7 tipi di sessismo e come riconoscerli
Cosa si intende esattamente quando si parla di sessismo? Quali e quante tipologie esistono? Scopriamolo insieme, per imparare a riconoscerlo come primo passo per combatterlo.
Cosa si intende esattamente quando si parla di sessismo? Quali e quante tipologie esistono? Scopriamolo insieme, per imparare a riconoscerlo come primo passo per combatterlo.
Una piaga della nostra società tutt’altro che rara e che, come tale, per poter essere combattuta va prima di tutto capita, per poterla riconoscere (cosa non così semplice), evitare e fermare. Ecco, allora, tutto quello che è bene sapere per prendere davvero atto di cos’è il sessismo ed eliminarlo dalla propria vita e mentalità.
Quando si parla di sessismo, si intende una forma di discriminazione basata sull’identità di genere e che si rivolge a un individuo che, per qualsiasi ragione, viene ritenuto inferiore.
Un termine che trova la sua origine intorno agli anni ’60, quando il movimento femminista americano lo coniò per indicare l’atteggiamento discriminatorio di chi, in qualunque modo, difende, promuove o giustifica l’idea e gli atti che indicano come inferiore il sesso femminile rispetto a quello maschile. In contrapposizione al termine misoginia (l’odio per le donne) e rimandando al termine razzismo ma con riferimento, appunto, al sesso di appartenenza.
Come indicato dalla Treccani, infatti, con il termine sessismo si intende:
l’atteggiamento di chi (uomo o donna) tende a giustificare, promuovere o difendere l’idea dell’inferiorità del sesso femminile rispetto a quello maschile e la conseguente discriminazione operata nei confronti delle donne in campo sociopolitico, culturale, professionale, o semplicemente interpersonale; anche, con significato più generale, tendenza a discriminare qualcuno in base al sesso di appartenenza.
Un termine che, seppur nato come opposizione al maschilismo e al patriarcato dilagante degli anni passati, che vedeva la figura femminile categorizzata e stereotipata in specifiche funzioni, qualità o caratteristiche, col tempo ha assunto e ritrovato un’accezione ben più ampia, comprendendo e identificando non solo le discriminazioni a carico del sesso femminile, ma qualunque forma di atto discriminatorio basato sull’identità di genere maschile o femminile.
Ma anche verso chiunque non rientra in questa dicotomia e non aderisce al ruolo che gli è stato imposto e assegnato in base al sesso di nascita (transessuali, bisessuali, omosessuali, gender fluid, ecc.).
Un problema culturale enorme, radicato nella mentalità e basato su credenze, dogmi e dichiarazioni riguardo ai diversi ruoli basati sul genere, che si sono tramandati nel corso del tempo, insinuandosi in tantissimi ambiti della vita e del pensiero.
Il sessismo, infatti, non si esaurisce unicamente in un solo modus operandi ma si manifesta in diverse (e fin troppe) tipologie. Alcune talmente velate o radicate nell’abitudine comportamentale che nemmeno ce ne si accorge.
Per esempio, si parla di sessismo benevolo quando si riceve un apparente complimento, favore, concessione in base al sesso di appartenenza. Di fatto, quindi, ogni volta che vengono dedicate attenzioni (in particolare alle donne) basate su visioni stereotipate delle stesse che le relegano a un ruolo ben definito, anche se spinti da sentimenti positivi, si è in presenza di un atteggiamento sessista benevolo.
Anche quando ci si rivolge a una donna (o chiunque altro) in modo gentile e “premuroso” ma svilendola, come il rifiutarsi in modo sistematico di passare prima al ristorante se una donna cede il passo, o dare un epiteto carino a qualcuno sottintendendo un difetto o una mancanza. Tutti piccoli e usuali modi per evidenziare, più o meno velatamente, l’inferiorità che si reputa abbia una determinata persona rispetto a se stessi.
Molto più evidente e manifesto, invece, è il sessismo ostile, ovvero la pratica di catalogare un individuo su basi e caratteristiche discriminatorie, stereotipi o credenze tramandate (e pregne di una buona dose di ignoranza). Un esempio eclatante è dato dalla prassi di attribuire alle donne la capacità di ammaliare e sedurre l’uomo per poi approfittarsene e raggiungere i suoi scopi.
Un rimando a figure mitologiche come le sirene o la maga Circe. Ma anche, molto più discriminatorio e marcato, considerare la figura femminile come inferiore rispetto all’uomo (trattandola di conseguenza) sia livello mentale, fisico che culturale.
Una pratica di sessismo molto diffusa, poi, è quella sul posto di lavoro. Basti pensare all’enorme gap salariale tra uomo e donna, a parità di mansione o ruolo. Ma non solo.
Il sessismo sul posto di lavoro, infatti, si manifesta anche ogni volta che c’è un abuso della propria posizione lavorativa sulla base del proprio sesso, cosa che, spesso può sfociare in molestie sessuali verbali e/o fisiche. O anche quando a un colloquio di lavoro viene chiesto se si desidera o meno sposarsi o avere dei figli, come se questo fosse un impedimento o indice di meno professionalità.
Così come sul posto di lavoro, il sessismo si manifesta anche in ambito sportivo. E questo non solo nella presenza limitata di donne che parlano di sport (pur avendone tutte le competenze), ma anche nell’utilizzo della figura femminile più come un abbellimento che come professioniste. Ma non solo.
Anche le affermazioni riguardo l’incapacità o l’impossibilità a praticare uno sport in quanto appartenenti a un sesso piuttosto che a un altro rientra in questa tipologia di sessismo. Così come il commentare un’atleta per il suo aspetto fisico, stato civile, genere, età, ecc., piuttosto che per le sue performance o meriti sportivi.
Aspetti che, ovviamente, non si riversano unicamente sul genere femminile, ma possono avvenire (e di fatti avvengono) anche su quello maschile. Una tipologia di sessismo inverso che si può trovare ogni qual volta un uomo viene accusato ingiustamente di atti, comportamenti o pensieri associati al genere come stereotipo culturale, ma che, effettivamente, dipendono unicamente dalla persona. E senza nessuna generalizzazione.
Si pensi, per esempio, a tutti quegli uomini accusati di stupro ma poi assolti senza ombra di dubbio e che, nonostante questo, vengono perseguitati, minacciati e additati negli anni a venire, trovando difficoltà o impedimenti al loro vivere quotidiano. O anche, molto più banalmente, quando si pensa o si tratta un uomo come “incapace” a fare tutte quelle mansioni che “normalmente” sono attribuite alle donne.
Un’altra tipologia di sessismo è quello che avviene nell’ambito della coppia, soprattutto ai danni del genere femminile. Donne che non possono lavorare per costrizione da parte del marito, la suddivisione dei “lavori di casa” maggiormente o interamente a carico della parte femminile, così come la gestione e l’educazione dei figli.
O la scelta (che spesso scelta non è) di dover lasciare il lavoro dopo la nascita di un figlio. Ma anche il non poter mai pagare il conto a cena fuori, l’essere vittime dei comportamenti del partner, ecc.
Tutti episodi in cui la donna viene relegata a un ruolo definito e di fatto inferiore a quello maschile che, invece, si vede come colui che deve proteggere, provvedere ai diversi bisogni e al sostentamento della coppia stessa.
Un capitolo a parte, poi, è da dedicare a una forma di sessismo estremamente complessa e diffusa, a uso quotidiano: il sessismo linguistico, ossia una modalità nel parlare o comunicare a discapito delle donne o di chi è considerato diverso.
Ogni volta in cui, per esempio, si ricorre a parole al maschile per definire un ruolo occupato da una donna si può già parlare di sessismo linguistico. Dire, per esempio un ministro e non una ministra, un architetto donna e non un’architetta, sono tutte forme di sessismo. Come a sottolineare che sia strano il fatto che esistano donne che svolgano quella professione, che di fatto sarebbe maschile. Ma non solo.
Anche frasi come “ma hai le tue cose per essere così nervosa” o ancora “le ragazze questo non lo fanno”, “sei una signorina non si dice” . Tutte affermazioni che vanno a discriminare e stereotipare il genere femminile (e non solo) per delle caratteristiche che gli sono state attribuite. Ma che di fatto non fanno altro che limitare la libertà di essere, agire e sentire delle donne, di qualunque età.
La stessa cosa avviene quando si minimizza a parole (dette o scritte) un fatto accaduto ai danni di un soggetto appartenente a un determinato genere in favore, invece, del carnefice appartenente al genere ritenuto dominante. O quando, si sottolinea il sesso di appartenenza di una persona per sottolinearne un merito, come a dire, nonostante sia di questo o quel genere ha vinto, ha fatto, ecc.
Insomma, l’uso della lingua è importante, sia nella scelta dei termini sia in ciò che si sceglie di comunicare. E tante, troppe volte, si pecca di noncuranza, di disattenzione, di leggerezza data da un’abitudine di pensiero limitata, cadendo, senza rendersene pienamente conto, in atti comunicativi e linguistici sessisti e discriminatori. E che ancora troppo spesso passano in sordina, non riconosciuti o ignorati e quindi legittimati.
Una piaga, quella del sessismo, a cui bisogna prestare attenzione, partendo dalle proprie parole e gesti, fino a demonizzare quelli altrui, e imparando a riconoscerlo anche (e soprattutto) quando si camuffa da consuetudine.
Per farlo si può iniziare dalle cose più semplici, evitando di dire, o facendo notare, quanto frasi “banali” come “non fare la femminuccia”, lasciando intendere che la sensibilità sia unicamente femminile. O anche un complimento mal travestito come “guidi bene per essere una donna”, possano essere profondamente sessiste. Ma anche affermazione come:
O ancora
Ma anche valutando attentamente quando un comportamento, un qualcosa che viene negato, un’attenzione, ecc., in qualunque luogo o contesto venga fatto, vada a sottolineare una presunta differenza, limitando la libertà personale di ciascuno in favore di caratteristiche e stereotipi che è bene vengano eliminati e facendolo presente, ribellandosi e denunciando. In ogni ambito. Ogni giorno.
E ricordandosi sempre che qualunque forma di discriminazione basata sul sesso e/o sul genere rappresenta di fatto una violazione dei diritti umani e un impedimento al godimento delle libertà personali.
Un qualcosa che non è sempre facile ma che è necessario mette in luce, per poter creare una società che sia davvero inclusiva, tollerante, paritaria e libera. Per tutti.
Vivo seguendo il mantra "se puoi sognarlo puoi farlo". Sono una libera professionista della vita. Una porta verde, una poltrona rossa e una vasca da bagno sono le mie certezze, tutto il resto lo improvviso.
Cosa ne pensi?