Essere amish significa aderire a una serie di regole. Li immaginiamo con cappelli e cuffiette, in luoghi in cui la tecnologia (o neppure l’elettricità) non esiste, dove non ci sono auto ma si usano i cavalli e dove i bottoni hanno preso saldamente il posto delle zip.

Nel 2017, gli amish erano 318400, suddivisi per lo più tra Stati Uniti, Canada e Svizzera. Nel 2020 sono risultati essere solo in Nord America 342000, nelle aree rurali di Pennsylvania, Ohio, Indiana, Kentucky, New York, Michigan e Wisconsin. Sono molto prolifici (anche perché non esiste tra loro il controllo delle nascite) e quindi il loro numero cresce rapidamente.

In realtà, la questione relativa alla tecnologia non è neppure completamente vera: sebbene gli amish rifiutino tutto ciò che possa comunicare facilmente e velocemente con il mondo esterno (smartphone, computer, automobili), possono usare la tecnologia sul posto di lavoro, dallo smartphone al pos, e si possono fare accompagnare in auto da altre persone oppure possono prendere un taxi. Quindi non sempre quello che pensiamo di sapere su queste comunità è vero.

Tuttavia c’è anche un lato oscuro nell’esistenza semplice degli amish: Cosmopolitan Uk ha realizzato una lunga inchiesta per smascherare gli abusi sessuali sui minori che sono avvenuti in molte famiglie.

Le vicende di abusi tra amish

L’inchiesta parte dalla storia di Sadie (è un nome di fantasia, così come gli altri di questa inchiesta, per tutelare le sopravvissute alla violenza). Sadie oggi ha 32 anni, vive in un non precisato stato del Midwest, negli Usa, e sta cercando di riprendersi attraverso la psicoterapia individuale e di coppia (insieme al marito).

Sadie ha subito uno stupro per la prima volta a 9 anni, da uno dei suoi fratelli, poi a 12 dal padre Abner (con la scusa di capovolgerle l’utero per renderla fertile) e quindi più volte a settimana dai suoi fratelli in gruppo, a partire dall’età di 14 anni. Sempre a 14 anni, fu messa in un angolo e violentata sul lavandino: ebbe una copiosa perdita di sangue e solo molto dopo scoprì di aver avuto un aborto spontaneo.

Nell’inchiesta sono stati trovati 52 casi di donne amish che, all’interno della loro comunità, hanno subito stupri sistematici. Tra queste c’è Lizzie Hershberger, che ha lanciato Voices of Hope con un’altra donna che faceva parte della comunità amish, Dena Schrock: anche Sadie si è rivolta a loro e lei e Lizzie sono diventate amiche.

Quest’ultima, a 14 anni, è andata a lavorare come colf in una casa: il capofamiglia, Chriss Stutzman, all’epoca 27enne, iniziò dal giorno del suo arrivo a violentarla nella stalla e sul calessino, e ha continuato a farlo 25 volte in cinque mesi. Nel 2001, in tribunale, l’uomo si è detto colpevole di condotta sessuale criminale di terzo grado, ottenendo solo 45 giorni di carcere e 10 anni di libertà vigilata.

Nel mio rapporto – ha scritto l’autrice dell’inchiesta Sarah McClure – ho identificato 52 casi ufficiali di violenza sessuale su minori amish in sette stati negli ultimi due decenni. In modo agghiacciante, questo numero non cattura il quadro completo. Praticamente ogni vittima amish con cui ho parlato, per lo più donne ma anche diversi uomini, mi ha detto di essere stata dissuasa dalla propria famiglia o dai leader della chiesa dal denunciare gli abusi alla polizia o di essere stata condizionata a non cercare aiuto esterno (come ha detto Sadie, sapeva che sarebbe stata semplicemente “deriso o incolpato”). Alcune vittime hanno affermato di essere state intimidite e minacciate di scomunica.

Gli ostacoli alla denuncia

Amish
Fonte: PIxabay

Non è facile denunciare una violenza sessuale se sei una donna amish. Innanzitutto le vittime non ricevono nessun tipo di educazione sessuale, per cui per loro è tecnicamente difficilissimo dire cosa sia stato fatto, perché le donne non conoscono neppure le parti del proprio corpo.

C’è poi il nodo della giustizia nella comunità amish. Perché in ogni comunità esiste una giustizia che segue delle regole che la stessa comunità si è data e gli amish non fanno differenza. Solitamente, quando emergono degli abusi famigliari, come quelli subiti da Sadie, il colpevole viene evitato per 6 settimane (non può sedere a tavola con gli altri, per esempio, e subisce ostracismo ed emarginazione), ma poi si confessa in chiesa e tutta la comunità è obbligata a perdonare.

È questo che accadde ad Abner, il padre di Sadie, dopo che il suo segreto fu trapelato tra i parenti. Intervennero anche i servizi sociali, ma le bambine di casa (le sorelle di Sadie, anche loro stuprate ripetutamente nel tempo), erano state avvisate di non parlare.

Non c’era amore o sostegno – ha spiegato Sadie – Non sentivamo di avere un posto dove andare per dire qualcosa.

In generale, però, è molto difficile che qualcuno denunci le molestie e gli abusi, perché è un’azione ritenuta non cristiana. Tuttavia anche gli amish sono stati influenzati dal movimento #MeToo e nell’ultimo decennio le denunce sono lentamente aumentate.

Cosa accade alle vittime

Amish
Fonte: PIxabay

Non sempre però la colpevolezza viene riconosciuta. O meglio, la comunità si schiera contro la vittima e a favore del colpevole. Una di queste circostanze è accaduta a Lizzie: il suo aggressore seriale ha dichiarato la sua colpevolezza ed è stato riammesso in comunità dopo 6 settimane. Lizzie è stata mandata in una presunta struttura per la salute mentale.

Anche un’altra sopravvissuta agli abusi, Esther, ha raccontato un’esperienza simile: per 2 delle 5 settimane della sua permanenza in una struttura del genere, è stata obbligata ad assumere olanzapina, un farmaco antipsicotico che le causava allucinazioni e vista sfocata.

Quando una vittima parla – ha raccontato Esther – viene mandata in una struttura e drogata in modo che stia zitta.

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