"Siamo Moleste: è ora di denunciare gli abusi nel mondo del fumetto"
Nasce Moleste, collettivo che intende portare alla luce gli episodi di molestie nel mondo del fumetto, indipendentemente dal genere, per dare ascolto e supporto a chi le subisce.
Nasce Moleste, collettivo che intende portare alla luce gli episodi di molestie nel mondo del fumetto, indipendentemente dal genere, per dare ascolto e supporto a chi le subisce.
“L’albo di supereroi che stai leggendo in spiaggia potremmo averlo scritto, disegnato, colorato o letterato noi. Il fumetto educativo ma divertente per tuo figlio, le tue graphic novel, l’albo che hai appena comprato in edicola, la striscia online che ti ha fatto ridere un minuto fa.
Oppure potrebbe averlo scritto, disegnato, colorato o letterato uno di loro“.
Comincia così il manifesto di Moleste, collettivo nato ufficialmente il 27 ottobre che si propone come obiettivo la parità di genere nel fumetto, un mondo di cui si parla poco, ma dove, recita il manifesto, succedono cose sgradevoli esattamente come in altri ambiti lavorativi.
Di Moleste fanno parte fumettistǝ (ce lo dicono proprio così, usando lo schwa), sceneggiatrici, disegnatrici, coloriste, letteriste, soggettiste, giornaliste, traduttrici, ghost writer, che lavorano o vorrebbero lavorare nel mondo del fumetto; la data di nascita di Moleste, come detto, è il 27 ottobre, perché quella è la data in cui i documenti sono usciti ufficialmente, pubblicati sul sito Internet, Moleste.org, e sui social, anche se il lavoro di pianificazione e progettazione, ovviamente, è decisamente più lungo.
“Tutto è iniziato durante l’estate – ci spiega Deborah, che risponde alle nostre domande – Dall’America erano arrivate alcune notizie che accusavano degli autori molto noti di grooming e molestie sulle colleghe. L’impatto della cronaca statunitense ha generato un fermento anche in Italia, raccolto inizialmente in un articolo di Francesca Torre pubblicato su StayNerd, in cui si tracciava un quadro della situazione nazionale a partire da alcune testimonianze, rese irriconoscibili per proteggere le fonti“.
Proprio da quell’articolo la necessità di creare uno spazio, seppur virtuale, in cui chiunque lo volesse avrebbe potuto confrontarsi sul tema, spinoso ma in realtà mai affrontato, delle molestie nel mondo del fumetto.
In poco tempo la volontà di cambiare le cose è diventata un sentimento condiviso, abbiamo capito che eravamo pronte a metterci in discussione e a fare davvero qualcosa che contribuisse a creare un ambiente migliore per chiunque, a prescindere dal genere.
E allora leggiamo qualche estratto del manifesto di Moleste:
L’obiettivo di noi MOLESTE è combattere i comportamenti abusanti nel mondo del fumetto. Sono comportamenti nocivi, che mortificano chi li subisce e avvelenano l’ambiente per tutti:
* la facilità con cui le autrici si trovano a subire le avance non richieste di insegnanti, responsabili di progetti e autori con un maggiore potere;
* i sottili ricatti che mirano a ottenere attenzioni sessuali in cambio di opportunità lavorative;
Un aspetto importante che il collettivo tiene a chiarire è proprio che
“Non vorremmo ragionare solo in termini interni al collettivo, perché il collettivo è uno spazio ristretto ma si occupa di un problema più ampio che affligge tutto il settore.
In generale, chiunque, come noi, faccia parte dell’ambiente fumetto, seppure con ruoli e situazioni diverse, ha subito gli effetti di quello che in questo momento è un ambiente tossico e tollerante verso una vasta gamma di cattive abitudini. Non si riduce solo alle molestie vere e proprie, che pure ci sono, ma alla pressione e la difficoltà che lavorare in un ambiente non educato al rispetto porta con sé. Ognuna di noi ha avuto la sua vita e la sua esperienza, per questo nella coralità e nella collaborazione pensiamo di raggiungere la massima efficacia per la diffusione del nostro messaggio“.
Parliamo di più cose diverse, quindi, perciò è importante valutarle una per una. Partendo proprio dalla più evidente, le molestie: il Me Too ha portato alla ribalta la questione delle molestie nel cinema, estendendosi poi alla musica, allo spettacolo. Perché, secondo voi, nessuna fumettista si è mai fatta avanti per unirsi al coro delle denunce?
“Il movimento Me Too è stato uno stimolo importantissimo a riflettere sul tema, e senza dubbio ha ispirato vittime di abusi a uscire allo scoperto anche nell’ambiente del fumetto. Noi però non vorremmo dare una risposta solo mediatica al problema: per questo abbiamo deciso di auto organizzarci in un collettivo e non lesinare il confronto, l’ascolto e il dibattito. Non cerchiamo soluzioni immediate e non ci interessa cedere alla gogna mediatica. Piuttosto, vorremmo andare al cuore della questione, anche se questo dovesse richiedere molta più fatica e più tempo“.
Nel frattempo, però, le cose stanno così, lavorate in un campo iconicamente considerato “maschile”: perché c’è stato il bisogno di dare un genere anche al fumetto?
“Dal punto di vista dell’idea che il mondo del fumetto sia ‘maschile’, entrano in gioco stereotipi di genere e sottotesti culturali che riguardano molti settori e contesti. Anche se parlare di sessismo è sempre una questione complessa, perché non è facile capire che cosa definire sessista e che cosa attribuire ad altre pratiche infelici, esiste nell’ambiente un sessismo di base che coinvolge alcuni ambiti, a partire dalla fan base. Non possiamo dire che sia generalizzato, ma è piuttosto diffuso.
In ogni caso, noi vogliamo essere un punto di ascolto e di supporto per chiunque abbia subito molestie o abusi, indipendentemente dal genere.
Intendiamo dare spazio e ascolto a chiunque ne abbia necessità, impegnandoci e chiedendo impegno al fine di creare un ambiente sicuro per chiunque lavori nel mondo del fumetto”.
Veniamo a un’altra nota dolente: la questione della scalata professionale, contro cui moltissime donne devono scontrarsi. Voi credete che nella vostra professione siate sminuite, o che incontriate un glass ceiling che non vi permette di andare avanti con la carriera?
“Essendo un ambiente dove esistono gli stereotipi di genere, può capitare di essere definiti non idonei a svolgere un determinato lavoro, perché troppo accostato al maschile o al femminile. Di conseguenza possono verificarsi i casi di glass ceiling, dove la donna non può accedere alle posizioni apicali“.
L’obiettivo di Moleste, lo abbiamo detto, per quanto quella desinenza al femminile faccia pensare che ci si rivolga solo a donne, è in realtà quello di offrire uno spazio virtuale in cui chiunque sia stato vittima di molestie, abusi o vessazioni possa trovare appiglio e supporto, indipendentemente dal genere. Certo, però, sembra una prerogativa quasi esclusivamente femminile quella del victim blaming, per cui non si riesce mai a percepire fino in fondo le donne come vittime di un abuso, ma praticamente sempre come corresponsabili.
“Il victim blaming è una componente importante che entra in gioco quando si rendono pubbliche testimonianze come quelle che stiamo raccogliendo, ma che può scattare anche dal tipo di lavoro che svolge un’autrice. Per esempio come un certo tipo di abbigliamento porta a richiamare sentenze che accusano chi ha subito una violenza (di qualsiasi tipo) di essersela cercata, un certo tipo di genere come quello erotico comporta lo stesso tipo di affermazione.
Tornando alle testimonianze, purtroppo in Italia riportare un abuso significa ancora correre dei rischi: il rischio di essere portate di bocca in bocca, di essere colpevolizzate indirettamente per l’accaduto; il rischio di non trovare più lavoro in quanto note piantagrane, di essere licenziate, di trovarsi contro gli amici dell’aggressore, il rischio di essere traumatizzate di nuovo, esposte alla curiosità morbosa del pubblico, schernite ed emarginate. Per questo abbiamo creato un ambiente sicuro dove raccontare quello che succede nel nostro settore, proteggendo l’identità delle persone che hanno subito abusi o comportamenti scorretti”.
Sulla pagina Instagram di Moleste si trovano le prime testimonianze anonime arrivate, che denunciano una situazione sommersa ma assolutamente drammatica.
La volontà del collettivo è quella di continuare a pubblicare queste importantissime testimonianze, sempre mantenendo l’anonimato per tutelare chi ha deciso di aprirsi sulla propria storia, ma anche per evitare che ci si concentri sul nome, piuttosto che sul fatto raccontato.
Ma c’è di più:
Attualmente siamo già in contatto con diversi centri antiviolenza sparsi in tutta Italia per garantire l’adeguata assistenza psicologica e legale a chi dovesse sentirne la necessità. Nel frattempo stiamo anche elaborando dei progetti che riguardano le scuole di fumetto e preparando delle campagne di sensibilizzazione sul tema delle molestie e del sessismo quotidiano, quello che passa spesso inosservato, perché si possa aprire un dibattito in merito.
Giornalista, rockettara, animalista, book addicted, vivo il "qui e ora" come il Wing Chun mi insegna, scrivo da quando ho memoria, amo Barcellona e la Union Jack.
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