Ruth Harkness, la ragazza con il panda Su Lin, il primo a lasciare la Cina
Nel 1936 la stilista americana Ruth Harkness trovò un panda gigante nelle foreste di bambù della Cina centrale e diventò la prima a portare un esemplare fuori dalla nazione
Nel 1936 la stilista americana Ruth Harkness trovò un panda gigante nelle foreste di bambù della Cina centrale e diventò la prima a portare un esemplare fuori dalla nazione
Prima del 1936, solo tre naturalisti americani avevano incontrato un panda vivente. Nessun esemplare vivo aveva mai lasciato i confini cinesi. Fu Ruth Harkness, una stilista di New York, a far conoscere nella sua parte di mondo quell’animale così tenero ed esotico, strappandolo dal suo habitat e trasformandolo in un’attrazione da zoo.
La sua storia, raccontata in un articolo di qualche tempo fa della BBC, non è esattamente quella di una vera esploratrice e studiosa. Era sempre stato suo marito Bill a inseguire l’avventura, mentre lei viveva da socialite: alla sua morte, decise però di completare la missione intrapresa.
Nata in Pennsylvania nel 1900, Ruth Harkness aveva sempre mostrato più interesse per gli abiti, i cocktail e le sigarette. La morte prematura del marito, che si trovava a Shanghai per seguire il sogno di portare un panda gigante vivo negli Stati Uniti, cambiò tutto.
Grazie alla piccola fortuna ricevuta in eredità, decise di partire per la Cina e completare la ricerca. Sembrava una missione disperata, soprattutto per una donna abituata a chiamare il taxi anche per un solo isolato a piedi.
Arrivata in Oriente, Ruth Harkness incontrò uno studente universitario cinese di nome Quentin Young: il fratello del giovane aveva già aiutato l’ex presidente degli Stati Uniti Theodore Roosevelt a trovare un panda, che avevano però riportato morto.
Insieme a Quentin, con cui iniziò anche una relazione amorosa, si avventurò nella provincia di Sichuan. Lì arruolò uno stuolo di aiutanti, come da lei stessa raccontato in una delle sue lettere.
Nonostante tutti gli sforzi per partire con pochi bagagli, abbiamo messo su una vera carovana. Sedici portatori, sei carichi, due portantine, un cuoco… Quentin e io.
Dopo mesi di trekking, il gruppo arrivò finalmente nelle foreste di bambù e iniziò la caccia al panda.
Siamo accampati in un posto bellissimo – per quello che posso vedere – con il ruscello a fondo valle e la neve a 600 o 700 piedi sopra di noi. Questa mattina Quentin ha sparato a un goral, una specie di pecora, questa mattina e ne abbiamo mangiato il fegato come spuntino.
Dopo pochi giorni trovarono un cucciolo di panda di nove settimane nascosto in un albero. Ruth lo prese tra le braccia, lo cullò e allattò con un biberon.
Decise di chiamarlo Su Lin, che significava “qualcosa di prezioso” e si preparò a ripartire. Non avendo avuto bambini, improvvisò: era il 1936 e nessuno ancora pensava che fosse sbagliato andare a catturare un animale esotico per un puro capriccio o peggio ancora per rivenderlo.
Mi dispiace non saperne di più sui bambini… a volte, penso sia l’unica cosa che non ho provato.
Ruth Harkness portò il panda Su Lin a Shanghai, dove fu prontamente assediata dai giornalisti. Da lì cercò di partire con il cucciolo per New York, ma i funzionari della dogana confiscarono l’animale al porto.
Non volendo separarsi dal cucciolo, la donna lasciò che la nave salpasse senza di lei e si fermò in Cina per sistemare la situazione. Riuscì a far uscire Su Lin registrandolo come cane, molto probabilmente grazie alla compiacenza di qualche funzionario.
Arrivata a New York, diventò ufficialmente la prima persona a portare un panda gigante vivo negli Stati Uniti e la stampa si scatenò. Per diversi mesi Su Lin visse nell’appartamento di Ruth Harkness, in attesa di venderlo: e alla fine fu il Brookfield Zoo di Chicago ad aggiudicarselo.
Un anno dopo, l’improvvisata esploratrice tornò in Cina e catturò un altro povero panda, che chiamò Mei Mei. Su Lin morì di polmonite nel giro di pochi mesi, mentre il secondo esemplare sopravvisse fino al 1942. Cinque anni dopo morì anche Ruth Harkness, a soli 46 anni, per le conseguenze dell’alcolismo.
Web content writer e traduttrice. Parlo poco, scrivo tanto e cito spesso Yeats.
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