Shopping compulsivo: come comprendere quando l'acquisto diventa patologico
Ci sono persone per le quali lo shopping non è un semplice piacere sporadico, ma una vera e propria ossessione.
Ci sono persone per le quali lo shopping non è un semplice piacere sporadico, ma una vera e propria ossessione.
Ecco in cosa si contraddistingue, quali sono i segnali della dipendenza e come fare a contrastarla.
Non sarà un’esagerazione? Purtroppo no, il disturbo da shopping compulsivo è una patologia reale e anche piuttosto diffusa in una società caratterizzata da globalizzazione e consumismo. Ma all’interno del contesto contemporaneo anche la rete gioca un ruolo decisivo, come spiega la dottoressa Cecilie Schou Andreassen, specializzata in psicologia clinica e professoressa associata del Dipartimento di Scienze Psicosociali dell’Università di Bergen:
La tecnologia moderna ha reso lo shopping estremamente accessibile e conveniente, con il potenziale di mandare lo shopping problematico in overdrive, specialmente insieme a fattori socioculturali come i social media, le carte di credito e il marketing avanzato.
Il disturbo da shopping compulsivo è però una patologia tutt’altro che recente e che è stata rilevata a partire dagli anni ’20: lo psichiatra e psicologo Emil Kraepelin la definiva col termine di oniomania, derivante dal termine greco onios, che significa “in vendita”. Assieme al collega Eugen Bleuler fu il primo ad individuarne i sintomi portando alla luce la sua complessità.
Anche il medico psichiatra Francisco Alonso-Fernandez ha approfondito il tema annoverando il disturbo da shopping compulsivo all’interno delle cosiddette new addiction, ovvero dipendenze e comportamenti leciti e socialmente accettati. Rientrano in questa categoria il consumo di alcolici e tabacco, la dipendenza da cibo, dal lavoro, dal gioco e anche da internet.
Lo psichiatra, dello stesso avviso della dottoressa Andreassen, sottolinea come le nuove dipendenze della nostra contemporaneità siano state influenzate dalla tecnologia, la quale ha spianato la strada a nuovi modi di esprimere la propria patologia.
Per capire come si manifesta il disturbo da shopping compulsivo ed essere quindi in grado di riconoscerlo è utile partire dalla definizione fornita da R.J. Faber nel suo articolo A clinical screener for compulsive buying:
Inappropriata condotta di spesa, eccessiva e condizionante l’esistenza dell’individuo, il quale risulta sottomesso al consumo compulsivo.
E come puntualizza il collega S.L. McElroy:
[si tratta di] un comportamento cronico e ripetitivo che diviene risposta primaria a eventi e vissuti spiacevoli.
Ma come fare a riconoscere il disturbo da shopping compulsivo dallo shopping innocuo per compensazione che tutti facciamo per risollevarci il morale o alleviare la tensione? La patologia emerge con la perdita del controllo e ha effetti devastanti sulla vita sociale, familiare e finanziaria dell’individuo che “riempie il carrello” in modo totalmente impulsivo.
La prima scala di misurazione dell’acquisto compulsivo è stata ideata del 1988 dai canadesi Valence, D’Astous e Fortier che risulta utile tutt’oggi per la comprensione della patologia. La Compulsive Buying Measurement Scale è una scala costituita da 16 affermazioni e per ciascuna di esse si esprime il proprio parere, da “completamente d’accordo” a “per niente d’accordo”:
La Compulsive Buying Measurement Scale è stata concepita partendo dall’analisi delle esperienze e delle testimonianze dei pazienti affetti da shopping compulsivo e questo ha permesso di indagare 4 aree specifiche: la tendenza a spendere (punti: 1,2,9,11 e 12), la presenza di aspetti reattivi (punti: 3,4,5, e 8), il senso di colpa post acquisto (punti: 6,7 e 13) e l’ambiente familiare del soggetto (punti: 14,15 e 16).
Anche la Bergen Shopping Addiction Scale è uno strumento utile per individuare i sintomi della patologia. Questo sistema, rispetto al precedente, utilizza solo 7 criteri, dove ciascuno dei quali è valutato su una scala da 0 a 4: (0) Completamente in disaccordo, (1) In disaccordo, (2) Né in disaccordo né d’accordo, (3) D’accordo e (4) Completamente d’accordo. Ecco quali sono i punti:
Un punteggio che va da “d’accordo” o “completamente d’accordo” su almeno 4 dei 7 punti può suggerire una dipendenza dall’acquisto compulsivo.
Il professor Shahram Heshmat dell’Università dell’Illinois evidenzia come circa il 6% della popolazione degli Stati Uniti abbia un comportamento di acquisto compulsivo e l’80% degli shopper in questione sono donne. Molte di esse infatti, sono state socializzate fin dalla giovane età a godere dello shopping assieme alle madri e agli amici e questo aspetto potrebbe aver predisposto lo sviluppo di certi comportamenti patologici.
A differenza di altre dipendenze, il disturbo da shopping compulsivo è legato anche all’anagrafica dei soggetti: la patologia infatti, è stata riscontrata soprattutto attorno ai 30 anni di età, in un momento della vita in cui generalmente si è raggiunta l’indipendenza economica.
Il senso di massima libertà di spesa è amplificato dall’utilizzo della carta di credito: che si tratti di shopping online o direttamente in negozio, la carta di credito riesce ad esaltare il piacere dell’acquisto separandolo dal dolore psicologico del pagamento per la natura “virtuale” della transazione. Pagare in contati al contrario, proprio per la valenza fisica del gesto, ci scoraggia di più a spendere incondizionatamente perché il senso di perdita è tangibile.
La dimensione psicologica, come già evidenziato in precedenza, ha un peso importante: infatti non è un caso se il disturbo da shopping compulsivo viene riscontrato in soggetti che cercando di riempire un vuoto emotivo, un dispiacere o la mancanza di autostima. Ma il sollievo provato a seguito dello shopping è solo momentaneo, e in breve si piomberà nuovamente nelle emozioni negative con l’aumento di ansia e senso di colpa che, in una sorta di circolo vizioso, alimentano l’acquisto compulsivo.
La ricerca della stessa dottoressa Andreassen evidenzia come lo shopping compulsivo sia legato ai tratti chiave della personalità:
[…] le persone che hanno un punteggio elevato in estroversione e nevroticismo sono più a rischio di sviluppare la dipendenza da shopping. Gli estroversi, tipicamente socievoli e in cerca di sensazioni, possono usare lo shopping per esprimere la loro individualità o migliorare il loro status sociale e l’attrattiva personale. Le persone nevrotiche, che sono tipicamente ansiose, depressive e autocoscienti, possono usare lo shopping come mezzo per ridurre i loro sentimenti negativi.
A essere meno a rischio da dipendenza da shopping sarebbero le persone coscienziose che amano gli stimoli nuovi anche sotto il profilo intellettuale. Generalmente questi soggetti sono caratterizzati da un buon autocontrollo ed evitano i conflitti tipici dello shopping compulsivo.
Come frenare l’impulso allo shopping compulsivo? Il primo passo da fare, suggerito dal professor Heshmat, è individuare i motivi per i quali è nata la dipendenza. Un modo utile è quello di tenere traccia dei potenziali fattori scatenanti in un diario: appuntare i conflitti famigliari, l’umore della giornata e le sensazioni che si provano assieme ad un monitoraggio delle spese è utile per prendere coscienza a pieno del problema. Se questo non dovesse bastare, liberatevi delle carte di credito.
Quando vi trovate nelle condizioni di dover acquistare, chiedetevi se ciò che avete per le mani è qualcosa di realmente indispensabile e utile, in questo modo riporterete la situazione sul piano razionale, cercando di allontanare l’emotività. Se pensate di non riuscire a controllarvi fatevi accompagnare da una persona di vostra fiducia non affetta da questa patologia, vi saprà guidare all’acquisto consapevole.
Quando si avverte il bisogno di scatenarsi nello shopping, un’altra strategia utile è quella di mettersi immediatamente a fare altro: una passeggiata o un po’ di esercizio fisico ad esempio, o trovarsi degli hobby che possano distrarre la mente, arricchirvi e farvi passare il tempo in modo costruttivo.
Tutto questo ovviamente non esclude il consulto psicologico e magari la partecipazione a gruppi di sostegno per ricevere supporto e stimoli positivi per non essere più schiavə di questa ossessione.
Lettrice accanita, amante dell'arte e giornalista. Ho da sempre il pallino per la scrittura.
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