ben presto, però, la situazione finanziaria della coppia e la determinazione di lei favorirono il ritorno alle esecuzioni in pubblico.

Non posso astenermi dalla mia arte. Se lo facessi, non me lo perdonerei mai.

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La pienezza artistica

Nonostante dieci gravidanze e otto figli, Clara Schumann si esibì in oltre cento concerti pubblici durante i suoi quattordici anni di matrimonio. Lui la seguì nei suoi tour in tutta Europa, come compositore ancora sconosciuto e marito di una pianista famosa. Fu proprio lei a far conoscere le sue opere, suonandole di fronte a un pubblico internazionale.

La loro unione felice aiutò il fervore artistico di entrambi. Tuttavia, Robert soffriva da anni di allucinazioni e problemi di depressione, forse frutto di un disordine bipolare. Queste crisi lo portarono a tentare il suicidio nel 1854, gettandosi nel Reno a Düsseldorf, dove la coppia viveva. Due anni dopo morì in un manicomio vicino a Bonn.

Rimasta sola, Clara Schumann non scrisse più, ma continuò a suonare le composizioni del marito per onorare la sua memoria. Morì a Francoforte il 20 maggio 1896, all’età di 77 anni, e ora viene ricordata come la più importante pianista donna dell’Ottocento.

La pratica artistica è una grande parte del mio spirito, per me è come l’aria che respiro. Preferirei soffrire la fame, piuttosto che suonare in pubblico con soltanto la metà delle mie forze.

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