Il confronto tra generazioni è sempre uno dei pezzi forti nell’ambito delle discussioni familiari, dove generalmente è il più anziano a dire al più giovane “Ai miei tempi era tutto diverso!”

Beh, in effetti non si può dare torto a questa frase: con il tempo e gli anni le generazioni sono indiscutibilmente cambiate, ma questo non significa che sia sempre un male.

Ad esempio, è piuttosto ovvio che, rispetto a trenta o quarant’anni fa, i ragazzi di oggi decidano molto più tardi di “metter su famiglia”, di sposarsi e di avere figli (e anche di non fare nessuna di queste cose, naturalmente, ma questa è un’altra storia…); ma siamo proprio sicuri che tutto ciò dipenda da una certa “pigrizia” dei trentenni di oggi, o dalla poca inclinazione a lasciare il nido genitoriale?

In realtà l’attitudine dei Millennials rispetto alle relazioni, che l’antropologa e ricercatrice senior del Kinsey Institute Helen Fisher chiama “slow love“, ha le sue ragioni di esistere.

Gli studi dimostrano che i Millennials, ovvero la generazione nata e cresciuta tra gli anni ’80 e i primi del 2000, si frequentano meno, fanno meno sesso e si sposano molto più tardi rispetto a qualsiasi generazione prima di loro, e la generazione Z, ovvero quella successiva, sembra seguire le medesime orme.

Nel 2018, secondo un articolo del New York Times, l’età media del primo matrimonio si avvicinava ai 30 anni (29,8 per gli uomini e 27,8 per le donne), in ritardo di cinque anni rispetto al 1980, quando l’età media era 24,7 anni per gli uomini e 22 per le donne.

Uno studio del 2017 negli Archives of Sexual Behavior ha inoltre rilevato che molti Millennials sui vent’anni non fanno sesso e hanno più del doppio delle probabilità di essere sessualmente inattivi rispetto alla generazione precedente.

Un altro studio ha evidenziato che le coppie americane di età compresa tra i 25 e i 34 anni trascorrono in media sei anni e mezzo insieme prima di sposarsi, rispetto agli altri gruppi di età che girano su una media di cinque anni.

Perché questo divario così ampio ed evidente?

Le cause dello slow love

Non  è che i Millennials siano per forza di cose refrattari ai matrimoni o al sesso, ma certamente alcune condizioni oggi attuali, e invece assenti un tempo, non permettono di seguire le orme dei nostri genitori in fatto di relazioni.

Prendiamo la precarietà economica, ad esempio: molti di noi lottano con lavori mai stabili, spesso al limite del sottopagato, entrando in un circolo vizioso per ciò che concerne affitti, mutui e, ovviamente, la possibilità di poter costruire una famiglia.

Ma a spingere i Millennials lontani dall’amore, per così dire, è anche la “digital saturation“, ovvero la possibilità di poter godere di sesso e amore apparentemente senza limiti online: dal dating alla pornografia, soprattutto in un periodo storico particolare come quello che abbiamo vissuto nel 2020, con una pandemia mondiale a interrompere le nostre possibilità di conoscere persone e, quindi, di instaurare relazioni potenzialmente durature, molti ragazzi si sono riversati su Internet ma hanno finito con il comprendere che incontrare qualcuno di speciale non sia poi una passeggiata.

Tanto che persino The Atlantic si è occupato di quella che definisce una “recessione sessuale“, parlando proprio di “miraggio Tinder“: sempre più giovani hanno cercato nel web persone con cui intrecciare relazioni, trovandosi spesso faccia a faccia con amare illusioni, ma nonostante ciò non hanno abbandonato l’idea, complici il lockdown e una difficoltà generalizzata di spendere nel tempo, nella vita reale, per conoscere qualcuno.

Gli aspetti positivi dello slow love

Fisher è assolutamente convinta che ci sia molto da imparare dallo slow love: “Vorrei che le persone capissero che, sebbene i Millennials non si siano ancora sposati e non facciano tanto sesso quanto la mia generazione, le ragioni sono buone“, dice.

Vediamole, queste ragioni: in primis, pur mettendoci così tanto per capire se una relazione è quella giusta, i ragazzi con il loro “amore lento” potrebbero costruire storie più durature rispetto a quelle dei loro genitori, ad esempio; se pensiamo che un tempo, neanche troppo lontano, molti matrimoni erano celebrati per convenienza o anche con eccessiva fretta, ed esaminiamo l’alto numero di divorzi presente nella generazione precedente a quella dei Millennials, possiamo capire cosa intende la dottoressa Fisher.

Peraltro, aggiunge, le stime dicono che le persone che escono insieme tre anni o più, prima di sposarsi, hanno il 39% in meno di probabilità di divorziare rispetto alle persone che si sposano in minor tempo.

Con lo slow love – dice la dottoressa – forse quando le persone fanno un percorso insieme sanno con chi lo stanno facendo, e pensano di poter mantenere ciò che hanno.

Insomma i single di oggi cercano di imparare il più possibile su un potenziale partner prima di investire tempo, energia e denaro su di lui, tanto che persino il primo appuntamento è passato dall’essere un’occasione per conoscersi a un momento più formale e rappresentativo in una relazione a uno stadio più avanzato.

E, per alcuni single, il sesso è diventato una fase del corteggiamento: in uno studio condotto per Match.com, Fisher ha infatti scoperto che circa il 34% dei single ha fatto sesso con qualcuno prima del primo appuntamento, in quella che lei definisce “colloquio sessuale”.

L’idea generale, che per la prima volta ribalta lo stereotipo del trentenne che fatica a staccarsi dai genitori e non vuole impegnarsi, è proprio l’opposto: queste generazioni potrebbero costruire qualcosa di meglio rispetto ai predecessori, perché gli impegni che prendono sono ponderati e frutto di lunghe riflessioni, e qualche volta anche di attese, perciò tendono a essere più duraturi. È proprio da loro, quindi, che potremmo aspettarci il “per sempre”.

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