Insoddisfazione cronica: perché sei sempre così insoddisfatta/o e come uscirne
Demotivazione, frustrazione, senso di colpa: tutti segnali dell'insoddisfazione cronica, molto più di un semplice "Non sono contento/a di me".
Demotivazione, frustrazione, senso di colpa: tutti segnali dell'insoddisfazione cronica, molto più di un semplice "Non sono contento/a di me".
Ma ci sono persone che vivono questo stato di demotivazione e di frustrazione perenne, soffrono cioè di insoddisfazione cronica, che è molto più rispetto a un “semplice” non essere contenti di sé.
Quando si vive in uno stato di dispiacere permanente, in cui non si riesce ad accettare ciò che si è, la propria identità o le situazioni che si vivono, allora l’insoddisfazione assume carattere quasi patologico e sicuramente disfunzionale per noi.
Alla base dell’insoddisfazione cronica c’è la scissione tra l'”io ideale” e la persona che si percepisce di essere, che ovviamente non combaciano, causando frustrazione. Molto spesso le persone che soffrono di insoddisfazione cronica faticano a trovare una causa scatenante del problema, ma mostrano uno stato praticamente costante di noia, demotivazione e cattivo umore.
È una sorta di mal de vivre profondamente radicato per quanto di difficile definizione.
Per quanto, come detto, sia difficile ipotizzare che si possa trovare con precisione il fattore scatenante dell’insoddisfazione cronica, gran parte di studi e ricerche sono concordi nell’identificare le esperienze negative come possibile causa; questo, ad esempio, è sostenuto dal modello EMDR (Eyes Movement Desensibilization and Reprocessing), secondo cui sarebbero appunto le esperienze negative, sopraffacendo il sistema di elaborazione adattiva dell’informazione, e non consentendogli di fare i collegamenti interni necessari per risolvere internamente le stesse esperienze, le responsabili di questo stato.
Perché, secondo questa ipotesi, gli aspetti cognitivi, emotivi, neurofisiologici e comportamentali dei ricordi, resterebbero “intrappolati” nella loro forma originaria, compromettendo il benessere della persona.
Spesso le origini di questi meccanismi si ritrovano nell’infanzia, dato che può capitare che i bambini nati con particolari capacità rischino di identificarsi esclusivamente con i loro successo, costruendo quindi la propria identità in base a ciò che riescono a fare o a conseguire, senza però chiedersi cosa invece sceglierebbero per se stessi.
Insomma, le aspettative – che non sempre sono costruite da altri intorno a loro – portano questi bambini, anche in fase adulta, a ricercare costantemente conferme dalle altre persone, spendendo tutte le proprie energie per questo e trovandosi quindi di fronte a uno stato di demotivazione in caso di “fallimento”.
Possono essere delineate delle caratteristiche tipiche di chi manifesta insoddisfazione cronica, ovvero atteggiamenti o contesti in cui questa problematica inevitabilmente esce.
Prima di tutto, come riporta questo articolo, parliamo di delusione e frustrazione: chi è insoddisfatto in maniera cronica infatti difficilmente sarà felice anche in caso di conseguimento di un obiettivo, che anzi è spesso comunque vissuto con delusione; c’è poi una ricerca del perfezionismo a tutti i costi, nella ricerca disperata di quella perfezione, appunto, che ovviamente è irrealistica.
In un contesto del genere anche l’organizzazione di un semplice progetto può sfociare in ansia da performance e stress. Chiaramente l’insoddisfazione cronica emerge in qualunque ambito della vita, sia esso quello personale o lavorativo.
Ovviamente, un insoddisfatto cronico sarà ipersensibile al fallimento, tollerando a malapena qualunque genere di insuccesso, soprattutto sed ha fatto di tutto per ottenere il risultato che si era prefissato. Quando un obiettivo non viene raggiunto nella persona insoddisfatta compaiono il senso di colpa, di responsabilità e la frustrazione, mentre, a livello cognitivo, la ruminazione è la strategia mentale più utilizzata. È quel che, molto semplicemente, si definisce “rimuginare sopra le cose”
Ma chi è cronicamente insoddisfatto tende anche a un’eccessivo ricorso alla lamentela, sia fatta essa in presenza di altre persone o da solo. Anche quando ottiene ciò che vuole, infatti, non è pienamente soddisfatto e non perde occasione per dimostrarlo. Il problema alla base di questa reazione è che vorrebbe sempre fare le cose in maniera migliore, più funzionale, o meglio.
Spesso infatti la natura dell’insoddisfazione cronica diventa ossessiva, o spingono il soggetto a un eccesso di autocritica, in cui ogni dettaglio che va “storto” nel conseguimento di un obiettivo viene imputato a se stessi.
Infine, chi soffre di insoddisfazione cronica soffre anche di un doppio standard nelle aspettative: non solo quelle che ha verso le altre persone, ma anche quelle che nutre verso la propria persona.
Ovviamente il percorso non è facile, o meglio lo è, ma solo sulla carta, perché spesso tradurre in pratica metodi e suggerimenti è tutt’altro che semplice; per uscire dallo stato di insoddisfazione cronica bisognerebbe prima di tutto imparare ad apprezzarsi, ma per fare ciò è necessario conoscere a fondo la propria persona e anche i propri limiti, partendo dal fatto che tutti e tutte ne siamo dotati/e.
Di aiuto può anche essere indagare sulle origini dei pensieri che producono l’insoddisfazione, spezzando i legami con esse. Il pensiero generale è che molto spesso la causa della demotivazione sia da ricercarsi nel fatto di stabilire obiettivi eccessivamente a lungo termine, mentre sarebbe importante concentrarsi esclusivamente sul “qui e ora” in modo da dare a ogni singolo atto o obiettivo della nostra vita la giusta importanza.
Giornalista, rockettara, animalista, book addicted, vivo il "qui e ora" come il Wing Chun mi insegna, scrivo da quando ho memoria, amo Barcellona e la Union Jack.
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