Donne gamer assenti dai posti che contano, ma quasi metà dei giocatori è donna

Donne gamer poco rappresentate nel mondo videoludico, o rappresentare secondo una narrazione maschilista e zoppicante; eppure metà dei giocatori è donna. Perché questo mondo è ancora così immerso nel sessimo?

Sulla questione delle “cose da donne” e “da uomo” si potrebbe discutere all’infinito, perché, ancora oggi, per qualcuno l’idea che ogni attività, comportamento o abbigliamento sia perfettamente unisex è piuttosto difficile da accettare e comprendere.

Certamente un mondo fra i più ostici, per le donne, è quello dei videogiochi, e non certo perché non esistano donne appassionate da realtà virtuale e gaming, ma proprio perché, per tornare al discorso di apertura, è da sempre ritenuto un campo prettamente maschile, un po’ come il calcio, per intenderci, e, stando così le cose, per le donne gamer trovare spazio e soprattutto credibilità è tutt’altro che impresa semplice.

Eppure, dati alla mano, le donne che amano giocare ai videogames, e lo fanno anche come vera e propria competizione, non sono poche. Perché allora questo tabù non riesce a essere abbattuto?

Le donne e il gaming

Nell’immaginario collettivo le gamer non sono che la trasposizione delle manic pixie dream girl, una sorta di “nerd” secchione, maschiacce ma incredibilmente sexy. Un bel mix di stereotipi, non c’è che dire. Messa così, una gamer non rappresenta altro che l’ennesimo sogno erotico per gli adolescenti, ma la realtà dei fatti è ben diversa.

Altro che comprimarie o figure irrilevanti, i principali dati di mercato europei e statunitensi ci dicono che la metà delle persone che giocano ai videogames sono proprio donne. Anche l’Italia si mantiene nella media europea, visto che, secondo il rapporto “I videogiochi in Italia nel 2020“, pubblicato da IIDEA (Italian Interactive Digital Entertainment Association), è donna il 47% dei videogiocatori, pari a circa 8 milioni di gamer su un totale di 17 milioni. Gamer che, ovviamente, contribuiscono ad alimentare un giro d’affari che si aggira sui 1,8 milioni di euro.

Allora perché, nonostante i dati, ancora tanto ostracismo verso le videogiocatrici e, soprattutto, la convinzione che quello dei videogame sia un mondo appannaggio quasi esclusivamente maschile?

“Colpa” della scelta delle case produttrici, prima di tutto, che negli anni hanno puntato sempre più sul segmento maschile, convinti che fosse quello più forte. È oggettivamente difficile intravedere un “genere” in giochi come Spacewar!, Pong e Space Invaders, che andavano per la maggiore negli anni ’80 sia per PC che per arcade; ma con la diffusione del Commodore64 e delle console Nintendo Entertainment System il marketing di settore ha avuto una decisa virata verso la parte maschile, e nel tempo anche il contenuto dei giochi si è adeguato per compiacere il pubblico degli uomini.

Leggiamo un estratto da un articolo di The Vision:

Parallelamente, anche il contenuto dei videogiochi è cambiato per soddisfare un punto di vista maschile, a partire da uno dei videogiochi più importanti e influenti di sempre, Donkey Kong. Sviluppato nel 1981 per arcade, è stato uno dei primi videogiochi platform con una trama: il gioco segue le avventure di Jumpman che, saltando da un piano all’altro, deve cercare di salvare una donna rapita dal gorilla Donkey Kong. Gli storici dei videogiochi considerano Donkey Kong una tappa molto importante per il consolidamento di uno dei temi più comuni dei videogiochi: quello della damigella in pericolo. Il creatore del gioco, nonché sviluppatore di alcuni dei più influenti videogiochi della storia, Shigeru Miyamoto userà questo topos narrativo altre volte: nella saga di Super Mario (che è l’evoluzione del Jumpman di Donkey Kong, e in cui la nuova damigella da salvare è la principessa Peach) e in quella di Zelda.

La struttura dei videogames è venuta così a essere quella delle fiabe più classiche: la principessa in pericolo che deve essere salvata.

Questo topos inquadra il corpo femminile come qualcosa che si può collezionare, manovrare o consumare, e posiziona le donne come uno status symbol designato a confermare la mascolinità del presunto giocatore maschio eterosessuale.

Ha spiegato la critica dei media Anita Sarkeesian, autrice della serie YouTube Tropes vs Women in Video Games.

Donne gamer e sessismo

Le cose non cambiano se parliamo di narrazione femminile nei videogiochi, dato che anche in questo campo le donne sono decisamente sottorappresentate: uno studio del 2009 pubblicato su New Media & Society ha analizzato la presenza di personaggi femminili e appartenenti a minoranze etniche in 150 titoli, evidenziando come, a fronte di un 85% di personaggi maschili, ce ne fosse appena il 15 di personaggi femminili, mentre la disparità fra giocatori e giocatrici, in punti percentuali, era davvero esigua (51 contro 49%).

A questa discriminazione va aggiunta quella di personaggi neri, ispanici e nativi americani, rappresentati raramente; l’unica eccezione è quella costituita da personaggi asiatici, fatto facilmente spiegabile visto che molti produttori di videogiochi sono giapponesi.

La narrazione dei videogames non è quindi tanto diversa da quella di cinema e serie tv: i protagonisti sono in larga parte uomini, bianchi ed eterosessuali. Ma se l’identificazione con il personaggio è un fenomeno rilevante fino a un certo punto in media come la televisione, assume invece grandissima importanza nel mondo del gaming, dove il giocatore è il responsabile dello sviluppo del gioco e delle azioni.

Le cose cambiano poco anche quando ci si trova di fronte a un personaggio femminile, come Lara Croft: l’eroina di Tomb Rider risponde infatti sempre e comunque a una connotazione pensata per piacere al pubblico maschile, con tratti sexy, seno prosperoso e hot pants da urlo.

Tornando alle gamer, fra le donne solo poche scelgono di giocare in modalità multiplayer online, e il motivo è presto spiegato: si sentono (e sono) più esposte a insulti e molestie; tanto che non è raro che alcune di loro si fingano uomini per sfuggirvi.

Secondo un sondaggio dell’Anti-Defamation League, una Ong che combatte il cyberbullismo, addirittura il 70% dei videogiocatori, indipendentemente dal sesso, ha subito qualche forma di molestia, a causa del proprio genere, dell’etnia o dell’orientamento sessuale; ma le donne ricevono mediamente il triplo degli attacchi rispetto agli uomini.

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Donne gamer: il mondo di Twitch

donne gamer
Fonte: dreamstime

Molte videogamer usano Twitch, una piattaforma di livestreaming lanciata nel 2001, di proprietà di Amazon, dedicata allo streaming di videogiochi, che attualmente conta 15 milioni di utenti al giorno.

I ragazzi e le ragazze si fanno guardare mentre giocano in diretta, commentando anche le fasi del videogame, interagendo con gli utenti e condividendo anche particolari della propria vita privata. Sono una sorta di “influencer” del gaming.

Anche in questo caso, inutile dirlo, molti utenti si soffermano più sulle caratteristiche fisiche delle ragazze piuttosto che sul loro talento in quanto giocatrici, o sulle competenze: tanto che, girando su Internet, non è difficile trovare video con titoli tipo “Sexiest Twitch Girls Streamers”.

Ancora una volta, la narrazione femminile sembra a senso unico. Un vero e proprio caso è montato nel 2015, quando lo youtuber Pewdiepie, al secolo Felix Kjellberg, caricando un video con una compilation delle gamer più sexy, ha trovato la risposta pronta di Alinity, una delle ragazze che compariva nel filmato, che lo ha segnalato per una questione di copyright. Kjellberg, però, si era già reso autore di un’infelice (eufemismo) uscita, dicendo che le ragazze come Alinity che si vestono in maniera succinta mentre giocano meritano di subire degli abusi.

Ma cosa ne pensano le dirette interessate, ovvero le gamer? Ne abbiamo ascoltate alcune, che ci hanno spiegato da dove nasce la loro passione per il gaming e come vivono il sessismo imperante all’interno del loro mondo.

Donne gamer: le loro storie

Abbiamo chiesto ad alcune gamer di spiegarci da dove nasce questa passione, come e se percepiscono la discriminazione e perché ci siano ancora tanti stereotipi sulle donne gamer. Queste sono le loro risposte.

Laura

Ciao sono Laura, una gamer che spera che la sua passione un domani diventi un lavoro.
Sono anche una streamer, infatti ho aperto da un mesetto circa un canale su Twitch, pumpkin101080.

Sono da sempre appassionata di videogiochi. Ho deciso di diventare una gamer girl per passione e per far capire che non solo i “maschietti ” lo possono fare. È un mondo libero a tutti e quindi è giusto mettersi in gioco.

Nel mondo dei gamer sicuramente all’inizio erano tutti scettici e dicevano che è roba da uomini. Ma ormai chi mi conosce sa di questa mia passione, se prima mi prendevano in giro ora mi chiedono consigli sui videogiochi e console del momento e sono diventati i miei primi sostenitori.

Io penso che la causa principale di questa discriminazione sia dovuta a causa delle case produttrici di console: i primi giochi online sono stati prettamente sportivi e sparatutto, roba che a noi ragazze non attirava più di tanto (anche se con il passare del tempo siamo diventate brave anche in quello).

Quindi i maschi erano coinvolti maggiormente. Poi pian piano il mondo videoludico si è affacciato a una figura femminile, per esempio Lara Croft, che è una delle icone femminili di noi gamer girl. Inizia così l’era delle donne videogiocatrici. Ricordo ancora quando mio padre comprò il Nintendo a mio fratello, io non ci potevo giocare perché ero una ragazzina; già da lì iniziò la “lotta”, era roba per “maschi” e io non potevo capire.
Alla fine lui l’ha messa in un angolino, e invece io ci sono cresciuta e ne ho creato una passione.

Spero davvero che questa sorta di discriminazione si superi e l’altro sesso inizi a non vederci più come la categoria più debole, ma bensì come  donne che non hanno alcun problema a mettersi in gioco in tutti i campi.

Questo il profilo Instagram di Laura.

Mary aka Hysabell

La passione per i videogiochi è nata quando avevo 14 anni grazie agli MMORPG e tuttora continua. Da 4 anni invece ho iniziato a fare live su Twitch e condividere questa mia passione del gaming con chi mi segue e mi fa compagnia ogni sera e in questo percorso mi sono avvicinata anche al mondo dei multiplayer e dei singleplayer, soprattutto quelli survival horror, dato che sono una fan del genere dell’orrore in ogni sua forma.

Tu mi chiedi cosa mi ha spinto a diventare una gamer: dal mio punto vista essere una gamer mi rende speciale, mi dà adrenalina, mi rilassa, mi spinge a fare di meglio, a essere più reattiva, mi mette alla prova e soprattutto mi distoglie dai problemi della vita reale per qualche ora, diciamo che è un toccasana. Molti giudicano male l’essere gamer, come se non si avesse una vita, ma io non la vedo così, anzi, una volta lessi una frase che diceva “essere gamer non significa non avere una vita, ma viverne tante”.

Io sono una streamer da ormai 4 anni e porto sul canale quasi solo gaming, e devo dire di essere apprezzata più per quello che porto che per come appaio, quindi l’aspetto fisico almeno nel mio caso credo conti poco, ho l’impressione di essere apprezzata ed elogiata per lo più per le mie performance da videogiocatrice, per la mia simpatia e tranquillità e non solo perché ho “un bel visetto”.
Perché il mondo del gaming è ancora visto come prettamente maschile, quando in realtà le donne rappresentano la metà dei videogiocatori?

Ecco un tasto dolente… Il mondo videoludico è sempre stato visto come un ambiente per lo più maschile e quando si presenta una ragazza che vuole immergersi in questo mondo, viene un po’ sottovalutata, invece noi videogiocatrici siamo tantissime e dobbiamo andarne fiere! Quante eroine dei videogiochi sono donne, dobbiamo solo farci sentire un pò di più; si sa, i maschi “fanno più rumore”, basta che noi ne facciamo di più e non dobbiamo avere timore di dire “io sono una gamer e sono pure POWA”.

Io ad esempio ne vado fiera, anche se purtroppo all’inizio, come tante, anche io sono stata un pò giudicata male per questo mio essere gamer, perché secondo alcuni non ero all’altezza, ma chissene. Ripeto, dobbiamo solo farci sentire un pò di più e fregarcene dei pregiudizi stupidi che per fortuna ormai sono sempre di meno.

L’Instagram di hysabell è questo, mentre questo è il suo canale Twitch.

gqamerxiao

Sono nata con la passione per i giochi. Non è che decidiamo di farlo. O che si possa fingere di essere una gamer. So che un sacco di gente usa questo hashtag e in realtà non giocano nemmeno. I giochi hanno riempito il vuoti lasciato dal mio rapporto familiare difficile, e mi rendono felice senza discussioni. E io, in quanto ragazza, credo che la maggior parte dei giocatori maschi abbiano migliori abilità o strategia.

Ma ci sono anche persone a cui piace solo giocare. Non dobbiamo fare una compilation dei migliori o peggiori. E anche le giocatrici sono molto rare, ma saranno di più in futuro. Vedo che le persone hanno una vita semplice con le loro console. È tutto ciò che vogliamo. Una vita semplice.

Questo il profilo Instagram.

Valentina aka valseyy

“I videogiochi? Guarda che quelle sono cose da maschi?”. È questo uno dei primi ricordi che ho rispetto al mio manifestare la mia passione in ambito videoludico.

È successo con i miei compagni di scuola, con delle “amiche” che mi ritenevano un maschiaccio alle elementari e alle medie, con alcuni adulti che mi intimavano di crescere e di prendere il mio posto.

Ma quale posto? Me lo sono sempre chiesta, almeno fino alla mia adolescenza inoltrata.
Di cosa mi macchio di così assurdo se la mia passione è rivolta all’arte e a questo tipo di intrattenimento? Per tanto tempo ho creduto che la mia fosse una natura strana, credevo che vergognarmi fosse giusto alla fine ed era questo lo scopo di tutti: farmi sentire un pesce fuor d’acqua per convincermi a ritirarmi.

Invece ora che sono una donna e che scrivo di cinema e videogiochi, ora che passo ancora tante ore a vivere avventure formidabili davanti a uno schermo e non mi vergogno più, ho realizzato che la realtà è un’altra: siamo nati e cresciuti in un mondo che pensa al maschile e tutto ciò che vira verso il femminile viene guardato con aria stralunata o impassibile. Le videogiocatrici sono una realtà che esiste ed esiste da anni, ci facciamo spazio: nelle redazioni, sul web, come content creator, come streamer. Ci facciamo sentire, anche se questo significa scontrarsi spesso con un muro di spessa e solida ignoranza.

C’è ancora tanto per cui combattere ma non credo che sia una battaglia persa. L’industria comincia a realizzare la nostra presenza e il mondo, pur essendo un posto profondamente provinciale per la maggior parte del tempo, fa un sostenuto passo in avanti ogni giorno. O almeno quasi ogni giorno.

Nel frattempo mi godo mia madre e mio padre che rappresentano quella parte bella, quella che non capisce fino in fondo tutto quello che faccio, quello di cui scrive, ma vede e apprezza la mia passione; loro mi guardano e mi sorridono quando parlo dei miei piccoli successi e, se vale qualcosa, mi permettono di sognare che il futuro saprà somigliare ai loro volti per le nuove gamer degli anni a venire…

Valentina ha questo profilo Instagram.

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