"Tina": a lezione di sopravvivenza da Tina Turner, la regina del rock

Dopo 17 anni di abusi e violenze, la rockstar è riuscita a rifarsi una vita e a trovare un nuovo amore: un percorso di sofferenza e di riscatto comune a tante donne, troppo di frequente giudicate e accusate per le scelte che hanno fatto.

Giovane, sexy, piena di talento, Anna Mae Bullock, in arte Tina Turner è stata per anni una donna picchiata, stuprata, sopraffatta dall’uomo che diceva di amarla, Ike, con cui visse in un sodalizio artistico di grande successo tra gli anni Sessanta e Settanta.

Delle violenze subite, fisiche e psicologiche, la rockstar aveva già parlato in un libro del 1986, I, Tina: My Life Story, divenuto un film di successo qualche anno dopo (nel 1993), Tina – What’s Love Got to Do with It, con Angela Bassett nel ruolo della cantante (che le valse un Golden Globe come migliore attrice in una commedia musicale).

Non stupiscono, quindi, i racconti di occhi neri e tentati suicidi che Tina Turner (e di alcune persone che le erano accanto) ricorda nel nuovo documentario, Tina, presentato in anteprima al Festival di Berlino nel 2020 e ora in Italia in versione dvd e digital download (disponibile dall’8 luglio). Non stupiscono, ma non perdono nulla dell’orrore che rappresentano: quel ripercorrere una caduta all’inferno che tante altre donne hanno vissuto e stanno vivendo; che vivranno dopo di lei.

È difficile che una vittima riesca a trovare le parole per spiegare il perché non riesca a ribellarsi alla sudditanza nei confronti di un uomo manesco, perché si accetti prima una spinta, poi uno schiaffo, a seguire i pugni, i calci, aggressioni che nel peggiore dei casi si traducono in femminicidi. C’è sempre, più o meno velato, un giudizio, peggio ancora un’accusa, in quel domandarsi perché.

Ho vissuto una vita piena di vergogna e ho cercato un modo di convivere con questa vergogna”, dice di sé l’artista.

A volte si crede che quella brutalità sia una cifra dell’amore, a volte si pensa di non essere degne di nulla di meglio: per ognuna è un calvario diverso, per ognuna c’è un finale differente. Alle più fortunate, il destino riserva la possibilità di girare capitolo, e allontanandosi, trovare un vero amore sano. Tina Turner l’ha trovato in Erwin Bach, sposato nel 2013 dopo 28 anni insieme. Nel frattempo ha avuto un ictus, un cancro, un trapianto di reni e suo figlio Craig Raymond è morto suicida a 59 anni. La sorte, d’altronde, non è facile sia benigna, neanche con le sopravvissute. Sollevarle, almeno, del peso di doversi giustificare per “essersi fatte prendere a calci” non solo dalla vita ma anche da chi si pensava di amare potrebbe essere un atto dovuto nei confronti di chi ha già abbastanza sofferto.

Tina, d’altronde, ha più volte rifiutato di parlare del passato e dei soprusi perpetrati da un uomo che alla fine ha perdonato: “se non perdoni – ha detto – sei tu che continui a soffrire“.

Tina Turner
Un fotogramma di Tina (Courtesy Press Office)

Perché vedere il film biopic su Tina Turner

Molto più di un’icona musicale, Tina Turner è stata per anni il simbolo di una volontà caparbia: “Che cosa fai quando tutto è contro di te? Io dico, vai avanti. Vai avanti senza fermarti. Non importa se ti arriva uno schiaffo in faccia, tu porgi l’altra guancia. E il dolore che senti? Non puoi fermarti a pensare a quello che ti hanno fatto, adesso o in passato. Devi solo andare avanti“, scrive in My love story. L’autobiografia (uscito in Italia con HarperCollins nel 2018).

Ragazza delle piantagioni di cotone cresciuta nel Tennessee, conosce il successo dopo aver incontrato nel 1956 Ike Turner: sul palco accanto al marito strega le platee di tutto il mondo per due decenni, ma è solo nel 1984, superati i 45 anni, che arriva il successo personale, ormai libera dal giogo, fatto di abusi e violenze, sotto cui Ike l’ha tenuta per 17 anni.

In un mondo che per anni non è stato generoso con donne non giovanissime, Tina Turner ha scalato invece le classifiche, interpretato film di cassetta (nei panni dell’indomabile Aunty Entity nel campione d’incassi Mad Max oltre la sfera del tuono), è stata la prima cantante rock di colore a finire su Rolling Stones: lei, la donna che “ha insegnato a ballare a Mick Jagger“, come titolava una celeberrima intervista rilasciata a People nel 1981.

Il documentario di Dan Lindsay e T. J. Martin, già premio Oscar per Undefeated del 2011, affronta con piglio sicuro la vita non facile della cantante, non mostrandola al grande pubblico come inconsapevole martire di un uomo violento e mediocre: Ike Turner non era soltanto sadico e crudele, ma anche un musicista geniale (secondo diversi storici della musica, la sua Rocket 88, del 1951, è la prima canzone rock’n’roll). In una realtà complessa come è quella in cui siamo immersi, la divisione manichea da cui tanti sono attratti è un esercizio sterile quanto superficiale. Dunque, nessun giudizio e niente vittimismo, ma solo una potente lezione di sopravvivenza.

Scheda del documentario Tina

Il doc biopic Tina, firmato da Dan Lindsay e T. J. Martin, è finalmente disponile in Italia in in Blu-ray, dvd e digital download dall’8 luglio.

Dagli inizi della sua carriera come regina dell’R&B ai suoi tour da record negli anni ’80, Tina Turner  racconta la sua vita da star e il suo mondo privato, rivelando le sue lotte più intime e condividendo alcuni dei suoi momenti più personali.

Nell’autunno del 1981, la cantante si siede per un’intervista con un giornalista di People Magazine. Cinque anni prima aveva divorziato da Ike Turner, suo marito e partner musicale per 16 anni, e quasi nessuno sapeva perché. La storia che racconta è un resoconto straziante degli abusi e delle torture vissute e della fuga nella notte dopo anni di violenze. L’articolo è il punto di partenza di una serie di riconoscimenti a lei e al suo talento che l’hanno trasformata in un’eroina per tanti suoi fan e non solo.

Il documentario si avvale di interviste alla rockstar e a Oprah Winfrey, l’attrice Angela Bassett, la scrittrice Katori Hall, autrice del musical Tina – The Tina Turner Musical, messo in scena a Broadway nel 2018, il giornalista di People Carl Arrington, le ballerine Ann Behringer e Lejeune Richardson, il musicista Terry Britten, Roger Davies, manager di Tina Turner dal 1980 al 2010, l’amica Rhonda Graam, il giornalista Kurt Loder, il cantautore Jimmy Thomas ed Erwin Bach.

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