Il posto segreto dove Corrie ten Boom ha nascosto le persone con disabilità dai nazisti
Come un'orologiaia danese riuscì a salvare centinaia di ebrei durante la Seconda guerra mondiale: la storia di Corrie ten Boom.
Come un'orologiaia danese riuscì a salvare centinaia di ebrei durante la Seconda guerra mondiale: la storia di Corrie ten Boom.
Parafrasando Voltaire, l’universo è come un orologio, serve un orologiaio per farlo funzionare. In questa storia non ci sono però dei e semidei, ma un’orologiaia vera, in carne e ossa, la prima donna a svolgere questa professione in Olanda. Si chiamava Corrie ten Boom e nel bel mezzo della Seconda guerra mondiale serbò un grande segreto: con la stessa maestria con cui si occupava di ingranaggi e lancette, riuscì a nascondere nella sua casa centinaia di ebrei in fuga dal regime nazista.
Tra il 1943 e il 1944, lei e la sua famiglia lavorarono con la Resistenza olandese, aprendo la loro casa e salvando la vita di circa 800 rifugiati. Un’attività rischiosa, che portò alla morte del padre e della sorella: molti anni dopo, nel 1967, tutti e tre furono nominati Giusti tra le nazioni dal memoriale di Israele, Yad Vashem, che oggi ricorda le loro vite tra le tante di chi non restò a guardare.
Corrie Ten Boom nacque ad Amsterdam nel 1892 da Cornelia e Casper ten Boom, entrambi devoti calvinisti. Vedendo lavorare il padre orologiaio nella casa-bottega, che avevano soprannominato Beje, fin da bambina decise di seguire le orme del padre e divenne la prima donna orologiaia autorizzata in Olanda nel 1922.
La sua vita proseguì placida e senza scossoni, divisa tra il lavoro accanto al padre, un club giovanile per ragazze e il volontariato per enti di beneficenza per bambini con disabilità. Dopo l’invasione nazista nel maggio 1940, tutto precipitò: tra le tante restrizioni imposte sul territorio occupato, vi fu anche il divieto di portare avanti qualsiasi tipo di associazione, come quella gestita da Corrie Ten Boom.
Quando nel maggio 1942, una donna ebrea arrivò alla loro porta in cerca di riparo, raccontando di aver sentito da qualcuno che i ten Boom avevano aiutato i loro vicini ebrei, la famiglia non ebbe dubbi. Conoscevano i rischi, ma Casper ten Boom la invitò immediatamente a entrare: “In questa casa, il popolo di Dio è sempre il benvenuto”, le disse. Iniziò così la partecipazione attiva alla Resistenza olandese.
La famiglia ten Boom possedeva una casa grande, ma in tempo di guerra il vero problema era trovare cibo. I cittadini olandesi non ebrei avevano ricevuto tessere annonarie, ma le razioni non erano così abbondanti da essere condivise: Corrie ten Boom decise quindi di contattare il funzionario incaricato dell’ufficio delle razioni, che conosceva perché aveva assistito la figlia disabile, e gli domandò cento tessere. Inaspettatamente, la risposta fu positiva.
Grazie all’aiuto della Resistenza, iniziarono poi a ottimizzare gli spazi in casa; costruirono così una stanza segreta, accanto alla camera da letto di Corrie, dove i rifugiati e gli agenti della Resistenza in viaggio potevano nascondersi, oltre a un allarme per avvisare i fuggitivi in caso di pericolo. Per tutto il 1943 e durante i primi mesi del 1944, i ten Boom ebbero sempre 5 o 6 persone nascoste nella loro casa, in attesa di passaggio ad altre case sicure, ma poi qualcosa andò storto.
Nel febbraio del 1944 qualcuno informò i nazisti, che arrestarono tutta la famiglia ten Boom. Dopo l’immediato rilascio di alcuni di loro, in tre rimasero in prigione: Casper, il padre, si ammalò e morì nella prigione dell’ospedale dieci giorni dopo, mentre Corrie e la sorella Betsie furono mandate al campo di concentramento politico di Herzogenbusch e poi al campo femminile di Ravensbrück.
Mesi dopo, il 16 dicembre 1944, Betsie morì in seguito all’aggravarsi delle sue condizioni di salute. Due settimane dopo, Corrie ten Boom fu rilasciata per errore, mentre tutte le altre donne della sua età vennero mandate alle camere a gas. Tornata in Olanda, aprì di nuovo la porta della sua casa ai rifugiati, in questo caso ospitando le persone con disabilità intellettive.
Proseguì la sua attività anche dopo la guerra, aprendo un centro di riabilitazione e aiutando i sopravvissuti. Chiamata a raccontare la sua storia in tutto il mondo, scrisse il memoir Il nascondiglio, il solo modo che aveva per mantenere il ricordo di quegli anni sempre vivo.
Nessuno pensava che quella piccola nuvola sarebbe cresciuta fino a nascondere tutto il cielo, nessuno immaginava che in quelle tenebre ognuno di noi sarebbe stato chiamato a recitare una parte… Mi ritornarono alla mente, dalle tenebre della notte, scene d’infanzia, stranamente vicine e assillanti… Allora non lo sapevo e, infatti, in una vita così ordinaria e predicibile come la mia, non potevo certo prevedere un qualsiasi nuovo futuro a cui prepararmi. Mentre giacevo nel mio letto, in cima alla casa, sapevo soltanto che certi momenti di un passato lontano si ergevano a fuoco contro la nebbia degli anni. Erano stranamente netti e vicini, come se non fossero ancora finiti, come se avessero ancora qualcosa da dire…
Web content writer e traduttrice. Parlo poco, scrivo tanto e cito spesso Yeats.
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