Matrimonio combinato, la pratica di convenienza per "liberarsi" delle figlie
Il matrimonio combinato non è una pratica appartenente al passato; ancora oggi molti Paesi prevedono questo contratto di convenienza per "sistemare" le figlie.
Il matrimonio combinato non è una pratica appartenente al passato; ancora oggi molti Paesi prevedono questo contratto di convenienza per "sistemare" le figlie.
In questo genere di matrimoni sono le famiglie a stipulare veri e propri accordi affinché le figlie, giunte a una certa età, vadano in spose al prescelto, ma c’è da fare una distinzione fondamentale per contestualizzare meglio di cosa stiamo parlando nello specifico.
Secondo la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo
Il matrimonio potrà essere concluso soltanto con il libero e pieno consenso dei futuri coniugi.
Proprio in questo sta, dal punto di vista giuridico, la distinzione fra matrimonio combinato e matrimonio forzato: nel primo caso, infatti, sono sì i genitori degli sposi o comunque dei terzi che “guidano” i figli verso l’unione, ma prevale sempre e comunque la volontà di chi va incontro al matrimonio, mentre il consenso libero e pieno degli interessati viene a mancare nel caso del matrimonio forzato, come quello in cui sono coinvolte delle bambine; la distinzione è importante perché in questo senso si stabilisce il confine tra violazione dei diritti umani e non, anche se spesso si tende a uniformare entrambi i generi di matrimonio sotto la dicitura di matrimonio combinato.
Nell’atto pratico, distinguere tra un matrimonio combinato e uno forzato è più complesso, in quanto è piuttosto complicato stabilire se vi sia un’effettiva e piena volontà degli sposi di andare incontro a questa unione, oppure se il “sì” non sia stato estorto sotto la minaccia di ritorsioni.
Se nel passato combinare un matrimonio era una pratica estremamente diffusa soprattutto tra i nobili e le casate regnanti, per suggellare alleanze o estendere il proprio dominio territoriale, si fatica a capire come sia possibile che ancora oggi in alcune culture sia usanza combinare il matrimonio dei propri figli; i motivi, in ogni caso, sono ancora adesso gli stessi, ovvero stringere legami familiari, aumentare la ricchezza di una o di entrambe le famiglie, a cui si aggiunge una forte componente patriarcale, di cui parleremo fra poco.
Come detto, le radici del matrimonio combinato affondano in tempi antichi; già nella mitologia greca e romana ci sono moltissimi esempi di matrimoni combinati, anzi sarebbe più appropriato in questo caso usare il termine “forzati”, dato che spesso e volentieri parliamo di veri e propri rapimenti: ad esempio, quello compiuto da Ade ai danni di Persefone, ma anche quello di Dafne e Leucotoe da parte di Apollo, di Cassandra da parte di Aiace di Locride, di Andromaca da parte di Ettore, per non parlare del famoso ratto delle sabine, che permise a Romolo, dopo aver fondato Roma, di stringere delle alleanze e di popolare una nuova città procreando proprio con le donne rapite.
Se nel Medioevo il matrimonio era a tutti gli effetti un contratto, stipulato tra famiglie, in cui le spose avevano al massimo 15 anni (dopo quell’età si veniva infatti considerate “zitelle“) e solo con il Concilio di Trento del 1563 si assunse anche la validità ufficiale religiosa dello stesso solo nel caso in cui esso fosse suggellato in chiesa alla presenza di un prete e due testimoni, anche più avanti, nella storia, il legame fra due persone, soprattutto nella nobiltà, continuò molto spesso a essere sancito per interesse più che per amore.
Lucrezia Borgia, per fare un esempio, erroneamente ritenuta per secoli una carnefice, fu costretta a sposare il signore di Pesaro, Giovanni Sforza – la cui famiglia aveva sostenuto attivamente l’elezione di Rodrigo Borgia, padre di Lucrezia, salito al papato con il nome di Alessandro VI – ad appena tredici anni, diventando di fatto uno strumento di potere nelle mani della sua famiglia.
Nel XVIII e XIX secolo il motivo per cui si combinavano i matrimoni nell’alta nobiltà era sostanzialmente il medesimo: accrescere la posizione socio-economica delle famiglie. Generalmente i genitori combinavano l’unione quando la futura sposa era ancora in convento per completare la sua educazione.
Per intenderci, anche la mitica principessa Sissi era stata destinata a un’unione combinata, con il fratello minore di Francesco Giuseppe (che invece sarebbe dovuto diventare il marito della sorella maggiore di lei, Elena), Carlo Ludovico. Tutti sappiamo come andarono invece le cose.
In Italia, invece, nei primi del ‘900 si sviluppò una particolare forma matrimoniale, quella del matrimonio per procura, che coinvolse soprattutto le ragazze del Sud del Paese e gli uomini che emigravano all’estero in cerca di fortuna.
Dato che molti di questi ultimi si trovavano in Paesi stranieri quando erano “in età da matrimonio”, ma avevano ovvie difficoltà linguistiche che rendevano difficile l’approccio con l’altro sesso, era abitudine frequente che le famiglie rimaste in Italia, i genitori soprattutto, cercassero una ragazza del posto che potesse creare una famiglia con lui, ovviamente casta e su cui non esistessero dicerie.
Ovviamente molte delle famiglie rimaste in paese vedevano un matrimonio per procura come una ghiotta opportunità per dare le figlie in sposa a buoni partiti, con ottimi lavoro all’estero, che le avrebbero portate lontane dalla miseria e dalle ristrettezze cui invece sarebbero rimaste destinate se fossero restate in Italia. Chi non era riuscita ad avere un matrimonio per procura, o era troppo in là con l’età, poteva sempre “sperare” in un matrimonio combinato.
Nel matrimonio per procura i due futuri sposi, di fatto, non si conoscevano, se non tramite fotografie e lettere che le famiglie si inviavano, in cui erano scritti dati anagrafici e condizione sociale, oltre a informazioni generiche sulla famiglia e sul luogo d’origine.
Sostanzialmente, era una versione “primitiva” delle odierne conoscenze virtuali, tanto che, come capita oggi con i profili fake, anche all’epoca le foto venivano spesso truccate, oppure venivano inviate quelle dell’amico o dell’amica più piacente, con le immaginabili, terribili conseguenze il fatidico giorno del sì.
Dopo lunghi scambi epistolari fra i promessi sposi, le ragazze venivano fatte partire via nave, e all’arrivo nel Paese straniero c’era ad attenderle, ovviamente, lo sposo; un eventuale ritorno in Italia avrebbe rappresentato un’enorme fonte di imbarazzo per la famiglia della ragazza, e naturalmente per lei.
Si tratta di una pratica tutt’altro che estinta, come abbiamo detto, ma nel paragrafo che stiamo per affrontare parleremo di matrimoni combinati anche in riferimento alle unioni forzate, escludendo quindi quella discriminante che, invece, è indispensabile sul piano giuridico, e intendendo quindi con l’espressione quei matrimoni stabiliti dalle famiglie, indipendentemente dalla volontà delle giovani.
I matrimoni combinati sono ancora presenti in Africa, anche se ci sono Paesi, come il Gambia, che dal 2016 li ha aboliti. In Madagascar, ad esempio, i matrimoni sono combinati dai genitori delle ragazze, che vengono tacciate di essere “maledette” se rifiutano, e non è infrequente che il marito sia parecchio più anziano rispetto alla futura moglie. Stessa cosa avviene in Malawi, dove, secondo Human Rights Watch, metà delle ragazze si sposano prima dei 18 anni.
In Mauritania esistono il matrimonio forzato di un cugino (chiamato maslaha), il matrimonio forzato a un uomo ricco per ottenere vantaggi economici, e il matrimonio forzato e poligamo a un uomo influente. Il Niger è lo stato con il più elevato numero di matrimoni che hanno per protagoniste delle bambine, e le ragazze che rifiutano il matrimonio vengono allontanate dalle famiglie e spesso costrette alla prostituzione.
In Sudafrica esiste la pratica dell’ukuthwala, che consiste nel rapimento delle ragazze per costringerle al matrimonio, spesso con il consenso dei genitori, e che avviene principalmente nelle aree rurali del Paese. Talvolta le spose hanno appena 8 anni, tanto che un rapporto del 2009 ha destato scalpore, parlando di 20 ragazze al mese costrette ad abbandonare la scuola a causa della pratica.
Non vanno meglio le cose in Asia, in Pakistan, ad esempio, dove, benché il matrimonio forzato sia illegale, nella provincia del Khyber Pakhtunkhwa non solo esiste ancora, ma prende il nome di swara, e consiste in una risoluzione di faide familiari.
In Afghanistan è ancora tanto diffuso che spesso le donne ricorrono al suicidio pur di evitarlo, anche perché ottenere il divorzio è praticamente impossibile e le separazioni non consensuali sono reato.
Stesso quadro anche in Iran, dove il matrimonio combinato è la causa di suicidio in moltissimi casi per le donne. Mentre in Nepal le figlie sono spesso considerate un fardello economico per le famiglie, a causa della dote, perciò i genitori le spingono al matrimonio con uomini più anziani. Nel 2009, il governo nepalese ha deciso di offrire un incentivo di 50.000 rupie del Nepal, pari a 641 dollari, per convincere gli uomini a sposare le vedove, che nel Paese perdono di status sociale.
Nonostante la situazione dei diritti delle donne sia di gran lunga migliore, anche in Europa si presenta talvolta il problema dei matrimoni forzati; in Germania, ad esempio, il Ministero federale per le famiglie, anziani, donne e giovani nel 2011 ha rilevato che 3000 persone, il 30% delle quali minorenni, erano stati coinvolte in unioni combinate, numeri che nel 2016 si sono stabiliti a 1457 minori, con 1100 ragazze, 664 originari dalla Siria, 157 afghani e 100 iracheni.
Anche nel Regno Unito i matrimoni combinati sono tuttora esistenti nella comunità pakistana, tanto che nel 2007 è stato emanato il Forced Marriage (Civil Protection) Act , che prevede la possibilità, per le vittime di matrimonio forzato, di chiedere la tutela del tribunale.
Infine, il nostro Paese: il matrimonio combinato qui è perseguibile grazie alla Legge 19 luglio 2019, n. 69 che, all’Art. 7, che prevede l’introduzione dell’Art. 558-bis del Codice Penale (Costrizione o induzione al matrimonio), e punisce con la reclusione da uno a cinque anni chiunque obblighi un’altra persona a contrarre matrimonio o un’unione civile con minacce e violenze, anche se il fatto avviene fuori dal territorio italiano, nei confronti di un italiano, oppure coinvolga un cittadino non italiano ma residente in Italia. Ci sono poi aggravanti nel caso in cui la vittima abbia meno di 18 o 14 anni (in quest’ultimo caso la pena va da due a sette anni).
Ovviamente sono soprattutto le donne a essere vittime dei matrimoni combinati, perché storicamente hanno sempre rappresentato un “peso” non indifferente, dal punto di vista economico, per le famiglie di appartenenza, a causa della dote.
Dare in sposa una figlia a un uomo abbiente, indipendentemente dalle volontà di quest’ultima, garantiva spesso non solo una rendita economica importante, ma soprattutto un alleggerimento sul bilancio familiare, considerando anche il fatto che, tradizionalmente, le donne non rientravano nella forza lavoro e quindi non potevano garantire un guadagno da quel punto di vista.
Il matrimonio combinato era inoltre uno strumento per controllare la sessualità delle figlie, che ovviamente venivano date in sposa illibate, tanto che, anche in Italia, fino al 1981 è esistito il matrimonio riparatore, per cui le donne venivano date in sposa ai propri stupratori in caso di violenza sessuale. evitando relazioni reputate dannose e favorendo unicamente quelle approvate dai familiari secondo norme culturali o religiose. Chiaro, quindi, che l’impronta maschile in questa istituzione ci sia, e si senta notevolmente.
L’emergenza sanitaria a livello globale avrà un impatto notevole anche sotto questo punto di vista, stando a quanto riporta un rapporto di Save the Children, secondo cui fino a 2,5 milioni di ragazze in più nel mondo rischierebbero di essere costrette a sposarsi nei prossimi cinque anni, raggiungendo il tasso più alto di matrimoni con spose bambine degli ultimi 25 anni.
Le cause, ovviamente, sono da ricercarsi nella povertà sempre più profonda in cui moltissime famiglie delle zone meno abbienti del mondo sono precipitate causa della pandemia, e all’abbandono ancora maggiore della scuola da parte delle giovanissime.
In tutto il mondo, infatti, la chiusura delle scuole ha interrotto l’istruzione di 1,6 miliardi di bambini e Save the Children stima che 10 milioni di bambini, soprattutto ragazze, non torneranno mai più sui banchi.
A pagare il prezzo più alto della situazione sarà, sostiene ancora la ONG, l’Asia meridionale, dove si prevede che quest’anno quasi 200.000 ragazze in più saranno costrette al matrimonio a causa dei conflitti economici causati dal coronavirus.
Come abbiamo spiegato all’inizio, specificando la differenza giuridica fra matrimonio combinato e matrimonio forzato, la discriminante fondamentale riguarda la presenza o l’assenza della volontà dei futuri sposi di contrarre un’unione.
Dato che talvolta i matrimini vengono organizzati anche per ragioni “pratiche” – di cui parleremo fra poco – c’è da dire che esiste un mondo “sommerso” (ma nemmeno troppo) di matrimoni organizzati ad hoc grazie all’intervento dei cosiddetti matchmakers, ovvero di persone che lavorano proprio per far incontrare due persone giudicate compatibili per stare insieme.
Una sorta di vera e propria agenzia matrimoniale, insomma, che, soprattutto nella comunità indiana, ad esempio, riscuote molto successo, tanto da essersi guadagnata una serie-documentario trasmessa da Netflix, Indian Matchmaking.
Come spiega Sima Taparia, una matchmaker di Mumbai, all’inizio della docu-serie, “In India non parliamo di matrimoni combinati, ma solo di matrimoni e di matrimoni d’amore“; un modo molto sincero per dire che, nel Paese, la prassi di “combinare” l’incontro e l’unione di due persone non solo è ancora estremamente diffusa, ma unanimemente accettata e condivisa come normalità.
Tanto che, in un articolo pubblicato sul New York Times, molte spose che hanno trovato marito proprio grazie alla matchmakers spiegano quanto questo modo di conoscere persone non sia diverso da tanti altri.
I matrimoni ‘d’amore’ o ‘combinati’ sono solo termini – spiega ad esempio Anokhi Shah, 28 anni, consulente per le pubbliche relazioni di Anversa che ha sposato il commerciante di diamanti Swapnil Bhansali, all’inizio del 2020, dopo essere stata presentata dalle rispettive zie nel marzo 2019 – Importa se alla fine trovi la felicità? Sono sempre stato aperta rispetto a ogni strada per trovare il mio compagno di vita.
La stilista Anoli Udani, oggi sposa dell’imprenditore sanitario e farmaceutico Arjun, aggiunge:
Tutti sognano l’incontro fortunato. Ma se sei un lavoratore autonomo o vivi in una piccola città, le opportunità di incontrare qualcuno di nuovo possono essere limitate. Alla fine non è molto diverso dall’ampliare la ricerca tramite la tua cerchia di amici o un’app di appuntamenti.
Se parliamo di matrimoni combinati in cui sia presente la volontà dei due futuri sposi, non possiamo non menzionare anche i tanti episodi in cui questo escamotage viene utilizzato per scopi precisi, ad esempio per far prendere il permesso di soggiorno a uno dei due, grazie proprio all’unione con un cittadino residente nello Stato di cui si vuole prendere la cittadinanza.
Chiaramente parliamo di meccanismi illegali, in cui le eventuali imputazioni d’accusa possono riguardare il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, o l’associazione a delinquere nel caso (piuttosto frequente) in cui ci sia una vera e propria rete dietro l’organizzazione di queste unioni.
Giornalista, rockettara, animalista, book addicted, vivo il "qui e ora" come il Wing Chun mi insegna, scrivo da quando ho memoria, amo Barcellona e la Union Jack.
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