Dorothy Vaughan: "Ho cambiato ciò che potevo, ciò che non potevo l'ho sopportato"
La storia di Dorothy Vaughan, matematica statunitense: la sua vita è stata raccontata anche nel film "Il diritto di contare".
La storia di Dorothy Vaughan, matematica statunitense: la sua vita è stata raccontata anche nel film "Il diritto di contare".
Dorothy Vaughan è scomparsa nel 2008, a 98 anni, prima di poter vedere la sua vita raccontata nel film Il diritto di contare. La vita della matematica afroamericana, interpretata sul Grande Schermo dall’attrice Octavia Spencer, è l’esempio di come studio, impegno e forza d’animo possano potere tutto, anche quando ogni cosa sembra remare contro.
In un momento storico in cui alle donne afroamericane cominciava a essere timidamente concesso qualcosa, lei ha voluto prendersi molto di più. Dalla stanzetta isolata dove negli anni Quaranta lei e le colleghe nere passavano tutto il giorno a fare calcoli complessi per “i piani alti” di quella che poi sarebbe diventata la NASA, è passata a ruoli di responsabilità che nessun’altra prima di lei aveva ottenuto.
Nata nel 1910 a Kansas City, in Missouri, ancora bambina si trasferisce con i genitori in West Virginia, dove trascorre tutta l’infanzia. Si distingue fin da subito per le sue doti di studentessa, diplomandosi a soli 15 anni e vincendo una borsa di studio per iscriversi alla facoltà di matematica della Wilberforce University in Ohio.
E anche la laurea arriva in fretta: nel 1929, a soli 19 anni, Dorothy conclude il suo percorso accademico (con lode) e tre anni dopo si sposa con Howard Vaughan, con cui si trasferisce in Virginia. La famiglia di suo marito è benestante, ma dopo la Grande Depressione decide di contribuire economicamente e inizia a lavorare come insegnante.
Nel frattempo nascono sei figli e Dorothy Vaughan si distingue nella sua comunità: è una figura amata e rispettata da tutti. Quando scoppia la Seconda guerra mondiale, la sua placida vita di insegnante viene stravolta dagli eventi. Mentre si reca in posta, nota un annuncio di lavoro destinato a donne laureate in matematica e decide di candidarsi, quasi senza speranza.
Perché avrebbero dovuto prendere proprio lei, una donna nera, sposata e già madre? Invece la risposta è sì. Quello che non sa è che a incidere, più del suo nutrito curriculum, è stata l’urgenza di assumere “calcolatori umani” di supporto alla ricerca ingegneristica. Nel 1943 decide così di accettare il lavoro presso il prestigioso centro di ricerca di Langley della National Advisory Committee for Aeronautics, che più avanti prenderà il nome NASA e che oggi la ricorda come una delle sue figure più brillanti e luminose.
In seguito all’Ordine Esecutivo 8802, con cui due anni prima Roosevelt aveva vietato la discriminazione razziale, religiosa ed etnica nel settore della Difesa degli Stati Uniti, sempre più donne nere vengono assunte per soddisfare la crescente domanda di elaborazione dei dati della ricerca aeronautica. Vengono però messe a lavorare in zone separate da quelle delle matematiche bianche, su turni massacranti di ventiquattro ore.
Dorothy Vaughan è assegnata all’unità chiamata West Area Computing, un gruppo di sole matematiche afroamericane, a cui si impone di usare strutture separate per la ristorazione e il bagno. Presto il gruppo si distingue per i risultati raggiunti e diventa il vero punto di riferimento per gli ingegneri.
Finita la guerra, nel 1949 Dorothy Vaughan viene promossa e inizia a lavorare anche con i colleghi bianchi. Ci vogliono anni, però, prima che le venga assegnato l’importante ruolo di supervisore. Successivamente entra a far parte della nuova Divisione Analisi e Calcolo della NASA e diventa un’esperta programmatrice, lavorando alla corsa allo spazio e al linguaggio di programmazione FORTRAN.
Si ritira dopo 28 anni di servizio in cui non solo ha sfidato se stessa nell’apprendimento di nuove tecnologie, ma ha anche aiutato e istruito tanti colleghi. I suoi calcoli hanno supportato i risultati dell’agenzia spaziale americana e hanno contribuito a raggiungere gli obiettivi del suo Paese. Solo dopo il pensionamento, nel 1971, commenta così la sua lotta contro la segregazione razziale:
Ho cambiato quello che potevo e quello che non potevo, ho sopportato.
Web content writer e traduttrice. Parlo poco, scrivo tanto e cito spesso Yeats.
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