Isabella d'Este, promessa sposa a 6 anni ma ostinatamente una donna libera

Appassionata, indipendente, anticonformista e scaltra diplomatica: la marchesa di Mantova fu la prima nobildonna rinascimentale ad avere una “stanza tutta per sé”, in cui coltivare i propri interessi culturali e artistici. E nella quale potersi rilassare tra una trattativa politica e l’altra.

Isabella d’Este e Virginia Woolf sarebbero probabilmente andate molto d’accordo. Entrambe, infatti, hanno riconosciuto l’importanza di una “stanza tutta per sé” – o di uno “Studiolo”, nel caso della prima – in cui poter coltivare con serenità e indipendenza i propri studi e i propri interessi culturali, artistici, intellettuali.

Peccato che gli spazi privati di Isabella d’Este fossero senz’altro differenti rispetto a quelli della scrittrice inglese. La marchesa di Mantova, tra le donne più influenti e carismatiche del Rinascimento italiano, attirò, infatti, a corte gli artisti di maggiore rilievo dell’epoca, da Andrea Mantegna a Pietro Perugino, dal Correggio a Tiziano, riuniti per impreziosire con le loro opere la stanza della “Primadonna”.

Cultrice delle arti dal gusto raffinato ed esigente, Isabella d’Este fu, però, anche una scaltra donna politica, e seppe governare con astuzia e intelligenza il Marchesato di Mantova nel corso delle lunghe assenze del marito e negli anni successivi alla sua morte.

Sempre guidata da un motto, emblematico del suo atteggiamento fermo e determinato:

nec spe, nec metu.

Né speranza, né timore per una donna intraprendente, libera e anticonformista come Isabella d’Este.

Chi era Isabella d’Este: i primi anni alla corte di Mantova

Isabella d’Este nacque a Ferrara il 17 maggio 1474, amata primogenita del Duca Ercole I d’Este e della principessa Eleonora d’Aragona, figlia del re di Napoli Ferdinando I. L’opulenza e il prestigio del contesto familiare permisero a lei e ai suoi fratelli, Beatrice e Alfonso I, un’educazione eccellente – complice, si dice, anche la memoria fuori dal comune della stessa Isabella.

Negli anni della sua giovinezza, quindi, Isabella si dedicò allo studio delle arti, della poesia – guidata dal precettore Antonio Tebaldeo –, dei classici e del latino e del greco, con la supervisione di Jacopo Gallino e, in seguito, del rinomato filosofo Battista Guarino, maestro dell’Università di Ferrara. Senza dimenticare la passione per la danza, il canto e la musica, che la condusse ad avvicinarsi alla pratica strumentale e ad avere, in qualità di insegnanti, il liutista Girolamo Sextula e il compositore fiammingo Johannes Martini.

Solo il meglio, quindi, per Isabella d’Este, che, fin dalla più tenera età, non solo ebbe modo di affinare le proprie doti culturali, ma incontrò anche la possibilità di frequentare, in quanto primogenita, ambasciatori, principi e personalità di spicco dello scacchiere politico europeo del tempo. Imparando, così, seppur giovanissima, i segreti più insidiosi dell’arte diplomatica.

In un’epoca dominata dal costante conflitto tra le città-stato italiane e i Paesi limitrofi, dunque, la politica iniziò ben presto a interessare il percorso di Isabella d’Este e a plasmarne le sorti. All’età di 6 anni, infatti, la figlia di Ercole I fu promessa in sposa al quattordicenne Francesco II Gonzaga, futuro marchese di Mantova. L’obiettivo: rafforzare l’alleanza tra le due famiglie, per consentire al piccolo Stato di Mantova, sito in una posizione altamente strategica, di sopravvivere alle mire espansionistiche degli altri Stati e di mantenere la sua indipendenza.

L’alleanza con gli Este solleticò, pochi giorni dopo il fidanzamento ufficiale, anche l’interesse di Ludovico Sforza (detto il “Moro”), reggente di Milano, al quale Ercole I concesse, però, la mano della secondogenita Beatrice, futura Duchessa di Milano e, insieme alla sorella, tra le donne più colte e raffinate del Rinascimento italiano.

Il matrimonio tra Isabella e Francesco II venne celebrato per procura qualche anno più tardi, nel 1490, in cambio di una dote di 25.000 ducati, argenti, gioielli e piatti preziosi. L’ingresso ufficiale a Mantova fu maestoso: in base alle cronache, infatti, ad attenderla vi erano 17.000 ospiti stranieri e un corteo di ambasciatori, gentiluomini e cavalieri, oltre, naturalmente, a Francesco II Gonzaga.

Tra le nozze più celebri dell’epoca, i festeggiamenti durarono 8 giorni e giunsero fino alla conclusione del Carnevale. E rivelarono subito la caratura di Isabella, dama di corte apprezzata dal territorio per la sua eleganza, la sua intelligenza e le sue abilità sociali. Stima che fu presto ricambiata dalla stessa marchesa, che a un mese dalle nozze scriverà al padre che:

io ho già preso tanto amore a questa città, che non posso fare che non piglia cura de li honori et utilitate de li citadini.

A Isabella d’Este venne offerto, come sistemazione, un appartamento situato nel piano nobile del castello di San Giorgio, a pochi passi proprio dalla celebre “Camera picta” affrescata da Andrea Mantegna: pittore di corte con cui, però, emersero presto dissapori tali da far dichiarare a Isabella di non voler più essere rappresentata da lui.

L’idillio iniziale, tuttavia, durò poco. Il rapporto tra i due novelli sposi, infatti, venne subito caratterizzato dall’assenza di Francesco II, spesso fuori città a causa dei suoi obblighi militari e, soprattutto, distratto dalle numerose relazioni extraconiugali intrattenute con amanti passeggere (tra cui Lucrezia Borgia, moglie del cognato Alfonso I d’Este).

Isabella non si lasciò intristire, e gli anni trascorsero, così, tra viaggi, ambasciate, la compagnia dell’affezionata cognata Elisabetta Gonzaga, duchessa di Urbino, visite tra le bellezze della città e ritorni assidui a Ferrara. Ma, soprattutto, furono animati dal vivo interesse di Isabella d’Este per l’arte e le sue molteplici declinazioni, tale da renderla una mecenate e collezionista profondamente stimata dai Marchesati e Ducati dell’epoca.

Al punto che Niccolò da Correggio la definì:

la prima Donna del mondo.

E così fu.

Isabella d'Este

Isabella d'Este

L'autore Lorenzo Bonoldi delinea il profilo della "Signora del Rinascimento", considerata una vera e propria "Primadonna" per la sua scaltrezza politica e, soprattutto, il suo profondo interesse artistico e il gusto raffinato, motore di mode imitate in tutte le corti italiane, e non solo.
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La passione per le arti: lo Studiolo e la Grotta

Isabella d'Este
Fonte: Cantiere estense

Una delle prime attività cui Isabella d’Este si dedicò al suo arrivo a Mantova fu la creazione di uno spazio intimo e privato, in cui poter coltivare in solitudine il suo amore per l’arte e la cultura letteraria.

Isabella fu, infatti, la prima e unica nobildonna italiana a possedere uno “Studiolo”, ossia un luogo personale in cui poter radunare i dipinti commissionati o acquisiti, i libri, classici e moderni, della sua biblioteca, ma anche gemme preziose, bassorilievi, monete, opere di intarsio, cammei e vasi.

Date le sue piccole dimensioni, a esso si aggiunse, poi, nel 1498, anche una “Grotta”, ossia un ambiente sottostante impreziosito da un’ampia volta a botte e accessibile mediante una scala e un portale in marmo, in cui Isabella era solita conservare antichità greche, marmi e sculture (come il “Cupido” di Michelangelo ottenuto con fervore da Cesare Borgia). Una sorta di Peggy Guggenheim del Rinascimento.

Studiolo e Grotta divennero ben presto mete predilette degli uomini di cultura che si recavano a Mantova, affascinati dall’incredibile patrimonio artistico in essi contenuto. Al loro interno era, infatti, possibile ammirare le opere degli artisti più famosi e talentuosi del tempo, tra cui Andrea Mantegna, il Perugino, Lorenzo Costa e il Correggio (tutti i dipinti sono, ora, esposti al Musée du Louvre, a Parigi).

Fino a giungere a uno schizzo a opera di Leonardo Da Vinci, a quel tempo in fuga dai francesi e impossibilitato a riportare il disegno su cartone a causa dei suoi numerosi impegni, e al ritratto compiuto da Tiziano nel 1534-1536, realizzato ricalcandone uno giovanile.

Profondamente attenta alle novità e al fermento culturale provocato dall’Umanesimo, Isabella d’Este intrattenne, inoltre, rapporti di reciproca stima con alcuni dei letterati di maggior rilievo del XV e XVI secolo, come si evince dalle oltre 30.000 lettere conservate nell’Archivio Gonzaga.

Tra le sue conoscenze letterarie si annoverano, quindi, Pietro Bembo, Matteo Maria Boiardo, Matteo Bandello e Ludovico Ariosto, che, nel 1516, le consegnò addirittura una copia della prima edizione dell’Orlando furioso, consapevole della passione autentica della collezionista estense. Consapevolezza che possedeva anche l’editore veneziano Aldo Manuzio, il quale arricchì la biblioteca di Isabella con edizioni di pregio e opere in piccolo formato.

La signora del Rinascimento

La signora del Rinascimento

Daniela Pizzagalli racconta "Vita e splendori di Isabella d'Este alla corte di Mantova", ripercorrendone i primi anni nel Marchesato, gli anni difficili e turbolenti delle guerre d'Italia e il sapiente lavoro diplomatico con cui risollevò le sorti dello Stato. Oltre, naturalmente, al profondo amore per le arti e le lettere.
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La passione letteraria e il mecenatismo artistico contribuirono, quindi, a rendere la marchesa una donna estremamente libera e autosufficiente, invisa al marito per la sua indipendenza e il suo acume. Doti che, nel corso dei suoi anni trascorsi a Mantova, le furono, inoltre, particolarmente utili anche per tessere le sue trame politiche ed esercitare il suo potere.

La morte di Francesco II e la reggenza

Facendo proprio l’insegnamento del padre Ercole I, Isabella d’Este optò per una politica neutrale, in grado di garantire l’indipendenza del piccolo territorio da lei governato senza la necessità di asservirsi a nessun altro Stato.

Non fu, però, sempre semplice. Oltre alle difficoltà legate alla crescita dei sei figli e al governo della corte di Mantova – compiti svolti entrambi in sostanziale autonomia a causa della costante assenza del marito –, Isabella d’Este dovette, infatti, fronteggiare, nel 1509, un problema ancora più insidioso: la cattura di Francesco II Gonzaga da parte dei Veneziani, in quanto membro della Lega di Cambrai guidata dal papa Giulio II e avversa alle mire espansionistiche della Serenissima.

Isabella non si lasciò intimidire e mise ben presto in pratica quelle competenze diplomatiche ammirate e interiorizzate, fin da bambina, a Ferrara. Guidando con fermezza e autorità lo Stato di cui divenne reggente, nel 1510, in seguito a estenuanti trattative e all’intervento del Papa, la marchesa riuscì a liberare il marito, cedendo anche a inviare, come “pegno” di fedeltà e lealtà nei confronti dello Stato Pontificio, il piccolo Federico di appena 10 anni (che fece ritorno a Mantova solo tre anni più tardi).

La pace durò poco. Nel 1519 Francesco II morì di sifilide e Isabella d’Este fu, così, chiamata a guidare il Marchesato di Mantova, in attesa del raggiungimento della maggiore età di Federico, destreggiandosi tra manovre diplomatiche e decisioni politiche. Compiuti i 22 anni e ceduto il potere al figlio, Isabella decise, quindi, di ritirarsi nell’ala più antica di Palazzo Ducale, la Corte Vecchia, dove ricreò anche lo Studiolo e la Grotta.

La marchesa, però, non si allontanò dalla vita politica, e, anzi, proseguì con la sua incessante tela di corrispondenze epistolari con i sovrani e i cardinali dell’epoca, sempre rivolta a ottenere il meglio per i propri figli, soprattutto maschi. Il suo carisma e il suo potere, tuttavia, provocarono dissidi con lo stesso Federico, che, anche a causa dell’inimicizia che vigeva tra la madre e l’amante Isabella Boschetti, estromise Isabella dalla vita politica di Mantova.

Fu forse anche per questo motivo, perciò, che Isabella d’Este si recò a Roma, mossa dalla volontà di allontanarsi momentaneamente dalla corte e di porsi alla ricerca dei suoi amati oggetti d’arte. Nello stesso periodo, però, la città fu colpita dal Sacco di Roma del 1527, e Isabella, temendo per la propria vita e quella dei suoi figli, si rifugiò a Palazzo Colonna – l’unico a essere risparmiato dai lanzichenecchi. Qui, Isabella diede riparo a circa 2.500 persone, ottenendo, successivamente, anche la stima di Carlo V, da poco eletto Re d’Italia e Imperatore del Sacro Romano Impero.

Proprio nel corso della cerimonia, quest’ultimo decise di elevare il rango di Federico Gonzaga: nel 1530, quindi, il Marchesato di Mantova divenne Ducato. E non fu certo l’unico successo ottenuto mediante le abilità diplomatiche di Isabella. Negli stessi anni, infatti, l’arguta e abile donna politica fece ottenere al figlio minore Ercole il titolo di cardinale, in seguito a una lunga sequela di trattative e persuasioni.

Dopo un’esistenza costellata di traguardi politici e artistici, nel 1539, ormai affaticata, Isabella si spense a Mantova all’età di 64 anni. Un’età inconsueta e incredibilmente avanzata per quei tempi, ma che, fino all’ultimo, non le impedì di continuare a viaggiare, sempre alla ricerca di pezzi antichi finalizzati ad accrescere la sua preziosa collezione.

Rinascimento privato

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Biografia romanzata dell'esistenza di Isabella d'Este, riproposta da Maria Bellonci e raccontata in prima persona da una marchesa ormai sessant'enne e nostalgica. Non mancano anche alcuni personaggi inventati, come l'innamorato "platonico" di Isabella Robert de la Pole.
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Una curiosità e un anelito di conoscenza sintomo di un’intraprendenza mentale e pratica particolarmente rara per il Cinquecento, ma dote imprescindibile per una donna che riuscì a non sottomettersi mai alle dinamiche di corte, coltivando, anzi, in ogni circostanza, la sua totale indipendenza.

Non è un caso, infatti, che il suo Studiolo riporti ovunque il suo nome, il suo motto e alcuni emblemi a lei cari (come il pentagramma senza note), riscontrabili nei dettagli delle finestre, sulle colonne del giardino, negli intagli della boiserie e sulle volte della Grotta.

Segni indelebili volti a incidere per sempre la sua profonda autonomia: quella di una donna “senza speranza e senza timore”, ma sempre guidata da un’insaziabile fame di libertà intellettuale, artistica e umana.

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