Cancellare i ricordi: è possibile? La risposta di scienza e psicologia
Cancellare i ricordi, specie se negativi, è possibile? Scienza e psicologia dicono la loro, con sorprendenti affermazioni...
Cancellare i ricordi, specie se negativi, è possibile? Scienza e psicologia dicono la loro, con sorprendenti affermazioni...
Ma è davvero possibile cancellare i ricordi, in particolare quelli che ci hanno causato dolore? Quanto vi stiamo per dire potrebbe sorprendervi.
Se pensate che sia un’ipotesi affascinante quanto fantascientifica, forse dovreste ricredervi; infatti, un gruppo di ricercatori del Riken-MIT Centre for Neural Circuit Genetics ha pubblicato uno studio su Nature Neuroscience, in cui potrebbe essersi trovata la soluzione ai disturbi post traumatici da stress che spesso affliggono, soprattutto, i reduci di guerra. Come? Modificando il ricordo.
Per arrivare a questa conclusione i ricercatori hanno studiato il cervello dei topi, osservando le loro reazioni rispetto a eventi positivi – esempio, socializzare con i simili – o negativi – subire l’elettroshock. Stimolando i neuroni associati alle emozioni opposte rispetto a quelle negative provate durante l’evento drammatico, gli studiosi hanno capito che il ricordo poteva essere capovolto, ovvero da negativo poteva tramutarsi in positivo; tanto che i poveri topini, ansiosi nella fase iniziale, dopo la stimolazione riuscivano a rilassarsi, e viceversa.
C’è di più: gli studiosi hanno individuato l’ippocampo come il punto esatto in cui i ricordi prendono vita, mentre le emozioni collegate alla memoria risiederebbero nell’amigdala, punto in cui questa nuova tecnica dovrebbe quindi essere applicata.
C’è anche un altro studio, pubblicato sulla rivista Current Biology e condotto dai ricercatori della Columbia University Medical Center (CUMC) e della McGill University, secondo cui diversi tipi di ricordi possono essere in parte cancellati, senza procurare danni al resto della memoria; in questo caso, però, si fa riferimento alla memoria non associativa, ovvero la parte che acquisisce fatti e cifre archiviandoli nella memoria a lungo termine.
Nello studio si sono creati due diversi tipi di memoria, associativo e non, sull’Aplysia, un mollusco marino; misurando la forza di ogni connessione nel neurone motorio, i ricercatori hanno scoperto che l’aumento della forza di ciascuna connessione nervosa, pur se prodotta da diversi stimoli, era mediata da due enzimi, la protein-chinasi M Apl III per la memoria associativa e la protein-chinasi M Apl I per quella non associativa. Gli scienziati hanno bloccato la trasmissione della protein chianasi M apl I senza influire sull’altra, “cancellando” selettivamente i ricordi.
Il team è inoltre fiducioso che i dati potrebbero essere applicati anche nella comprensione della memoria umana, essendo i vertebrati piuttosto simili a questa lumaca per quanto riguarda i processi molecolari coinvolti nella formazione della memoria a lungo termine.
Questo aprirebbe ulteriormente la strada a nuove tecniche per il trattamento dei disturbi post traumatici da stress, spazzando via la tesi finora seguita, secondo cui i meccanismi sinaptici preposti alla creazione di memorie associative e non associative condividerebbero proprietà comuni, rendendo di fatto impossibile eliminare in maniera selettiva memorie sinaptiche non associative senza compromettere anche quella associativa.
Secondo il professor Jiangyuan Hu, ricercatore associato presso il Dipartimento di Psichiatria del CUMC e co-autore del paper, in questo modo, ovvero isolando le molecole esatte che sostengono la memoria non associativa, potrebbero essere sperimentati farmaci per cancellare i ricordi.
Uno dei punti chiave della nostra ricerca attuale – aggiunge il professor Schacher , docente di neuroscienze presso il Dipartimento di Psichiatria del CUMC e co-autore del documento – è quello di sviluppare strategie per eliminare le memorie non associative problematiche che possono crearsi durante un’esperienza traumatica, senza influire sugli altri importanti ricordi di eventi passati e senza danneggiare la memoria associativa, che invece può aiutare le persone a prendere decisioni consapevoli in futuro.
La psicoterapia può aiutare il paziente a modificare le emozioni dopo aver lavorato sui pensieri o a rievocare un ricordo doloroso per ridurre l’emozione negativa che ne deriva, attraverso l’EMDR, un approccio psicoterapico interattivo e standardizzato che ha come base teorica il modello AIP (Adaptive Information Processing), il quale affronta i ricordi non elaborati che possono dare origine a molte disfunzioni, come ansia, paura sociale e fobie di varia natura.
Psicologicamente parlando, però, occorre distinguere vari tipi di ricordi negativi: ad esempio, dimenticare qualcosa che è stato spiacevole per noi è diverso dal dimenticare un amore finito male; nel primo caso ci troviamo di fronte a una sorta di ferita, nel secondo a un’esigenza che ci impone di mettere un punto.
Quando desideriamo dimenticare un ricordo? Quando è fonte di disagio. Pensiamo a un’offesa ricevuta da bambini – quattrocchi, cicciona, nana – che può condizionare l’esistenza di una persona anche da adulta; questo accade perché il dolore provato in quel momento è talmente arrivato nel profondo da essere vivo anche a distanza di anni, e a farci sentire a disagio in tutte quelle situazioni che possono richiamare alla memoria quella sensazione.
Ad esempio, una ragazza bullizzata per il peso in passato probabilmente vivrà con una costante ansia sociale e con l’idea che ogni persona la fissi e la giudichi per il suo aspetto, anche se non è vero. Il problema, però, è relativo al significato del ricordo, e non al grado di dolore provato nel vivere quell’esperienza, e in questo, per superare il trauma, è importante trovare sostegno e condivisione in chi ci sta accanto.
Esempio: se ho l’influenza e mia madre mi dice che guarirò presto, vivrò quei giorni in maniera serena sapendo che presto passerà; ma se lei è la prima a ricordarmi che potrei morire, lascerò spazio nella mia mente per la paura, e vivrò con l’ansia di non essere così fortunato da riuscire a scamparla ogni volta.
Nel caso di un amore finito, invece, si tende ad avere una percezione diversa rispetto a quella che hanno le persone intorno a noi, ovvero ad avere un’idea distorta anche della persona amata. Per questo si ritiene che cancellarne letteralmente il ricordo sia l’unica via di uscita possibile, ma in realtà anche questa non è la soluzione: ciò che si deve fare è smettere di essere prigionieri di questa realtà distorta e smettere di pensare che eliminare tutto di quella persona, anche il bello, sia il rimedio per ricominciare a vivere.
In entrambi i casi, l’ipnosi può rappresentare un valido supporto; non per dimenticare, ma per uscire da una condizione di dipendenza nella quale si è invischiati.
Ma, dal punto di vista psicologico, c’è anche un altro fattore affascinante che contribuisce a creare dei ricordi, i falsi ricordi: innescati da diversi meccanismi, fra cui la codifica disturbata, portano a rievocare il ricordo in maniera errata. Succede, ad esempio, se al momento in cui un fatto è accaduto eravamo distratti. Perciò, alcuni dei ricordi che ci sembrano così vividi potrebbero non esserlo davvero.
Un esempio? Provate a dire a un bambino che da piccolo ha rischiato di morire per aver mangiato un pomodoro; probabilmente, anche da grande sceglierà di mangiare panini che non contengano pomodori, anche se questo fatto non si è mai verificato. In effetti, a essere maggiormente “vittime” dei falsi ricordi sono proprio i bambini e gli anziani, perché la loro memoria è, rispettivamente, in fase di sviluppo o soggetta a cambiamenti; tuttavia non è raro che anche chi è dotato di una fervida immaginazione possa “arricchire” i propri ricordi con dettagli mai verificatisi.
Ci sono poi dei casi limite, come quelli in cui a un testimone viene chiesto di indicare il colpevole di un reato, mettendo varie persone sulla line up; essendo molto alto il livello di stress in quel momento, sarà sufficiente riconoscere un tratto giudicato anche solo apparentemente familiare per indicare il presunto colpevole, che magari può essere in realtà completamente innocente.
Alcuni scienziati delle Università di Birmingham e di Cambridge hanno pubblicato sulla rivista Nature Neuroscience uno studio nel quale si evince come, in realtà, saremmo noi stessi a controllare i brutti ricordi e l’oblio; basandosi su un sistema di risonanza magnetica, i ricercatori hanno rilevato l’attività cerebrale di un gruppo di volontari, a cui è stato chiesto di ricordare alcune immagini mostrare in un momento precedente. Così facendo, si è riusciti a capire quali ricordi fossero stati cancellati a livello neuronale.
La gente è abituata a pensare all’oblio come a qualcosa di passivo – spiega il dottor Michael Anderson, fra gli autori dello studio – La nostra ricerca rivela che le persone sono più impegnate di quanto credono nella formazione dei ricordi della loro vita. Il fatto che l’atto di ricordare possa provocare oblio è sorprendente e potrebbe darci nuove informazioni a proposito della memoria selettiva e dell’autoinganno.
Siamo proprio noi a controllare i brutti ricordi. Quindi come possiamo “cancellarli”?
Non si può cambiare il passato, e questo è un assunto che, per quanto scontato, in molti sembrano non tenere in considerazione. Accettare il passato è il modo migliore per vivere un presente sereno lasciandovi alle spalle ciò che vi ha fatto soffrire; sia esso un amore finito o la perdita di una persona cara. Per preparare un futuro libero da sensi di colpa e pieno di serenità è la sola strada da percorrere.
Pur se negativo, un ricordo racchiude anche un elemento positivo, una lezione. Se sentite di non aver fatto il massimo per stare vicini a una persona cara che poi è venuta a mancare, potrebbe essere l’occasione per dimostrare di più a chi vi è ancora accanto. In questo modo, il ricordo triste si trasforma in un monito prezioso per il vostro futuro.
Colpevolizzarsi per degli errori commessi, o portare rancore per un errore commesso da altri è sbagliato e non vi permette di vivere godendo appieno di ogni momento. Imparare ad accantonare e mettere da parte vi farà stare molto meglio.
Lo psicologo argentino Walter Riso, nel libro Cenerentola è una sfigata, suggerisce di usare la “tecnica dello stop”, che consiste nel darsi una specie di schiaffo urlando ad alta voce “stop!”, per fermare i pensieri e scombinarli, permettendoci di respirare.
Giornalista, rockettara, animalista, book addicted, vivo il "qui e ora" come il Wing Chun mi insegna, scrivo da quando ho memoria, amo Barcellona e la Union Jack.
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