C’è chi l’ha definita la Jo March della Pianura Padana, citando il personaggio più iconico di Piccole donne. Sicuramente Maria Antonietta Torriani o Marchesa Colombi, lo pseudonimo scelto per pubblicare i suoi romanzi, è stata un’intellettuale chiave nell’Italia a cavallo tra Ottocento e Novecento.

Maria Teresa Cometto, autrice di una biografia a lei dedicata, ha ricordato come la sua storia sia quella di una “donna forte, indipendente, spiritosa, femminista ante litteram”, di grande ispirazione anche oggi, oltre che “esempio di piccola provinciale che ce l’ha fatta con le sue gambe”.

Ed è una storia utile per capire quanta strada abbiamo fatto da allora e quanto sono “care” le conquiste ottenute dalle donne.

La Marchesa Colombi. Vita, romanzi e passioni della prima giornalista del «Corriere della Sera»

La Marchesa Colombi. Vita, romanzi e passioni della prima giornalista del «Corriere della Sera»

La biografia di Maria Antonietta Torriani, scrittrice di romanzi e giornalista: fu la prima donna a scrivere per il Corriere
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La storia di Maria Antonietta Torriani o Marchesa Colombi

È difficile immaginare una gioventù più monotona, più squallida, più destituita d’ogni gioia della mia. Ripensandoci, dopo tanti e tanti anni, risento ancora l’immensa uggia di quella calma morta, che durava, durava inalterabile, tutto il lungo periodo di tempo, da cui erano separati i pochissimi avvenimenti della nostra famiglia.

Inizia così Un matrimonio in provincia, pubblicato nel 1885 con il nom del plume di Marchesa Colombi e considerato oggi il capolavoro dell’autrice. Scritto a 45 anni, ha una dimensione sottilmente autobiografica, quella di provinciale partita da un paesino sprofondato nelle risaie per arrivare al successo nella città più colta d’Italia, Milano.

Se nel romanzo è la madre di Denza, la protagonista, a morire prematuramente, nella realtà Maria Antonietta Torriani perse il padre a solo un anno di vita. Nata a Novara il 1° gennaio 1840, lei e la sorella furono infatti cresciute dalla madre Carolina, maestra di scuola.

Quando la donna, appena trentenne, rimase incinta, accettò di sposare un anziano amico di famiglia, evitando di finire nel gorgo dei pettegolezzi per via di una gravidanza considerata a quei tempi sconveniente. Fu chiaro fin da subito che Maria Antonietta non avrebbe mai voluto finire incastrata negli ingranaggi della vita provinciale.

Studentessa brillante nelle materie umanistiche, in quelle pratiche (destinate a trasformarla in madre e moglie perfetta) era mediocre. Ma un destino diverso l’attendeva nel capoluogo lombardo.

La carriera a Milano

Dopo la morte della madre e un breve periodo passato in convento, Maria Antonietta Torriani si trasferì a Milano e dal 1869 iniziò a lavorare come giornalista. All’inizio furono piccole testate come L’illustrazione universale, la rivista diretta da Eugenio Torelli Viollier, poi fondatore de Il Corriere della sera.

In questo periodo strinse una forte amicizia con Anna Maria Mozzoni, già attivista nel campo dei diritti delle donne, che le chiese di insegnare nel liceo femminile Gaetana Agnesi, da lei fondato. Fu proprio l’amica a incoraggiarla a scrivere il saggio Della letteratura nell’educazione femminile, in cui sosteneva l’importanza dell’istruzione delle giovani.

Voi madri che mi ascoltate, voi che nutrite nell’animo i più nobili sentimenti, voi che vivete all’amore della vostra prole, non vogliate privare le vostre figlie dei vantaggi di una seria istruzione.

Il matrimonio e il successo

Nel frattempo Maria Antonietta si era innamorata di Eugenio Torelli Viollier, che sposò nel 1875 alla veneranda età (a quei tempi) di 35 anni. Dato che era più vecchia dello sposo, per evitare i pettegolezzi dichiarò di essere più giovane di sei anni.

Nel frattempo erano sorte questioni più importanti a cui dedicarsi e Milano ormai era la capitale italiana dell’editoria. Quando il marito fondò il Corriere, un anno dopo le nozze, iniziò a tenere una rubrica fissa, Lettera aperta alle signore.

Frequentatrice assidua dei salotti letterari milanesi, Maria Antonietta Torriani decise di utilizzare uno pseudonimo. La scelta cadde su Marchesa Colombi, ispirata a un personaggio frivolo della commedia La satira e Parini di Paolo Ferrari, allora molto in voga.

Da quel momento iniziò a pubblicare un libro dietro l’altro, circa quaranta in tutta la sua carriera. L’attenzione era sempre rivolta al mondo femminile, con un particolare riguardo alle tematiche dello studio e del lavoro.

Diventata autrice di successo, ma con un matrimonio ormai finito alle spalle e senza figli, nel 1900 decise di tornare in Piemonte e si stabilì a Torino, dove passò gli ultimi vent’anni della sua vita. Maria Antonietta Torriani o Marchesa Colombi morì sola, dimenticata dagli amici intellettuali che avevano frequentato i suoi salotti milanesi e torinesi.

Fu sepolta in un piccolo cimitero con una tomba volutamente spoglia, appena fuori Torino. La sua riscoperta letteraria avvenne solo molti anni dopo, negli anni Settanta, grazie all’interesse di Natalia Ginzburg e Italo Calvino, che la vollero nella nuova collana Einaudi.

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