"Basta non smettere di tentare": Ella Fitzgerald e la gioia di vivere (e cantare)
La storia di Ella Fitzgerald, la regina del jazz che partì dalle strade di Harlem per arrivare ai più grandi teatri del mondo.
La storia di Ella Fitzgerald, la regina del jazz che partì dalle strade di Harlem per arrivare ai più grandi teatri del mondo.
Quando salì sul palco dell’Apollo Theater di New York, durante una serata dedicata alla selezione di nuovi talenti, Ella Fitzgerald aveva solo 17 anni. Voleva esibirsi nel ballo, ma il panico le impietrì le gambe. Decise quindi di provare con una canzone: il suo istinto la premiò con il primo posto e una carriera che da quel momento non si sarebbe più arrestata.
Un vecchio articolo del New York Times, pubblicato in occasione della sua scomparsa nel 1996, ricordava come durante i suoi quasi sessant’anni di attività si fosse mantenuta sempre lontana dai drammi. Pur avendo vissuto una vita costellata da profonde ferite e dolori, cantò le canzoni più tristi con una dolcezza innata, senza mostrare alcuna vulnerabilità.
Si esibì con i più grandi musicisti jazz, come Duke Ellington, Count Basie e Louis Armstrong, e duettò con Frank Sinatra, Dean Martin e Nat King Cole, solo per citare alcuni nomi. Cantò gli “intoccabili” standard del Novecento, scritti da George Gershwin, Cole Porter e Irving Berlin, trasformandoli in qualcosa di nuovo. La sua incredibile voce con un’estensione di più di tre ottave era un dono naturale, ma tutto il resto lo conquistò con il duro lavoro e la passione.
Basta non smettere di provare a fare quello che vuoi veramente fare. Se ci sono amore e ispirazione, non credo che tu possa sbagliare.
Come ricorda la biografia del suo sito ufficiale, Ella Fitzgerald nacque il 25 aprile del 1917 a Newport News, in Virginia. Quando i suoi genitori si separarono, un anno dopo la sua nascita, andò a vivere nello stato di New York con la madre e il nuovo fidanzato.
Fu in quei primi anni che iniziò a sognare di diventare una ballerina, ma le condizioni precarie della sua famiglia la costrinsero ad accettare piccoli lavoretti nel quartiere, a cui si dedicava quando non era a scuola. Nel 1932, dopo la morte prematura della madre in seguito a un incidente stradale, la situazione precipitò.
Fu sicuramente il periodo più infelice della vita di Ella Fitzgerald, che iniziò a trascurare lo studio e a passare sempre più tempo in strada. Arrestata dalla polizia e spedita in riformatorio, riuscì a scappare e si ritrovò sola, a quindici anni, con una vita tutta da immaginare.
Allegra e vivace, quando poteva prendeva il treno per Harlem, dove con gli amici assisteva agli spettacoli dell’Apollo Theater: fu così che decise di tentare la sorte ed esibirsi durante la Amateur Night del 21 novembre 1934 che segnò il suo debutto nel mondo del jazz.
So di non essere una ragazza glamour e non è facile per me stare in piedi di fronte a una folla. Mi dava molto fastidio, ma ora ho capito che Dio mi ha dato questo talento da usare, quindi me ne sto lì e canto.
Ella Fitzgerald registrò per la prima volta nel 1935 e da lì non si fermò più. Proprio mentre muoveva i primi passi nel mondo della musica, sposò un operaio navale con alle spalle precedenti penali, ma chiese l’annullamento del matrimonio dopo due anni. Qualche anno dopo, mentre era in tour con la band di Dizzy Gillespie, si innamorò del bassista Ray Brown che sposò nel 1947 e con cui adottò il figlio della sua sorellastra Frances.
Mentre la sua fama cresceva, nel 1953 anche il secondo matrimonio naufragò, vittima del fitto calendario di esibizioni della cantante. Dal 1956 iniziò una serie di registrazioni di canzoni immortali, rivisitate grazie alla sua versatilità vocale. “Non ho mai saputo quanto fossero belle le nostre canzoni fino a quando non ho sentito Ella Fitzgerald cantarle”, disse il compositore Ira Gershwin a proposito delle versioni della regina del jazz.
Ormai celebre, quando era in tour subiva gli stessi atti di razzismo di tutti gli altri afroamericani. Una volta, mentre era a Dallas in tournée, la polizia fece irruzione nel backstage per infastidire gli artisti: entrarono nel camerino di Ella, dove lei e altri noti musicisti stavano giocando a dadi, e arrestarono tutti. “Ci portarono via e poi ebbero pure il coraggio di chiedere un autografo”, raccontò anni dopo.
Quasi nessuno, oltre al suo manager Norman Granz — che era bianco, ma non tollerava alcuna discriminazione verso i suoi artisti — osava prendere le sue difese. Tra i pochi che ci provarono ci fu però Marilyn Monroe, come la stessa Ella Fitzgerald ricordò più avanti.
È stato grazie a lei che ho suonato al Mocambo, un locale molto popolare negli anni Cinquanta. Chiamò personalmente il proprietario del Mocambo e gli disse che voleva che mi scritturasse immediatamente e che, se lo avesse fatto, lei avrebbe prenotato un tavolo un prima fila ogni sera. Lei gli disse (ed era vero, perché Marilyn era una grande star) che la stampa si sarebbe scatenata. Il proprietario disse di sì e Marilyn era lì, davanti al tavolo, ogni sera. La stampa impazzì. Da quel momento non dovetti più suonare in un piccolo jazz club.
A partire dagli anni Settanta Ella Fitzgerald iniziò ad avere problemi alla vista complicati dal diabete e nel 1986 fu operata al cuore, ma tornò sul palco del concerto l’anno successivo. Proseguì con i concerti fino agli inizi degli anni Novanta, sebbene la sua voce avesse perso un po’ dell’antico smalto.
Riservata, continuò a vivere tranquillamente nella sua grande casa di Beverly Hills, dove incontrava i vecchi amici che con lei avevano diviso il palco, come le cantanti Sarah Vaughan e Peggy Lee. Nel 1991, con 200 album alle spalle e una lunghissima lista di riconoscimenti e premi, tenne il suo ultimo concerto alla Carnegie Hall di New York.
Sottoposta all’amputazione delle gambe, conseguenza del diabete, non si riprese più del tutto: fino al giorno della sua morte, il 15 giugno del 1996, preferì passare il suo tempo nel giardino di casa, ad ammirare la natura insieme al figlio Ray Jr. e alla nipotina Alice.
Immagino che ciò che tutti vogliono più di ogni altra cosa sia essere amati. E sapere che sono stata amata per il mio canto è troppo per me. Perdonatemi se non trovo le parole per spiegarlo. Però forse posso cantarlo e voi capirete.
Web content writer e traduttrice. Parlo poco, scrivo tanto e cito spesso Yeats.
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