Inspiration porn, perché usare la disabilità per "ispirare" è abilismo e non fa bene
"Sei un eroe", "guarda che coraggio". Per quanto dette in buona fede, queste espressioni rivolte a una persona con disabilità hanno un nome: Inspiration Porn.
"Sei un eroe", "guarda che coraggio". Per quanto dette in buona fede, queste espressioni rivolte a una persona con disabilità hanno un nome: Inspiration Porn.
Se non riuscite a capire bene cosa questo significhi, forse dovreste approfondire il discorso dell’Inspiration Porn, termine coniato dall’attivista australiana Stella Young, che designa uno specifico atteggiamento rivolto alle persone con disabilità, quello in cui si esaltano, senza alcuna ragione particolare, gesti assolutamente normali, facendoli passare per eccezionali, o in cui si mira a idealizzare una certa figura di persona con disabilità.
Perché Young ha usato proprio il termine “porno”? Perché dietro questo atteggiamento si assiste a una vera e propria oggettificazione delle persone interessate, quelle appunto con disabilità, a favore di altre, le normodotate, anche laddove le prime compiano gesti in realtà banali, come uscire a fare la spesa, o diventare madri.
stereotipo che la società ha creato sulle persone con disabilità, per poterle includere ed accettare. Si ritiene che le persone con disabilità siano sempre straordinarie, che qualsiasi cosa facciano debba essere eroico, fuori dal comune, letteralmente delle imprese eccezionali.
[…] questo crea una grossa ansia nelle persone con disabilità, perché fin da subito si sentono in dovere di eccellere, di dimostrare di poter fare cose eccezionali, di dover lavorare e impegnarsi il doppio rispetto ai normoabili per essere considerate, altrimenti passano nella zona grigia dell’invisibilità.
Uno sforzo non richiesto, a cui le persone con disabilità non vogliono sottostare, perché chiaramente in questo modo si percepisce la disabilità non come una caratteristica personale, al pari dell’essere biondo, moro, africano, omosessuale, ma come il carattere dominante, l’unico valutabile, che deve essere ostentatamente mostrato o elogiato.
Anche se oggi, rispetto ad esempio al fat shaming, è molto più difficile assistere a prese in giro verso le persone con disabilità, espressioni come “Sei bellissima lo stesso, anche così” finiscono comunque per rafforzare quell’idea di a-normalità che, pur senza discriminare esplicitamente chi ha una disabilità, tende comunque a sottolinearne una differenza rispetto ad altri. Non è certo la strada migliore verso la normalizzazione, con la conseguenza che
Lo stereotipo del super cripple crea ansia, inadeguatezza e aspettative troppo alte, che non sono richieste alle persone non disabili. […] Ma le prestazioni eccezionali sono appunto, un’eccezione. Rivendico il mio diritto di essere disabile e mediocre, e di non dover dimostrare una beata minc*** a nessuno per avere valore.
Molte delle azioni e delle frasi che ripetiamo, inconsapevolmente, finiscono con l’essere inquadrabili nell’Inspiration Porn: lo facciamo ogni volta che ci commuoviamo quando una bambina senza mani disegna, o quando un atleta con le protesi corre e stabilisce un nuovo record. Lo abbiamo fatto con Bebe Vio, con Alex Zanardi, persone che, semplicemente, dopo una sfortuna, sono andate avanti per la propria strada, adattandosi alla nuova situazione in cui si sono trovati. Per volontà e desiderio loro, non perché per la società sarebbero stati socialmente più “accettabili”.
Stella Young ha dato questo nome proprio per denunciare una pruderie neanche troppo celata nella rappresentazione delle persone con disabilità come fonte di ispirazione solo per il fatto di avere una disabilità; che si evidenzia, al di là di imprese più o meno importanti, anche in aspetti meno “eccezionali”, come appunto uscire la sera, mettere al mondo un figlio (“nonostante la disabilità”, non a caso, infatti, si sente dire spesso) o sbrigare da soli le proprie faccende di tutti i giorni.
Gesti quotidiani che ciascuno di noi compie abitualmente, ma che vengono improvvisamente rivestiti di una sorta di aura magica se interessano le persone con disabilità, e che in realtà paiono tanto un modo, da parte dei normodotati, per “ripulirsi le coscienze“, a fronte di barriere architettoniche (e culturali) ancora persistenti, le uniche che impediscono davvero la completa autonomia. La campagna #vorreiprendereiltreno di Iacopo Melio ne è un esempio.
L’Inspiration Porn è ben spiegato anche in questo post della scrittrice e conduttrice radiofonica Marina Cuollo, autrice di A Disabilandia si tromba, che ironicamente ne descrive le problematiche alla base:
Parliamo di Inspiration Porn?
No, non è un inserto speciale di Penthouse, ma uno dei tanti modi di rappresentare i rotolanti et similia, ovvero considerare le persone con disabilità come fonte d’ispirazione solo sulla base del prefisso ‘diversamente’.
In Disabilandia ne ho scritto alla voce ‘StimAmmiro’, che, badate bene, non è una marca di appretto, ma una particolare fenomenologia che considera il disabile non in quanto persona, con nome, cognome e fedina penale, ma in quanto eroe: un essere speciale, un’entità meravigliosa alla cui esistenza sentono di dover applaudire anche da dietro la porta del bagno mentre sta facendo la cacca, un po’ per supporto, un po’ per ammirazione.E se oggi anche il mio cane ha un profilo Facebook, gli StimAmmiri popolano la rete commentando con frasi degne dei migliori slogan motivazionali e con più zucchero di una caramella mou: ‘voi disabili siete la nostra ispirazione’, ‘un Amen per questi ragazzi’,’siete la forza della vita’. A questo punto se esistiamo per fare i Santi e riscaldare i vostri cuori, pretendo un merchandising con tanto di santini, una royalty sul fatturato e l’8 per mille. Grazie.
Suvvia, diciamo le cose come stanno. Estendere all’etichetta ‘disabilità’ delle caratteristiche che appartengono alla personalità è come lodare qualcuno per ciò che ha detto e dare il merito a una caratteristica fisica. Un po’ come commentare con frasi tipo:
‘Ma è incredibile, queste persone con la barba sono eccezionali!’
‘Voi brune siete un’ispirazione!’
‘L’ho sempre detto che da quelli alti c’è tanto da imparare!’
Non so voi, ma a me viene da ridere.
La verità, mie cari, è che la disabilità non ci dona poteri speciali, siamo tutti meravigliosamente pieni di pregi e incasinati come il cassetto dei calzini.
Andate in pace.
Tante grazie, ma io non sono la vostra ispirazione.
Così Stella Young, nel suo TED Talk di Sidney del 2014, sintetizzava il concetto di Inspiration Porn: basta con il finto eroismo misto a pietismo, basta con l’essere fonte di ispirazione a tutti i costi se conduco una vita normale. Potete vedere il discorso integrale di Stella a questo link.
Young, popolare attivista australiana per i diritti dei disabili, scrittrice e attrice, è morta poco dopo questo discorso, nel 2014, a Melbourne, a soli 32 anni. Era affetta da osteogenesi imperfetta, una condizione genetica che rende le ossa fragilissime, e fin da quando aveva 14 anni si è spesa nella difesa dei diritti delle persone con disabilità, sia come giornalista che come star dei Comedy Festival.
Innegabile come l’Inspiration Porn sia una propaggine dell’abilismo, nato in realtà come atteggiamento dichiaratamente discriminatorio rivolte alle persone con disabilità, e motivo per cui esistono ancora molte delle barriere architettoniche e strutturali cui facevamo riferimento prima, secondo cui tutte le persone devono avere un corpo abile e, laddove non lo abbiano, devono sentirsi “grate” se possono accedere a servizi che, invece, dovrebbero essere semplicemente primari e indispensabili.
Perché l’Inspiration Porn è una faccia della medaglia abilista? Perché, se da un lato l’abilismo si manifesta anche in espressioni diventate – purtroppo – di uso comune come “Ma sei un Down!”, “Guarda che sei proprio decerebrato”, dall’altro invece si ritrova nel dualismo pietismo/eroismo, per cui o si riduce qualsiasi cosa riguardi una persona con disabilità a espressioni di compatimento (“Poverin*, guarda come sta”) o si esalta senza alcuna ragione apparente (“Che forza”, “Che coraggio”).
L’Inspiration Porn di natura abilista finisce con il ridurre la persona a essere considerata solo in quanto “portatrice di disabilità”, trovando forzatamente del buono in ciascuna di loro – come se una persona con disabilità non potesse essere “cattiva”, e anche se lo si pensasse sembrerebbe brutto affermarlo chiaramente – concedendo loro un “occhio di riguardo” in un confronto (a quanti sarà capitato di evitare un litigio con una persona con disabilità, magari pur essendo nel giusto, solo per evitare la “figura dei cattivi”?) e, soprattutto nel caso delle donne, rivestendo di quell’alone di perbenismo ogni considerazione sul loro corpo, mai (o quasi) giudicato erotico, sessuale o attraente, ma solo fonte di ostentata ammirazione: “Brava, fai bene a mostrarlo perché sei comunque bella”, che, come abbiamo già detto, è ben lontano dalla normalizzazione.
Il che si ritrova, ad esempio, nei già citati casi della fat acceptance, dove il corpo femminile – in quel caso grasso – viene connotato positivamente solo in quanto tale, e preso quindi a esempio e fonte di ispirazione nei vari discorsi sul “accettiamoci così” e “siamo tutte belle”. Cosa che, diversamente, non accaderebbe probabilmente nel caso di un corpo magro e normodotato, dove i commenti darebbero più luogo ad accuse di mercificazione o griderebbero alla prostituzione. Per questo, forse più importante della body positivity è la body neutrality, per cui si lascia a ognuno la possibilità di essere semplicemente ciò che è.
Il punto, allora, qual è? Che, alla fine, non va mai bene nulla? No, in realtà le cose sono molto più semplici: voglio far vedere il mio corpo, e lo faccio, senza che questo significhi essere una prostituta o, dall’altro lato, una fonte di ispirazione per nessuno. Mi piace, mi ci sento a mio agio e mi fa piacere l’idea di esibirlo, consapevole che non tutt* possano condividere il mio punto di vista o la mia scelta.
Non mi piace, non lo faccio, indipendentemente dall’essere grassa o dall’avere una disabilità, perché questo non mi dà “più diritto” di farlo senza essere esposte a critiche e neppure “l’obbligo” di farlo, in modo che io possa essere di ispirazione a qualcuno.
Giornalista, rockettara, animalista, book addicted, vivo il "qui e ora" come il Wing Chun mi insegna, scrivo da quando ho memoria, amo Barcellona e la Union Jack.
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