Intersessualità, quando i genitali (e non solo) non sono né maschio né femmina
Nè maschio, nè femmina: intersex. Scopriamo insieme cosa si intende per intersessualità e soprattutto la violenza delle terapie sui bambini intersex.
Nè maschio, nè femmina: intersex. Scopriamo insieme cosa si intende per intersessualità e soprattutto la violenza delle terapie sui bambini intersex.
La tradizionale dicotomia maschio/femmina è stata per lungo tempo imposta nella cultura occidentale. A oggi l’identità di genere non è più ancorata a questo semplice dualismo, ma è molto di più. Procediamo per gradi.
Secondo la definizione dell’ISNA (Intersex Society of North America) “intersessuale” è un termine generale, che può essere usato per indicare una varietà di condizioni in cui una persona nasce con un’anatomia riproduttiva o sessuale che non sembra adattarsi alle definizioni tipiche di femmina o maschio.
Ad esempio, una persona potrebbe nascere con l’aspetto di una donna, ma con un’anatomia per lo più maschile. Per esempio, una ragazza può nascere con una clitoride notevolmente grande, o priva di un’apertura vaginale, oppure un ragazzo può presentare alla nascita un pene particolarmente piccolo, ma allo stesso tempo si possono presentare delle disfunzioni cromosomiche.
Il termine non si riferisce soltanto alle anomalie dello sviluppo che comportano organi genitali esterni di aspetto ambiguo, ma è esteso a tutte le condizioni di incongruenza tra i diversi elementi dai quali dipende l’espressione del carattere sessuale di un individuo, come il cariotipo, la struttura delle gonadi, la conformazione degli organi genitali (esterni e interni), i caratteri sessuali secondari, e infine, anche l’orientamento psichico del soggetto e la sua percezione della propria identità sessuale come quella di un maschio o di una femmina.
Per anni si è teso a nascondere gli intersessuali, tentando di ricondurli a uno dei due sessi culturalmente accettati e scoraggiandoli dal comunicare gli altri la propria condizione.
Ad oggi è importante sottolineare quanto l’assegnazione forzata dei sessi continui a essere un problema culturalmente e sociologicamente rilevante.
L’universo LGBTQIA+, difatti, nel tempo si è espanso sempre più, e determinate “definizioni” non sembrano più essere sufficienti ad abbracciare un modo di vivere e di intendere la sessualità che si è fatto via via più complesso. All’acronimo LGBT (bisessuale, omosessuale e transessuale) oggi si sono aggiunte una Q (queer), una I (intersex), una A (asexual) e un +, che indica che in realtà, forse, le definizioni non si esauriscono nemmeno così.
Tra le nuove terminologie, possiamo annoverare anche quella di gender fluid, che tende a rispecchiare chi, semplicemente, non vuole essere etichettato in un genere specifico, e vive liberamente la propria identità sessuale, senza costrizioni di alcun tipo.
Quindi, pare ovvio notare, che per molto tempo la popolazione è stata definita in soli due generi che corrispondono al sesso biologico: maschio/femmina. Ma sia dal punto di vista medico, che sociologico e psicologico, esistono molteplici casi e situazioni in cui questa dicotomia è fin troppo riduttiva.
Ricordiamo che identità e orientamento non sono la stessa cosa, come affermato durante il Giorno della Solidarietà Intersessuale, l’orientamento sessuale si riferisce alla capacità di ogni persona di attrazione emotiva, affettiva e sessuale, e di rapporti intimi e sessuali con individui di diverso o uguale genere o più di un genere. L’identità di genere, invece, si riferisce all’esperienza interna e individuale profondamente sentita di ogni persona, che può o no corrispondere al sesso di nascita.
È bene, quindi, distinguere tra transgender (una persona la cui identità di genere e/o espressione di genere differisce rispetto al sesso di nascita) e intersessuale, che definisce la condizione in cui un individuo è nato con anatomia riproduttiva o sessuale e/o modelli cromosomici che non sembrano conformi alle tipiche nozioni biologiche di maschio o femmina.
A testimonianza dell’apertura nei confronti del mondo LGBTQIA+, a novembre 2018 il City Council di New York deliberò la possibilità di scegliere il “gender X” per il proprio figlio eliminando dunque la dicotomia maschio/femmina dalla carta di identità e dai vari certificati.
Alcuni Stati come la California, l’Oregon o il Montana permettevano già prima di New York la possibilità di cambiare il genere sul proprio certificato di nascita senza un’autorizzazione medica specifica.
Caso analogo è accaduto in Germania, sempre nel 2018, quando la Corte Costituzionale federale tedesca ha stabilito che il Parlamento possa riconoscere legalmente l’esistenza di un terzo genere oltre a quello maschile e femminile, che tenga conto di tutte le varianti che non possono essere categorizzate.
Allo stesso tempo, questa decisione “epocale” è sembrata a tanti come prematura, perché capace di compromettere il diritto alla futura autodeterminazione del neonato. Come dichiarato in un articolo della CNN:
Mentre la legge è stata “un enorme passo avanti nel riconoscere più diritti e…consapevolezza nei confronti delle persone al di là del semplice ‘uomo e donna’, il governo ha di fatto ignorato un’opzione alternativa proposta dalla corte costituzionale lo scorso anno per abolire la registrazione di genere, un’opzione più inclusiva per le persone il cui sesso alla nascita non si adatta alla loro identità di genere.
L’attivismo intersex, infatti, cerca proprio di battere su un concetto molto importante: il sesso biologico non si divide in due, né in tre categorie, bensì presenta una variabilità continua da una persona all’altra.
La maggior parte delle volte, in maniera erronea, quando un bambino nasce intersessuale, i medici e la famiglia decidono un sesso, tra maschio o femmina, e crescono il bambino secondo il genere previsto da quel sesso. È abbastanza comune, purtroppo, che venga eseguito un intervento chirurgico sui genitali del bambino e vengano somministrati ormoni per adattarli alle categorie maschile/femminile durante la pubertà, con conseguenze spesso devastanti.
L’intersessualità è stata trattata per molto tempo come un problema medico, una malattia da curare, con interventi chirurgici invasivi.
Secondo quanto riportato da un rapporto di Amnesty International, ogni anno in Germania e Danimarca nascono bambini con caratteristiche sessuali – genitali, gonadi, ormoni, cromosomi o organi riproduttivi – che variano dalle classiche norme stabilite per rientrare nelle categorie “maschio” e “femmina”.
Le violazioni dei diritti umani subite dai bambini con variazioni delle caratteristiche sessuali sono inaccettabili. Il rapporto si concentra in particolare sull’obbligatorietà di interventi chirurgici invasivi e irreversibili non urgenti e ad altri trattamenti medici. Questi interventi possono violare i diritti umani, inclusi i diritti del bambino, il diritto all’integrità fisica, ma soprattutto il diritto alla salute.
Sensibilizzare sull’uguaglianza intersessuale, sui malintesi che circondano l’argomento e i pregiudizi nella società che si riferiscono all’Intersessualità, richiederà ancora un lungo lavoro da parte dell’attivismo intersex.
Un recente studio medico sugli stati intersessuali in età adolescenziale ha dimostrato che, sebbene gli stati intersessuali siano nella maggioranza dei casi diagnosticati alla nascita per la presenza di genitali ambigui o atipici, in alcuni casi la diagnosi può essere posta al momento della pubertà, per un mancato sviluppo puberale o per uno sviluppo puberale atipico o ancora per il rafforzarsi di una disforia di genere.
Il percorso diagnostico e terapeutico in un soggetto con sospetto stato intersessuale in età peri-puberale deve prevedere non solo l’identificazione della condizione medica di base (laddove possibile), ma anche la definizione dell’identità di genere, al fine di ottimizzare gli esiti terapeutici.
Quest’ultimo sembra essere uno degli aspetti miliari dell’approccio clinico, in quanto condiziona l’induzione puberale in senso maschile o femminile. É auspicabile un approccio multidisciplinare e olistico ai giovani pazienti con stato intersessuale.
Le cause dell’intersessualità e le condizioni possono essere tantissime. Solo per citarne alcuni:
Secondo le Nazioni Unite, tra lo 0,5% e l’1,7% della popolazione mondiale nasce con tratti intersessuali e rischia di subire violazioni dei diritti umani che includono chirurgia, discriminazione e tortura.
Gran parte degli esperti medici concordano sul posticipare interventi e procedure cliniche sui bambini intersessuali, fino a quando l’individuo non sarà abbastanza grande da essere attivamente coinvolto nella decisione.
Secondo quanto riportato da un interessante articolo dell’ ISNA, i bambini “curati” per condizioni di intersessualità all’interno dell’establishment medico subiscono traumi simili a quelli dei bambini che subiscono abusi sessuali.
La gestione medica delle condizioni di intersessualità implica il contatto diretto con i genitali del bambino. Le procedure sono dolorose e ripetute. Anche le dinamiche familiari possono essere simili a quelle dell’abuso familiare: i bambini vengono regolarmente messi a tacere o informati male su ciò che sta accadendo loro, e quando saranno più grandi riterranno i genitori responsabili del danno subito.
Teenvogue riporta l’esperienza di 9 giovani intersessuali che hanno subito interventi chirurgici e che hanno sofferto per questo.
Anick, 24 anni, di Londra, dichiara:
Le mie parti intime sembravano visibilmente diverse e ho cercato disperatamente di nasconderlo. Ero mortificato al pensiero che qualcuno lo scoprisse. Mi è stato insegnato a odiare il mio corpo sin dalla giovane età. Mi hanno fatto sentire come se fossi un mostro. Quello che mi faceva più male, a parte gli interventi chirurgici e le infezioni, era l’idea che sarei stato sempre rifiutato e mai a mio agio nella mia pelle.
E, ancora, Irene, 26 anni, di Mosca, dice:
Avevo circa 12 anni quando tutti i miei coetanei hanno raggiunto la pubertà, ma io non l’ho fatto: niente seno, niente ciclo, solo alti livelli di testosterone. A 15 anni, mi sono state rimosse le gonadi senza capire chiaramente cosa mi stavano facendo. Mi sono stati somministrati estrogeni e due anni dopo ho iniziato ad avere il ciclo.
Ho saputo di essere intersessuale a 22 anni quando ho visto il video “Com’è essere intersessuali” su Buzzfeed, che mi ha spinto a cercare le mie cartelle cliniche. Ho scoperto di avere cromosomi XY e una variazione intersessuale chiamata disgenesia gonadica mista. Scoprire la verità è stata la cosa migliore che mi sia mai capitata.
L’intersessualità, quindi, non è una malattia e non deve essere “curata”. È possibile che alcune condizioni particolari richiedano un intervento medico e clinico, ma non deve essere una prassi procedurale per far rientrare l’individuo in una determinata “categoria” maschile o femminile.
ISNA, così come altri Enti in tutto il mondo, adottano un approccio pragmatico all’intersessualità, lavorando attivamente per costruire un mondo libero da vergogna, segreti e interventi chirurgici genitali indesiderati per chiunque sia nato con quella che qualcuno crede essere un’anatomia sessuale non standard.
L’informazione corretta, come sempre, è la chiave di questo problema. I genitori dovrebbero essere informati sulle loro opzioni riguardo al loro bambino, nel caso sia intersessuale. Dovrebbe essere presente uno psicologo esperto che abbia familiarità e che possa aiutare tutta la famiglia. Inoltre, l’intero settore medico dovrebbe essere ben informato sull’importanza all’autodeterminazione riguardo alla propria anatomia.
Curiosa per natura, vorace consumatrice di serie tv e formata nel carattere dai libri di Oriana Fallaci, amo convertire tasti in parole. Ad oggi lavoro come Social Media Manager e Web Content Specialist per Insem Spa e collaboro con...
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